Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24903 del 04/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/10/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 04/10/2019), n.24903

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Mario – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28890-2017 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL BABUINO

48, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PAOLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato DINA MARASCO;

– ricorrente –

contro

ME.AL., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL BABUINO,

presso lo studio dell’avvocato PAOLA FRANCESCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLO MASCARO;

– controricorrente –

contro

PHOENIX ASSET MANAGEMENT SPA, nella qualità di mandataria di

TIBERIUS SPV SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso

lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GUIDO GARGANI;

VESTA FINANICE SRL;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 775/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 22/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Vesta Finance s.p.a. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Lamezia Terme, M.G. e Me.Al., in proprio e quali legali rappresentanti dei figli minori Me.Vi., Me.Ma.Lu. e Me.Fr., chiedendo che fosse dichiarato simulato ovvero inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto col quale il Me. aveva trasferito il diritto di usufrutto in favore della moglie M. e il diritto di nuda proprietà in favore dei figli su alcuni immobili di sua proprietà.

A sostegno della domanda la società attrice espose di essere creditrice nei confronti del Me. per una somma di circa 3 milioni di Euro, essendo il debitore garante di una serie di società, ed aggiunse che le circostanze del trasferimento immobiliare inducevano a ritenere che egli avesse deliberatamente inteso liberarsi del proprio patrimonio in vista della prossima esecuzione forzata.

Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale, ritenuti non esistenti i presupposti della simulazione, accolse invece la domanda di revocatoria, dichiarò l’inefficacia dell’atto di vendita in questione e condannò i convenuti al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata da M.G. in via principale e da Me.Al. in via adesiva e la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 22 aprile 2017, ha rigettato l’appello, ha confermato la decisione del Tribunale ed ha condannato gli appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro ricorre M.G. con atto affidato a tre motivi, cui aderisce Me.Al. con atto definito di controricorso.

Resiste la Phoenix Asset Management s.p.a., in qualità di avente causa della creditrice, con controricorso.

Me.Vi., Me.Ma.Lu. e Me.Fr. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e la società controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 c.c., comma 1, n. 2), sostenendo che manchino il requisito della scientia danni e del consilium fraudis in capo al terzo.

Sostiene la ricorrente che la sentenza non avrebbe motivato sul punto che la semplice esistenza del rapporto di coniugio tra lei ed il Me. non era elemento sufficiente a dimostrare la consapevolezza dello stato di dissesto patrimoniale del marito, tanto più che era in corso tra i due il giudizio di separazione legale.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 c.c., comma 1, n. 1), sostenendo che nessuna concreta dimostrazione vi sarebbe stata della conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 c.c., comma 1, n. 1), sostenendo che sarebbe stata dimostrata l’insussistenza di un pregiudizio patrimoniale, perchè le società debitrici erano proprietarie di altri beni immobili e creditrici di svariate somme.

4. I tre motivi, da trattare congiuntamente stante l’evidente connessione, sono privi di fondamento, quando non inammissibili.

La sentenza impugnata, con un accertamento in fatto adeguatamente motivato e sottratto a riesame in questa sede, ha rilevato 1) che la disposizione oggetto di revocatoria era posteriore rispetto al sorgere del credito; 2) che la prova della partecipatio fraudis da parte del terzo poteva essere data anche con presunzioni, quale nella specie quella derivante dal rapporto di coniugio tra la M. ed il Me.; 3) che la conoscenza della situazione di grave difficoltà economica derivante dalla prestazione di garanzia fideiussoria da parte del Me. non poteva non essere nota alla M., tanto più che l’atto revocato era del 13 agosto 2005, mentre il ricorso per la separazione era stato depositato il successivo 13 dicembre 2005; 4) che non risultava versato il corrispettivo della vendita; 5) che il Me. non aveva dimostrato l’esistenza di un patrimonio residuo idoneo a garantire comunque le ragioni del creditore.

A fronte di siffatte argomentazioni, il primo motivo di ricorso è inammissibile sia perchè redatto con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), sia perchè palesemente volto ad ottenere una diversa ed inammissibile valutazione del merito.

Il secondo ed il terzo motivo – i quali insistono nel ribadire, senza significative aggiunte o novità, le medesime censure già vagliate e ritenute infondate dalla Corte d’appello, senza dimostrare il fondamento delle lamentate violazioni di legge – sono inammissibili per la loro assoluta ed evidente genericità, in violazione del principio di specificità (Cass. Sez. Un, n. 7074 del 2017), non senza osservare che tendono anch’essi al riesame del merito.

5. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55; condanna che va estesa, in solido, anche nei confronti del controricorrente Me. il cui atto difensivo, benchè intestato come controricorso, è da ritenere un ricorso incidentale adesivo a quello principale.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 7.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 12 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 4 ottobre 2019

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