Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24896 del 06/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 06/12/2016, (ud. 20/07/2016, dep. 06/12/2016), n.24896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20461/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.M.;

– intimata –

nonchè da:

S.M., elettivamente domiciliata in ROMA VIA BENACO 5,

presso lo studio dell’avvocato MARIA CHIARA MORABITO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA GORGONI,

GIAMPIERO BERTI, giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 70/2009 della COMM. TRIB. REG. della

LOMBARDIA, depositata l’08/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/07/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale e rigetto di quello

incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e

l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, n. 70/33/2009 dep. 8 luglio 2009. Il contenzioso ha origine dall’impugnazione da parte di S.C. dell’avviso di accertamento con il quale era stato accertato un maggior reddito ai fini dell’Irpef e dell’Ilor per l’anno 1989, impugnazione accolta dalla CTP di Vigevano. Nel processo di appello, instaurato dall’Agenzia delle Entrate contro l’indicata sentenza di primo grado, veniva dichiarata l’interruzione del processo per morte della ricorrente; non essendo stato riassunto nei termini di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 43, comma 3, il processo veniva dichiarato estinto (con sentenza della CTR della Lombardia n. 6/13/2005, dep. 9 gennaio 2005). Trascorso il termine per l’impugnazione della sentenza, l’Ufficio provvedeva all’iscrizione a ruolo a carico degli eredi e notificava cartella di pagamento delle somme di cui all’avviso di accertamento notificato a suo tempo alla Sacchi. Contro tale atto veniva proposto dagli eredi ricorso, che la CTP di Pavia accoglieva, ritenendo operante a favore della parte resistente il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Ricorreva in appello l’Agenzia, deducendo che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 45, l’estinzione del processo per inattività delle parti, se intervenuta in appello, determina la caducazione di tutti gli atti del processo e della stessa sentenza oggetto di gravame.

La CTR respingeva l’appello, in applicazione dell’art. 338 c.p.c., che determina il passaggio in giudicato della sentenza in caso di estinzione del procedimento di impugnazione, essendo onere dell’appellante riassumere il giudizio per impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

S.M. si costituisce con controricorso e ricorso incidentale. Deposita successiva memoria (ex art. 378 c.p.c.).

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1, 45, 49 e artt. 310 e 338 c.p.c.), per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile l’art. 338 c.p.c., dovendosi invece ritenere applicabile, in quanto norma speciale, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 45, in base al quale l’estinzione travolge tutti gli atti del processo, senza la clausola di salvezza delle sentenze già pronunciate.

2. La censura è infondata.

2. 1. Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 45, stabilisce, al comma 3, che “l’estinzione del processo per inattività delle parti è rilevata anche d’ufficio solo nel grado di giudizio in cui si verifica e rende inefficaci gli atti compiuti”. La disposizione ne consente la pronuncia “ex officio”, nel caso in cui non vengano rispettati i termini perentori entro i quali il giudizio deve esser proseguito, integrato o riassunto. Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, sancisce, in generale, l’operatività nel processo tributario delle disposizioni del codice di procedura civile, “per quanto non disposto” dalla legge speciale e compatibile con la stessa; analoga disposizione si rinviene, per il procedimento d’appello, nell’art. 61. Con riferimento al caso de quo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, richiama l’applicazione “alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie” delle disposizioni del titolo 3^, capo 1^, del libro 2^ del c.p.c. (artt. da 323 a 338), escluso espressamente l’art. 337 e fatto salvo quanto disposto dallo stesso decreto legislativo disciplinante il processo tributario.

2.2. L’art. 310 c.p.c., nel disciplinare, in generale, nel processo ordinario di cognizione, gli effetti dell’estinzione, prevede, al secondo comma, che “l’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo”. L’art. 338 c.p.c., stabilisce poi che “l’estinzione del procedimento d’appello o di revocazione nei casi previsti nell’art. 395, nn. 4 e 5, fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto”.

