Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24899 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. un., 06/11/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 06/11/2020), n.24899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13591-2019 proposto da:

F.S., F.F., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA L. CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SIMONE CICCOTTI, che

li rappresenta e difende unitamente agli avvocati ULISSE COREA, e

DOMENICO IOFRIDA;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE

DEI CONTI PER LA CALABRIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 614/2018 della CORTE DEI CONTI – SECONDA

SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il

23/10/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2020 dal Consigliere ANTONIO ORICCHIO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale

CAPASSO LUCIO, che ha concluso per il dichiararsi l’inammissibilità

del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 134 del 20 maggio 2014 la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria si pronunciava in ordine all’azione di responsabilità per danno erariale proposta dalla locale Procura Regionale nei confronti degli odierni ricorrenti.

Nell’ipotesi veniva affermata la detta responsabilità per indebita percezione di finanziamenti agevolati per la costruzione di impianti destinati alla produzione di olio e di articoli di abbigliamento, finanziamenti erogati in favore di società di cui i medesimi odierni ricorrenti erano amministratori.

La fattispecie ritenuta dal Giudice contabile di primo grado era, in particolare, quella di simulata e mancata realizzazione dell’obiettivo occupazionale.

Interposto appello da parte degli odierni ricorrenti la Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale centrale di appello; con sentenza n. 614/2018, rigettava il gravame e confermava l’appellata decisione.

Avverso la detta sentenza di appello della Corte dei Conti ricorrono oggi il F.F. ed il F.S. con ricorso fondato su un articolato motivo teso all’affermazione del difetto di giurisdizione del Giudice contabile, ritenendosi – nell’ipotesi – ricorrente la giurisdizione del Giudice ordinario.

Il ricorso è resistito con controricorso del Procuratore Generale rappresentate il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti, che -in via preliminare – ha eccepito l’inammissibilità dell’avverso ricorso.

Parti ricorrenti hanno depositato memoria.

La Procura Generale presso questa Corte ha, come da atti, rassegnato proprie conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’articolato motivo del ricorso si contesta la sussistenza della giurisdizione contabile.

In particolare, secondo i ricorrenti, si verteva – nella fattispecie per cui è giudizio – in una ipotesi di “difetto di giurisdizione del giudice contabile in favore del giudice ordinario in relazione a pretese creditorie determinate dalla contestata inesatta o incompleta esecuzione di progetti agevolati ai sensi della L. n. 488 del 1992”.

L’assunto di cui innanzi non è scrutinabile, stante la fondatezza della sollevata eccezione di inammissibilità del ricorso.

L’art. 15 codice del processo contabile detta – fra i principi generali di quel processo – la disciplina della rilevabilità del difetto di giurisdizione innanzi alla Corte dei Conti.

In particolare, dopo aver previsto la possibilità di rilievo in primo grado – anche d’ufficio – del difetto di giurisdizione, il medesimo art. 15, al suo comma 2 prevede la rilevabilità del difetto stesso di giurisdizione in secondo grado solo allorchè vi sia deduzione “….con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione”.

Orbene con la prima succitata sentenza del Giudice contabile del 2014 vi era stata affermazione, quantomeno implicita, della giurisdizione propria di quel Giudice.

Nell’interporre appello avverso quella sentenza gli odierni ricorrenti non censuravano, nei termini di cui al citato art. 151 il difetto di giurisdizione di cui oggi si dolgono innanzi a questa Corte.

L’appello dagli stessi proposto verteva, anzi, ed esclusivamente, su motivi di solo merito (non sussistenza degli estremi per la revoca del finanziamento, prescrizione ed altro), tutti singolarmente respinti dalla Sezione Giurisdizionale d’Appello della Corte dei Conti, che rigettava, nel suo complesso, il gravame innanzi ad essa proposto. Consegue a quanto innanzi esposto l’inammissibilità del ricorso innanzi a questa Corte non essendo stata svolta, come a suo tempo dovevasi, questione di difetto di giurisdizione.

Infondata, al riguardo è la prospettazione dedotta in via preliminare dai ricorrenti e secondo la quale l’impugnativa per cui oggi è giudizio non sarebbe preclusa dal disposto dell’art. 15 cit. “in quanto sebbene tale norma precluda la proposizione del ricorso per cassazione allorchè la giurisdizione sia affermata anche implicitamente dal primo Giudice e la relativa statuizione non abbia formato oggetto di censura” osterebbe all’applicazione di tale norma la mancata operatività della stessa ratione temporis.

L’assunto dei ricorrenti (finalizzato alla mera paralizzazione della detta inammissibilità) non è fondato.

Anche se il codice della giustizia contabile non era ancora entrato in vigore nel 2014 (anno di proposizione dell’appello) va, tuttavia, rilevato che ben dopo il 7 ottobre 2016 – anno in cui entrava in vigore detto codice ed il succitata art. 15 – si concludeva il giudizio contabile di appello con sentenza del novembre 2017.

Mai, quindi, gli odierni ricorrenti si ponevano in precedenza il problema di difetto di giurisdizione, neppure considerando che il citato art. 15 non aveva una portata normativa innovativa, ma -viceversa – confermativa di datati orientamenti.

Giova, infatti, rammentare che – da tempo e già in virtù del rinvio del R.D. n. 1038 del 1933, art. 26 alla disciplina del c.p.c., questa stesse S.U. avevano con costante e consolidata giurisprudenza ritenuto che alla parte interessata non era consentito introdurre direttamente in sede di legittimità questione di difetto di giurisdizione, ove non proposto in appello, per effetto del conseguente consolidamento del giudicato interno sulla questione (ex plurimis: Cass. S.U. 9 Ottobre 2008, n. 24883 e 30 ottobre 2008, n. 26019).

Per di più (e solo esaustivamente) va rilevata, altresì, l’inammissibilità del ricorso anche sotto il suo profilo, per così dire, meritale atteso che viene del tutto elusa la ratio fondante della responsabilità (e, quindi, della indubitabile giurisdizione) contabile, fondata non sull’esercizio di una mera azione civilistica restitutoria, ma su un giudizio di responsabilità per danno erariale insito nella mancata realizzazione di obiettivo dopo il godimento del beneficio di legge ottenuto grazie a …l’induzione in errore con artifizi e raggiri”.

2.- Il ricorso, alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto, deve essere dichiarato inammissibile.

3.- Nulla deve statuirsi in ordine alle spese attesa la natura di parte non in senso tecnico della controricorrente Procura Generale.

4.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

LA CORTE

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

 

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