Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24895 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24895 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 2028-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, ettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

CALEFFI SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
BARBERINI 47, presso lo studio dell’avvocato TURCO
MARIALUCREZIA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LAMICELA GIUSEPPA MARIA TERESA (GIUSI)

Data pubblicazione: 06/11/2013

giusta delega a margine;

controricorrente

avverso la sentenza n. 152/2009 della COMM.TRIB.REG.
di GENOVA, depositata il 18/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato MELONCELLI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato TURCO che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udienza del 12/02/2013 dal Consigliere Dott. ETTORE

Ritenuto in fatto
01.In fattispecie d’importazioni, attraverso la Turchia, di tessuti di cotone greggio scortati da certificati Form-A per asserita origine preferenziale turkmena, la soc. Caleffi, avvalendosi anche di dazi agevolati, indicava nelle dichiarazioni doganali non il prezzo
delle merci pagato all’ultima ditta rivenditrice, ma il

02.Era accaduto, secondo la ricostruzione offerta dalla
stessa contribuente, che la ditta Lasarre Trading Limited (con sede nelle Virgin Islands) aveva commissionato
la merce a un fabbricante turkmeno (Ashkhabad-Textile)
e l’aveva ceduta alla ditta T.S.I. Trading. Service (di
Hong Kong) che, a sua volta, l’aveva rivenduta alla
soc. Caleffi.
03.In sede di verifica “a posteriori”, il fisco italiano contestava l’origine preferenziale della merce (mancando il trasporto diretto dal Turkmenistan al territorio dell’UE e mancando il certificato di “non manipolazione” riguardo al transito attraverso la Turchia; art.
78 DAC) e l’applicabilità della “first sale rule” al
valore in dogana (non essendovi le condizioni richieste
dall’art.147 DAC).
04.Nel successivo contenzioso, la soc. Caleffi limitava
le doglianze alla sola questione sulla determinazione
del valore in dogana; i giudici di merito, accoglievano
le tesi della contribuente.
05.In particolare, le sentenze di prime cure, per quanto qui interessa, sostenevano: “Relativamente alla base
imponibile, individuata nel prezzo relativo a una vendita anteriore rispetto

all’ultima

vendita

sulla cui

base le merci sono state introdotte nel territorio delle Comunità, la commissione ritiene che sia stata fornita prova sufficiente in ordine all’esistenza dei re-

quisiti richiesti dall’art.147 del regolamento CEE
n.2454 del 1993”.
06.Nel confermare le decisioni favorevoli alla contribuente, i giudici d’appello aggiungevano: “…la richie-

201101855_4 – pag. I

minor prezzo della vendita anteriore.

sta del Form-A, che deve contenere l’indicazione della
merce, può avvenire solo in un tempo successivo e pertanto, essendo stato emesso solo sei giorni dopo la data della fattura, deve ritenersi un tempo logico o ragionevole e idoneo ad assolvere la sua funzione”.
07.Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre
motivi, l’Agenzia delle dogane; la società contribuente

Considerato in diritto
08.Denunciando violazioni di norme di diritto (artt.29
CDC e 147 DAC; artt. 29-62-65 CDC, 147-181 DAC, 69
D.Iva), con i primi due motivi, e correlati vizi motivazionali, con il terzo, la ricorrente lamenta che il
giudici di merito trascurino che non vi sia alcun documento comprovante che la merce, sin dalla vendita anteriore tra la ditta Lasarre Trading Limited e la ditta
T.S.I. Trading Service, fosse destinata all’introduzione nella Comunità, atteso che non si trattava di merci
prodotte in conformità a particolari specifiche comunitarie o per uno specifico compratore comunitario ovvero
di merci ordinate da un intermediario a un fabbricante
per la spedizione diretta nel territorio dell’UE.
09.Quindi, non avendo la soc. Caleffi dimostrato che la
vendita precedente é stata conclusa ai soli fini dell’esportazione nella Comunità, manca ogni collegamento
tra la vendita anteriormente fatta dalla Lasarre Trading Limited alla T.S.I. Trading Service e la rivendita
(ultima vendita) fatta dalla T.S.I. Trading Service alla importatrice Caleffi S.p.A., ai fini della corretta
determinazione del valore in dogana.
10.Rileva, inoltre, la carenza logica della valorizzazione probatoria di documenti, quali i certificati
FORM-A, che, essendo emessi dopo la fatturazione e su
dichiarazioni dell’operatore, nulla possono comprovare
circa la vendita anteriore.
11.11 ricorso in esame ruota attorno alla cd.

