Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24899 del 20/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 20/10/2017, (ud. 23/05/2017, dep.20/10/2017),  n. 24899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, che la

rappresenta difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PO 24,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO CECI, rappresentato e difeso

dall’avvocato LEONELLO AZZARINI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso sentenza n. 268/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/01/2011, R.G.N.513/2017.

Fatto

RILEVATO

– che con sentenza del 20 gennaio 2011, la Corte d’Appello di Venezia, confermava la decisione resa dal Tribunale di Venezia e accoglieva la domanda proposta da C.R. nei confronti di Poste Italiane S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di nullità dei contratti a termine conclusi tra le parti, il primo, relativamente al periodo 6.11.2000/24.1.2001, per esigenze eccezionali ai sensi dell’art. 8 del CCNL del 26.11.1994 e dei successivi accordi integrativi, il secondo, relativamente al periodo 9.7/30.9.2001, per esigenze di carattere straordinario e, comunque, per far fronte alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie ai sensi dell’art. 25 del CCNL del 11.1.2001 e, l’ultimo, relativamente al periodo 1.2/30.4.2002, per esigenze tecniche, organizzative e produttive ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, sancendo la conversione a tempo indeterminato del rapporto a decorrere dalla data del secondo contratto e la spettanza del risarcimento del danno relativo dalla data della messa in mora della Società datrice;

– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto tardiva e comunque infondata l’eccezione concernete l’intervenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso; tardiva la produzione del secondo contratto; ripristinato il rapporto e dovuto il risarcimento in misura pari alle retribuzioni maturate dalla data della messa in mora della Società datrice;

– che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, il C., che ha poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

– che con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. in una con il vizio di motivazione, lamenta la non conformità a diritto e l’incongruità logica della pronunzia di rigetto dell’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso, tempestivamente formulata;

che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.artt. 115,116,421 e 437 c.p.c., si censura l’aver la Corte territoriale non ammesso la produzione tardiva del documento sottoscritto dalle parti relativo al secondo contratto, quando, a fronte della mancata contestazione della sussistenza dell’atto, avrebbe dovuto, anche valendosi dei propri poteri istruttori di ufficio, acquisire agli atti il documento;

– che il terzo motivo, attraverso la denuncia della violazione e falsa applicazione degli artt. 1206,1207, 1217,1219, 2094,2099 e 2697 c.c., è inteso a censurare l’erroneità della pronunzia della Corte territoriale in ordine alle conseguenze sanzionatorie della dichiarata nullità del termine;

– naloga problematica è affrontata nel quarto motivo con riguardo allo ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32;

– che il primo motivo deve ritenersi palesemente infondato alla luce del consolidato orientamento di questa Corte di recente ribadito dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza 27.10.2016, n. 21691, secondo cui la mancata impugnazione della clausola appositiva del termine viene considerata indicativa della volontà di estinguere il rapporto di lavoro tra le parti a condizione che la durata di tale comportamento omissivo sia particolarmente rilevante e che concorra con altri elementi parimenti significativi della predetta volontà abdicativa, così che la stessa risulti in modo univoco, valutazione questa rimessa al giudice del merito e, se, come nel caso di specie, congruamente motivata, avendo la Corte territoriale rilevato la mancata allegazione di elementi ulteriori, sottratta al sindacato del giudice di legittimità;

– che, parimenti infondato si rivela il secondo motivo in relazione alla mancata confutazione dell’argomentazione su cui la Corte territoriale fonda la propria decisione di mancata ammissione della produzione documentale, argomentazione che, in quanto riferita alla deduzione del lavoratore secondo cui la Società non sarebbe stata in grado di provare l’avvenuta sottoscrizione del contratto, suona piena smentita di quanto qui allegato dal ricorrente circa la mancata contestazione da parte del lavoratore della circostanza. che, in ordine alle conseguenze sanzionatorie della dichiarata nullità del termine, mentre va rigettato il terzo motivo, merita accoglimento il quarto, stante l’applicabilità nella specie del regime sanzionatorio dell’illegittimità del contratto a termine di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5, 6 e 7, (cfr. tra le altre Cass.12.8.2015) e l’irrilevanza dell’avvenuta abrogazione dei predetti commi 5 e 6 ad opera del D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 55,lett. f), (vedi, da ultimo, Cass. 7132/2016);

che, dunque, rigettati gli altri motivi, va accolto l’ultimo motivo e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, la quale dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante ex art. 32 cit. per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr. per tutte, Cass. n. 14461/2015) con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi dalla data della pronuncia giudiziale dichiarativa dell’illegittimità della clausola appositiva del termine (cfr., per tutte, Cass. 3062/2016), disponendo altresì per l’attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie l’ultimo motivo, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2017

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