2.3. Con riguardo all’ipotesi che qui interessa, di estinzione per inattività delle parti del giudizio di appello instaurato avverso sentenza di primo grado che, in senso favorevole al contribuente, abbia annullato l’avviso di accertamento, la questione di diritto controversa, vale a dire degli effetti di detta pronuncia sull’atto impositivo, è stata risolta da questa Corte, con le sentenze n. 13808 del 2014 e n. 16862 del 2014, che hanno statuito, con decisione qui condivisa, resa in fattispecie relativa proprio a S.M. e agli eredi di S.G., eredi a loro volta – come l’odierna controricorrente e ricorrente incidentale – di S.C., e l’applicabilità – ìn virtù del rinvio di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 49 – dell’art. 338 c.p.c., compatibile con la disciplina speciale del contenzioso tributario, senza che possa rimanere in vita il provvedimento impositivo impugnato, ormai travolto dal titolo giudiziale che ne ha annullato gli effetti.

2.4. In particolare, le richiamate e condivise decisioni hanno affermato l’operatività nel processo tributario dell’art. 338 c.p.c., secondo il quale l’estinzione del giudizio di impugnazione determina il passaggio in giudicato della sentenza impugnata (principio che non trova ostacolo in una disposizione speciale, dettata per l’estinzione del processo tributario, in fase di impugnazione, con esso incompatibile).

Una tale disposizione non è rinvenibile nell’art. 45, comma 3 (secondo il quale: “l’estinzione del processo per inattività delle parti è rilevata anche d’ufficio solo nel grado di giudizio in cui si verifica e rende inefficaci gli atti compiuti”), in quanto con esso il legislatore si è preoccupato soltanto di precisare che, anche nel processo tributario (come nel procedimento civile ordinario, ai sensi dell’art. 310 c.p.c.), l’estinzione – per inattività delle parti – rende inefficaci gli atti compiuti fino al perfezionamento della fattispecie estintiva, essendo l’estinzione tuttavia rilevabile, anche d’ufficio, “solo nel grado di giudizio in cui si verifica”. La pronuncia di estinzione in appello investe pertanto soltanto gli atti del procedimento di gravame. Diversa è la disciplina dettata nell’ipotesi di estinzione del giudizio di rinvio, nella quale l’intero processo viene meno, stante l’espressa previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, comma 2, con conseguente consolidamento dell’atto impositivo impugnato. In effetti, come è stato già chiarito da questa Corte, è inapplicabile al giudizio di rinvio l’art. 338 c.p.c., che regola gli effetti dell’estinzione del procedimento di impugnazione, cosicchè l’estinzione dell’intero processo, ai sensi dell’art. 393 c.p.c., determina la conseguente caducazione di tutte le sentenze emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già coperte dal giudicato, in quanto non impugnate (Cass. n. 17372/2002; tra le tante, v. Cass. n. 3040/2008; Cass. n. 5044/2012; Cass. n. 16689/2013).

2.5. Ne consegue che l’estinzione del processo tributario per inattività delle parti intervenuta in appello, in un giudizio già definito in primo grado con una decisione di fondatezza dell’azione del contribuente, determina la cristallizzazione della situazione giuridica sostanziale, come definita dalla sentenza di merito oggetto d’impugnazione, che passa in giudicato. In tale ipotesi, infatti (distinta da quella relativa al giudizio di rinvio a seguito di cassazione della sentenza resa in appello), il fenomeno estintivo non può mantenere in vita il provvedimento impositivo impugnato, ormai travolto e sostituito dal titolo giudiziale che ne ha annullato gli effetti.

3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso principale deve essere respinto.

4. Va respinto anche Il ricorso incidentale, col quale la contribuente deduce omessa pronunzia sulla richiesta riforma del capo della sentenza della C.T.P. che aveva compensato le spese del giudizio in ragione dei due terzi; nonchè violazione di legge, in merito alla disposta compensazione delle spese del giudizio di secondo grado nella misura del 50%.

Ciò in quanto dalla motivazione della sentenza emerge con sufficiente chiarezza l’implicita conferma della parziale compensazione delle spese del giudizio di primo grado e risulta parimenti giustificata, con valutazione non sindacabile in questa sede, la compensazione parziale delle spese del giudizio di appello, con riferimento alla peculiarità della fattispecie e alla complessità e opinabilità delle questioni giuridiche esaminate.

5. Le spese processuali del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, in considerazione della novità della questione di diritto trattata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2016

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