Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24904 del 09/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2018, (ud. 17/07/2018, dep. 09/10/2018), n.24904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13405-2017 proposto da:

R.E.G., elettivamente domiciliato in ROMA piazza

Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO FURCI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore e

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4100/13/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI PALERMO SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

23/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON e

disposta la motivazione semplificata.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 12 ottobre 2016 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 116/3/12 della Commissione tributaria provinciale di Catania che aveva accolto il ricorso di R.E.G. contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2004. La CTR, nella parte che qui rileva, osservava in particolare che le pretese fiscali portate dall’atto impositivo impugnato trovavano fondamento nelle prove presuntive allegate dall’Ente impositore (in particolare, investimenti rilevanti effettuati dal contribuente nell’anno successivo a quello verificato) e che il contribuente non aveva assolto al correlativo onere contro probatorio.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, artt. 62 sexies, art. 2697 c.c., poichè la CTR ha acriticamente valorizzato le risultanze dello studio di settore, senza considerare adeguatamente le sue deduzioni difensive e le relative allegazioni probatorie.

La censura è inammissibile.

Va ribadito che:

-“In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis Sez. 5, n. 26110 del 2015); -“Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017, Rv. 643792 – 01).

Lo sviluppo della censura collide radicalmente con le indicazioni sui limiti del giudizio di cassazione rivenienti dai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali.

Il ricorrente infatti ripercorre l’argomentazione in fatto della sentenza impugnata e, sostanzialmente, ne chiede una “revisione” certamente non ammissibile in questa sede.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2018

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