Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 249 del 09/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 249 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

ORDINANZA

violazioni al
c.d.s.

sul ricorso iscritto al N.R.G. 8565/2012 proposto da:
R.G.M. s.n.c. (P.I.: 06413411007), in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Alfredo
Ferretti ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Alessio Bucchi, in Roma, via
– ricorrente—

Crescenzio, n. 43;
contro

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di
procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti Massimo Baroni e Antonio

Ciaravella dell’Avvocatura comunale e presso gli stessi domiciliata, in via del Tempio di
Giove, n. 21;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 19212 del 2011 del Tribunale di Roma, depositata il 5
ottobre 2011 (e notificata il 25 gennaio 2011).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 novembre
2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
1

Data pubblicazione: 09/01/2014

constatata la tardività del deposito della memoria difensiva ex art. 380 bis, comma
2, c.p.c., come formulata nell’interesse della ricorrente;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Lucio Capasso, che nulla ha osservato in ordine alla relazione ex art. 380 bis c.p. c. in atti.
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 12 gennaio 2013, la

della L. 681/89, la RGM Snc, in qualità di proprietaria dell’autoveicolo Hyundai Tg.
BX938DZ, proponeva opposizione dinnanzi al Giudice di Pace di Roma, ai sensi dell’art.
204 bis c.d.s., avverso il verbale di accertamento con il quale le si contestava la violazione
dell’art. 142, comma 8, c.d.s., comportante il pagamento della sanzione pecuniaria
amministrativa di euro 159,05 e la decurtazione di due punti dalla patente di guida.
La società ricorrente contestava la non corretta funzionalità dell’apparecchiatura
elettronica, la mancata sottoscrizione del verbale di accertamento, la mancata
contestazione immediata dell’infrazione e la mancata taratura ed omologazione
dell’apparecchiatura elettronica.
Il Comune di Roma non si costituiva e rimaneva contumace.
Il Giudice di Pace di Roma, con la sentenza n. 20831/09, definitivamente pronunziando,
ritenendo l’apparecchiatura elettronica omologata, nonché adeguatamente motivata la
mancata contestazione immediata dell’infrazione, rigettava il ricorso, condannando la
ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
La RGM Snc proponeva appello avverso la predetta sentenza dinanzi al Tribunale
ordinario di Roma.
Il Comune di Roma rimaneva contumace anche nel giudizio di secondo grado.
Definitivamente pronunciando, con sentenza n. 19212/2011, depositata il 5 maggio 2011 e
non notificata, il Tribunale ordinario di Roma respingeva l’appello.
Con ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, notificato il 26 marzo 2012 e
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seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con ricorso ai sensi

depositato 11 13 aprile successivo, la RGM Snc impugnava la sopracitata sentenza.
In questa fase si è costituito con controricorso l’intimato Comune di Roma.
Ritiene il relatore, che avuto riguardo all’art. 380-bis c.p.c. in relazione all’art. 375 comma
1, n. 5, c.p.c. e all’ad. 360-bis n. 1) c.p.c., sussistono le condizioni per pervenire al rigetto
del ricorso per sua manifesta infondatezza e, quindi, per la sua conseguente definizione

Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’ad. 2700 c. c. in relazione all’ad.
2697 c.c., con riferimento all’ad. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.
Tale censura appare, all’evidenza, palesemente infondata, dal momento che il Tribunale di
Roma ha correttamente applicato tutte le disposizioni di legge rilevanti nella fattispecie in
esame.
Infatti, il giudice di appello ha ritenuto — con motivazione logica ed adeguata — che, nel
verbale di accertamento in questione, gli agenti accertatori avevano dichiarato “di aver
verificato preventivamente e costantemente la perfetta funzionalità dell’apparecchio e che
l’autovelox col quale era stata rilevata l’infrazione al c.d.s. risultava debitamente
omologato. In conseguenza di ciò, poiché nel giudizio di opposizione a sanzione
amministrativa il verbale di accertamento fa piena prova fino a querela di falso, con
riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante, come avvenuti in sua presenza o da
lui compiuti, il ricorrente era onerato a proporre querela di falso per contestare il contenuto
del verbale con riferimento alle attestazioni attinenti alle predette verifiche preliminari
effettuate direttamente dagli stessi agenti accertatori e, quindi, relative ad operazioni
direttamente dai medesimi eseguite (senza trascurare che, in ogni caso, nessuna prova
contraria era stata addotta dalla parte ricorrente).
Anche in riferimento alla seconda doglianza, con la quale è stata lamentata la violazione
dell’ad. 345 c.d.s., consistente nel supposto difetto di prova circa la taratura e la verifica
periodica dell’apparecchiatura autovelox, (in relazione all’ad. 360, comma 1, nn. 3 e 5,
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nelle forme del procedimento camerale.