first

sale rule. Essa rappresenta un particolare metodo di
determinazione del valore doganale, applicabile

201101855_4-pag.2

resiste con controricorso.

ogniqualvolta una data merce sia assoggettata a vendite
a catena prima della sua importazione definitiva. La
regola in questione è stabilita dall’art.147 DAC e
prevede che l’utilizzo, a fini daziari, del

“prezzo

relativo ad una vendita anteriore all’ultima vendita
sulla cui base le merci sono state introdotte nel
territorio doganale della Comunità’.

Siccome il prezzo

più basso di quelli di ogni successiva rivendita, il
metodo in questione consente agli operatori di
realizzare risparmi, potendo calcolare i dazi

ad

valorem su una base imponibile più bassa.
12.Nell’UE l’utilizzo della

first sale rule

con il criterio opposto della

coesiste

last sale rule

(CGCE

sent. n.11 del 6 giugno 1990), nel senso che, per poter
dichiarare come valore in dogana [ai sensi dell’art.29
CDC [Reg. (CEE) n.2913/1992] il

“prezzo relativo ad una

vendita anteriore all’ultima vendita sulla cui base le
merci sono state introdotte nel territorio doganale
della Comunità”,

l’art.147 DAC [Reg. (CEE) n. 2454/

1993] stabilisce che

“…deve essere dimostrato adeguata-

mente all’autorità doganale, che quella vendita era
stata conclusa ai fini dell’esportazione verso il territorio doganale in questione’ (cfr. Comitato CDC, commento n.7, .5 3.2.2).
13.Dalla letteratura europea e nordamericana e dalle
interpretazioni giurisprudenziali, nazionali e comunitarie, non emergono orientamenti che ne abbiano alterato le linee fondamentali, pur avendo taluni aspetti suscitato la recente attenzione degli organismi dell’UE
in riferimento all’attuazione però del nuovo codice doganale comunitario di cui al Reg. (CEE) n. 450/2008
[cfr. Comitato CDC, TAXUD/MCCIP/2010/100-3 del 25 novembre 2011, art. 230.02, e TAXUD/B4(2011)266601 del1’11 marzo 2011].
14.La Corte giustizia CE, nella decisione n.11 del 6
giugno 1990, afferma che

“il prezzo risultante da un

contratto di compravendita stipulato tra persone stabilite nella Comunità può considerarsi come il valore di
201101855_4 – pag. 3

della prima vendita o vendita anteriore è normalmente

transazione ai sensi dell’art.3, n.1, del regolamento
(CEE) del Consiglio 28 maggio 1980, n.1224, relativo al
valore in dogana delle merci”.

Aggiunge che,

“qualora,

in caso di vendite consecutive di una merce, più prezzi
effettivamente pagati o da pagare soddisfino le condizioni stabilite dall’art.3, n.1, del regolamento (CEE)
n.1224/80, l’importatore può scegliere uno di detti
ne”.
15.Su un piano differente, la decisione C-263/06 del 28
febbraio 2008 n. 263 (Carboni) rileva che

“le autorità

doganali non possono determinare il valore doganale ai
fini dell’applicazione del dazio antidumping … sulla
base del prezzo fissato per le merci di cui trattasi in
una vendita precedente a quella per la quale è stata
resa la dichiarazione in dogana, qualora il prezzo dichiarato corrisponda a quello effettivamente pagato o
da pagare da parte dell’importatore”.
16.Secondo le fonti comunitarie,

“occorre garantire

l’uniforme applicazione del codice e prevedere, a tal
fine, una procedura comunitaria che permetta di stabilirne le modalità di applicazione in termini appropriati” e, per tale ragione,

