Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24901 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. III, 06/11/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 06/11/2020), n.24901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28570-2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Civitanova Marche, via

Fermi 3, presso l’Avv. GIUSEPPE LUFRANO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE

VERONA;

– intimata –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il

23/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, M.S., è cittadino (OMISSIS).

Ha raccontato di essere fuggito dal suo paese per evitare una ripercussione legata a fattori religiosi e lavorativi.

In sostanza, egli, di religione musulmana, avendo una edicola nel suo villaggio, è stato convinto da un amico ad avviare la vendita di libri cristiani, per la presenza nella zona di sia pur poche famiglie di quella religione. La vendita di libri cristiani ha però attirato le attenzioni dell’Imam, che, dopo un iniziale avvertimento, ha agito con violenza facendo malmenare con gravi conseguenze il suo commesso, un giovane di 17 anni, ed inducendo il ricorrente a fuggire dal (OMISSIS) in Italia, passando attraverso la Grecia.

Ha dunque chiesto il riconoscimento della protezione internazionale, di quella sussidiaria, nonchè della protezione umanitaria.

La Commissione Territoriale non ha creduto al suo racconto ed ha respinto la domanda, decisione poi confermata dal Tribunale di Bologna.

M.S. propone ricorso con due motivi. Non v’è costituzione del Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

Il Tribunale conferma il giudizio di inattendibilità del racconto, ritenuto generico e contraddittorio su aspetti essenziali.

I giudici di merito hanno comunque valutato la sussistenza dei presupposti per una protezione sussidiaria, e dunque verificato se il rimpatrio in (OMISSIS) espone il ricorrente a pericoli derivanti da una qualche situazione generalizzata di conflitto armato, eventualità però esclusa dal Tribunale in ragione dei riferimenti alle fonti di conoscenza della situazione politico sociale di quel paese.

Infine, il Tribunale esclude il diritto alla protezione umanitaria, ritenendo, da un lato, non sufficiente il livello di integrazione raggiunto dal ricorrente, e per altro verso, non tale la situazione del paese di origine da comportare perdita di diritti fondamentali in caso di rimpatrio.

2.- Il ricorrente contesta questa decisione con due motivi.

3.- Con il primo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

Secondo il ricorrente, la corte di merito ha violato il dovere di cooperazione imposto al giudice allo scopo di accertare la situazione reale del Paese di provenienza del richiedente protezione; non ha adeguatamente valutato la situazione del (OMISSIS), e dunque ha violato il divieto di respingimento verso paesi nei quali è messa in pericolo la vita, o l’incolumità dello straniero.

In sostanza, questa censura si risolve nella inadeguatezza dell’accertamento effettuato.

4.- Il motivo è infondato.

Intanto, nella misura in cui postula una violazione dell’obbligo di cooperazione, la censura è palesemente smentita dal fatto che la corte ha indagato sulla situazione reale del (OMISSIS) attingendo a fonti citate e riportate.

E va ricordato che in tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 26728/2019).

Invece, la censura si limita a riportare in estrema sintesi un report che in modo generico riferisce di episodi di violenza senza considerare che la protezione sussidiaria presuppone, qualora il ricorrente non sia ritenuto credibile e dunque non rilevi la sua situazione soggettiva, un pericolo derivante dalla generalizzata situazione di conflitto, piuttosto che una condizione di paventata violazione di diritti umani: “ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 18306/2019)”.

5.- Il secondo motivo è riferito alla protezione umanitaria e denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5. Secondo il ricorrente la corte non avrebbe effettuato una valutazione specifica della vulnerabilità del ricorrente avendo utilizzato ai fini di tale accertamento le stesse considerazioni svolte quanto alla protezione sussidiaria.

Per contro, era doveroso procedere ad una valutazione adeguata alla situazione individuale del ricorrente e, soprattutto, al suo livello di integrazione.

Il motivo è infondato.

In realtà la corte di merito ha fatto applicazione corretta della regola secondo cui la clausola generale dell’art. 14 cit. (ossia i seri motivi di carattere umanitario) va concretizzata comparando, da un lato, il livello di integrazione raggiunto in Italia dallo straniero e, dall’altro, la situazione reale del paese, e valutando all’esito di tale comparazione se il rimpatrio possa pregiudicare il livello di diritti di cui gode lo straniero in Italia (Cass. Sez. U. 29459/ 2019).

Conseguentemente, ha escluso intanto un livello di integrazione sufficiente (avendo allegato il ricorrente alcuni contratti a tempo determinato, ma dimostrando di non conoscere la lingua italiana) e, per altro verso, ha pure escluso una situazione in (OMISSIS) tale da pregiudicare il livello di integrazione raggiunta.

Si tratta di un giudizio di fatto non censurabile in sede di legittimità se non quanto alla adeguatezza della motivazione. Il ricorso va pertanto rigettato.

PQM

La corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

 

 

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