Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24897 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24897 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
primo. GIOVANNI ANICNIO,
Anstalt,

quale legale rappresentante del Banco

rappresentato e difeso dall’avv. Franco Picciaredda,

presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma in via
Panama n. 95;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro terpore;
MINISTERO DELL’ECCO:MA E DELLE FINANZE;
– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Sardegna n. 84/9/06, depositata il 3 maggio 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13 febbraio 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito l’avv. Franco Picciaredda per il ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Immacolata Zeno, che ha concluso per
l’inammissibilità, ed in subordine per il rigetto, del ricorso.
S=131E2T0 DEL PROCESSO

Data pubblicazione: 06/11/2013

Definizione
agevolata ex art.
57, coma 6, della
legge n. 413 del
1991 – oggetto

Giovanni Antonio Pitta, quale legale rappresentante del
Banco Anstalt, società senza stabile organizzazione in Italia con
sede in Vaduz, Liechtenstein, propone ricorso per cassazione,
sulla base di due motivi, nei confronti delle sentenze della
Commissione tributaria regionale della Sardegna che, rigettandone
gli appelli, riuniti, nei giudizi introdotti con l’impugnazione
degli avvisi di accertamento ai fini dell’IRPEG e dell’ILOR per
gli anni 1982, 1983 e 1984, ha stabilito che la domanda di
della legge 30 dicembre 1991, n. 413 – norma che consente alle
persone fisiche che abbiano perso la rappresentanza legale della
società soggetto passivo inadempiente, di evitare l’applicazione
delle soprattasse e delle pene pecuniarie previste in materia di
IVA e di imposte sui redditi -, non comportava il riconoscimento
della mancanza di rappresentatività del ricorrente in relazione
agli accertamenti IVA e IRPEG nei confronti del Banco Anstalt
ritenuti legittimi in primo grado, con statuizione non impugnata,
né comportava la sua estromissione dal giudizio.
Ove infatti il Banco Anstalt avesse inteso definire la
pendenza, avrebbe dovuto presentare dichiarazione integrativa a
norma dell’art. 32 e seguenti della legge n. 413 del 1991, sicché
la pretesa impositiva nei confronti della società contribuente
non era influenzata dall’iniziativa inconferente del Pitta,
diretta ad una sua estromissione dal giudizio che si rivela
impossibile.
L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività nella
presente sede.
ICTIVI DELLA DECISICNE

Con il primo motivo il ricorrente assume che con la
presentazione della domanda di condono di cui all’art. 57, comma
6, della legge n. 413 del 1991 in capo al soggetto legittimato
sarebbe esclusa la qualifica di rappresentante legale per
comportamenti a lui non più imputabili, venendo sanata la
posizione della persona fisica a prescindere da quella del
presunto soggetto rappresentato.
Con il secondo motivo denuncia insufficienza o omissione
della motivazione sul punto.

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condono presentata dal Pitta ai sensi dell’art. 57, coma 6,

p.

Il ricorso, prima ancora che infondato, è inanmissibile in
quanto, non cogliendo la

ratio deciobnoli

della sentenza

impugnata, le censure formulate nei confronti di questa risultano
estranee all’oggetto della controversia.
I giudizi, riuniti in appello, sono stati infatti
introdotti dal Banco Anstalt, società con sede a Vaduz, nel
Liechtenstein, in persona del legale rappresentante Giovanni
Antonio Pitta, con l’impugnazione di tre avvisi di accertamento,
con i quali veniva determinato il reddito della società.
La tesi del Pitta “circa la sua pretesa estraneità al
ricoprimento di qualsiasi ruolo gestionale negli affari della
Anstalt in Italia che potessero giustificare una sua giuridica
collocazione come rappresentante legale” era, in particolare,
considerata “inaccettabile” dal giudice di primo grado, che
respingeva i ricorsi.
Il giudice d’appello, rilevato che oggetto del giudizio era
l’impugnazione dell’atto impositivo dell’anministrazione diretto
al recupero di IRPEF e ILOR per gli anni 1982, 1983 e 1984, e che
“tale pretesa si è rivolta verso il Banco Anstalt … e per esso il
signor Pitta nella sua qualità di legale rappresentante che
appare ormai incontestabile”, riteneva esaurita ogni disputa
sulla natura della attività della società e sulla sua soggezione
alle imposte; in ordine alla portata ed all’ampiezza della
sanatoria scaturente dalla presentazione nel corso del giudizio,
da parte del Pitta, di istanza di condono ai sensi dell’art. 57,
comma 6, della legge n. 413 del 1991, osservava corre esso, avente
oggetto affatto diverso, si rivelava del tutto inadeguato a
risolvere la controversia, e riteneva conclusivamente “immutata
la pretesa impositiva espressa nei contestati avvisi emessi
dall’ufficio nei confronti della Banco Anstalt, che non è
minimamente influenzata dall’iniziativa del tutto in conferente
dal Pitta tesa alla ricerca di una sua estromissione dalla causa
che si rivela impossibile”.
L’inconferenza predicata dalla Commissione regionale va
quindi ribadita con riguardo al presente ricorso, considerato che
il comma 6 dell’art. 57 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, si
limita a prevedere che nei confronti di coloro che alla data del

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ai fini dell’IRPEG e dell’ILOR per gli anni 1982, 1983 e 1984,

ZSENTE 13A REGISTXAMMIE
AI SENSI DEL D.
N. 131 TAB. ALL. A. – N.5
M ATERIA TRIBUTARIA
30 settembre 1991 hanno perso la rappresentanza del soggetto
passivo o del soggetto inadempiente (nell’ipotesi in esame, la
Banco Anstalt) “non si applicano /e soprattasse e le pene
pecuniarie

previste ai fini dell’IVA e delle imposte sui

redditi”. La disposizione mira quindi ad assicurare al soggetto
destinatario del provvedimento di cui all’art. 98, sesto comma,
del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 – secondo cui “al pagamento
delle soprattasse o delle pene pecuniarie sono

obbligati in

coloro che ne hanno la rappresentanza” – la possibilità di
evitare l’applicazione delle sanzioni in riferimento a
comportamenti di cui non è più responsabile, non essendo più in
grado d’influire sul comportamento del rappresentato (Cass. n.
9997 del 2006).
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il
mancato svolgimento di attività

difensiva da parte delle

intimate.
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2013.

solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente,

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