c.p.c.), il Tribunale — con motivazione congrua – ha correttamente applicato i principi
enunciati dal consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte (cfr., ad es.,
Cass. 9846/2010 e Cass. 23978/07) in tema di sanzioni amministrative per violazioni al
c.d.s., secondo cui le apparecchiature elettroniche regolarmente omologate ed utilizzate
per rilevare il superamento di velocità di cui all’art. 142 c.d.s., non devono essere

verifica della taratura, poiché esso attiene alla materia cd. metrologica che è diversa da
quella della misurazione elettronica della velocità ed appartiene alla competenza di
autorità amministrative diverse da quelle legittimate alla rilevazione delle infrazioni al c.d.s.
Manifestatamente infondato appare, altresì, il terzo motivo, con il quale è prospettata la
violazione degli art. 200 e 201 c.d.s., concernente l’assunto difetto di contestazione
immediata dell’infrazione, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., dell’art. 201
c.d.s.: la dedotta violazione di legge è, infatti, insussistente avendo il giudice di appello
esattamente rilevato che l’omessa contestazione immediata era legittimamente motivata
nel verbale impugnato sia mediante il richiamo alla lettera e) del comma 1 bis dell’ad. 201
c.d.s., sia mediante l’indicazione “per mancanza di spazi sufficienti e idonei”.
L’articolo richiamato statuisce, infatti, che non è necessaria la contestazione immediata
nell’ipotesi, ricorrente nel caso in esame, di “accertamento della violazione per mezzo di
appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di Polizia stradale e
nella loro disponibilità, che consentono la determinazione dell’illecito in tempo successivo
poiché il veicolo, oggetto del rilievo, è a distanza dal posto di accertamento”.
Con il quarto e ultimo motivo, la ricorrente ha prospettato la violazione degli artt 61 e 191
c.p.c., dovuta ad un ritenuto difetto di funzionalità dell’apparecchiatura elettronica
(autovelox), in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.; come nei casi precedenti,
si palesa la manifesta infondatezza, avendo le richieste istruttorie, come giustamente ha
rilevato la Corte territoriale, un’evidente finalità esplorativa.
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sottoposte ai controlli previsti dalla L. 273/91 istitutiva del sistema nazionale relativo alla

In definitiva, si riconferma che – essendo tra l’altro, state decise nella sentenza impugnata
le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e non avendo
offerto l’esame dei motivi elementi per mutare l’orientamento di detta giurisprudenza sussistono le condizioni, in ordine all’art. 380-bis c.p.c., per definire nelle forme camerali il
proposto ricorso, rilevandosi la sua manifesta infondatezza».

nella relazione di cui sopra, con riferimento alla quale, peraltro, non possono prendersi in
considerazione le ulteriori argomentazioni (che, comunque, non apportano rilievi decisivi
idonei a confutare la predetta relazione) contenute nella memoria difensiva di cui all’art.
380 bis c.p.c., siccome depositata in data 8 novembre 2013 (e, quindi, tardivamente
rispetto all’adunanza camerale fissata per il 12 novembre successivo);

ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere respinto, con la
conseguente condanna — in virtù del principio della soccombenza — della ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in complessivi euro 800,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 12 novembre 2013.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti

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