Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24901 del 09/10/2018
Cassazione civile sez. VI, 09/10/2018, (ud. 17/07/2018, dep. 09/10/2018), n.24901
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13083/2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore e
legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
GIEFFE 2007 S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 131/11/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di ROMA, depositata il 24/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON e
disposta la motivazione semplificata.
Fatto
RILEVATO
che:
Con sentenza in data 7 dicembre 2016 la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dalla GIEFFE 2007 srl in liquidazione avverso la sentenza n. 13738/17/15 della Commissione tributaria provinciale di Roma che ne aveva respinto il ricorso contro il diniego di rimborso IVA 2009. La CTR osservava in particolare che la procedura di variazione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 26, non poteva considerarsi quale unico mezzo, obbligatorio, per ottenere detta imposta in restituzione (nel caso di specie, in quanto esercitata la rivalsa in ordine ad un’operazione esente) e che quindi il ricorso alla procedura di rimborso doveva considerarsi pienamente legittimo, essendo peraltro inter partes pacifica la spettanza del relativo credito restitutorio.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.
L’intimata società contribuente non si è difesa.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – – l’agenzia fiscale ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19, 21, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, art. 21, comma 7 e art. 26, art. 2697 c.c., poichè la CTR ha affermato la fondatezza del credito di rimborso IVA de guo sulla sola base della rilevata non obbligatorietà della procedura di variazione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 26, senza considerare gli oneri probatori ulteriori da parte della contribuente ed in special modo quello di asseverare che il cessionario/committente non avesse esercitato il diritto di detrazione relativo all’operazione in oggetto ovvero non potesse più esercitarlo. La censura è fondata.
Va ribadito che:
– “In ipotesi di indebito tributario in materia di IVA, il ricorso da parte del contribuente alla procedura di variazione del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 26, non è obbligatorio, ma è rimesso alla sua libera scelta, potendo egli sempre optare per l’esercizio dell’azione generale di rimborso” (Sez. 6-5, Ordinanza n. 14239 del 07/06/2017, Rv. 644436-01);
– “Incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d’imposta, l’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza del credito, e, a tal fine, non è sufficiente l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poichè il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo” (Sez. 5, Sentenza n. 18427 del 26/10/2012, Rv. 624308-01);
– “In tema d’IVA, l’emittente della fattura, in base al principio di cartolarità, è tenuto a versare l’imposta ivi liquidata a meno che non l’abbia tempestivamente corretta o annullata ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26, sì da consentire l’applicazione dell’esatta imposta dovuta ed il corretto esercizio del diritto di detrazione da parte del destinatario, fermo restando che l’inottemperanza agli adempimenti richiesti dalla norma non consente all’Amministrazione finanziaria di pretendere il pagamento dell’imposta, nè osta al riconoscimento del rimborso dell’IVA indebita versata in eccedenza ove il giudice di merito abbia accertato che, con il ritiro della fattura, sia stato definitivamente eliminato il rischio che il destinatario abbia utilizzato o possa utilizzare tale documento ai fini della detrazione” (Sez. 5, Sentenza n. 10939 del 27/05/2015, Rv. 635943-01).
La CTR laziale ha correttamente applicato il primo principio di diritto, ma violato il secondo ed il terzo.
Il giudice tributario di appello infatti non ha considerato minimamente la circostanza che il cessionario/committente dell’operazione fatturata non abbia esercitato il diritto di detrazione ovvero non abbia più la possibilità giuridica di farlo, la quale, essendo parte essenziale del fatto costituivo del credito di rimborso in questione, è onere probatorio del cedente/prestatore asseverare.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al dedotto motivo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 17 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2018