“occorre istituire un Comitato

del codice doganale per garantire in tale settore una
stretta ed efficace collaborazione tra gli Stati membri
e la Commissione”

(Reg.CE 2454/93 – DAC). Perciò il

Reg.CE 2913/92, Tit. IX – Cap. I, ha istituito il Comitato del codice doganale con il compito di

“esaminare

qualsiasi questione attinente alla normativa doganale
che sia sollevata dal presidente, per iniziativa di
questi oppure a richiesta del rappresentante di uno
Stato membro” (art.248 CDC).
17.In particolare, riguardo agli esiti di tale attività, nelle fonti comunitarie si rileva che

“1 commenti

danno indicazioni su come applicare una determinata disposizione” e che,

“pur non essendo stati adottati come

strumenti giuridici, i commenti rispecchiano il punto
di vista del Comitato del codice doganale … e costituiscono un supporto per l’interpretazione e l’applicazio201101855_4 – pag. 4

prezzi per la determinazione del valore di transazio-

ne uniforme delle pertinenti disposizioni comunitarie”

(v. TAXUD/800/2002-IT dell’8 ottobre 2003).
18.Sull’applicazione dell’art.147 DAC nel caso di vendite successive, il commento n.7 del Comitato del codice doganale (sezione valore in dogana), al §3.2.2,
chiarisce:

“Qualora sia stata effettuata una

vendita

anteriore (…) riguardante le merci in questione,
di

accettarle come base per la determinazione del valore
in dogana,

ma

esclusivamente se può dimostrare

che, rispetto alla vendita in questione, vi sono circostanze specifiche e pertinenti che hanno indotto ad
esportare le merci nel territorio doganale della Comunità.

19.Inoltre, circa i criteri pertinenti alla prova che
deve fornire il dichiarante, al §4 precisa: “Ai
dell’applicazione della
147,

fini

terza frase dell’articolo

la dimostrazione che le merci sono state

vendute per l’esportazione

nel territorio doganale

della Comunità può includere i seguenti elementi
di

prova: – le merci sono fabbricate in conformità

delle specifiche CE o risulta evidente (in base ai
loro marchi ecc.) che non hanno altro impiego o
destinazione, – le merci in questione sono state fabbricate o prodotte specificamente per un compratore
nella Comunità europea, – merci specifiche sono ordinate da un intermediario che le ottiene da un fabbricante il quale le spedisce direttamente nella Comunità
europea”.

20.Indi, circa la responsabilità del dichiarante in caso di vendite successive, al §5.2 chiarisce: “Ai

sensi

delle disposizioni dell’articolo 147, il dichiarante
deve indicare su quale base intende determinare il valore in dogana delle merci, tenendo conto dei seguenti elementi probatori: (…) se la dichiarazione si basa
sulla terza frase dell’articolo 147 (cioè una vendita anteriore pertinente) gli elementi di prova presentati alla dogana devono dimostrare che la vendita
soddisfa i criteri di cui al precedente paragra201101855_4 – pag. 5

11 dichiarante può chiedere all’autorità doganale

fo 4.

Qualora il dichiarante non sia in grado

di

fornire le prove richieste in merito ad una vendita anteriore sulla cui base è stata presentata
una dichiarazione di valore in dogana, si dovrà ricorrere all’ultima vendita (…) per stabilire il
valore

in

dogana conformemente al metodo del valo-

re della transazione”.
esigere a titolo di prova per la determinazione del valore in dogana, il Commento n.6 del Comitato del codice
doganale (sezione valore in dogana) precisa:

tre dichiarazioni presentate

alla

“Come al-

dogana,

le

informazioni contenute in una dichiarazione di valore
in dogana possono richiedere di essere confermate
da prove. La dichiarazione del valore in dogana è
generalmente accompagnata da taluni documenti (ad esempio fatture) a sostegno di quanto dichiarato. (…) La
loro funzione principale è di riflettere il circuito
commerciale delle merci e di registrare i dati
relativi alle transazioni cui si riferiscono.
22.Sui punti sopra indicati convergono le linee interpretative offerte dai commenti del Comitato del codice
doganale contenuti nelle raccolte dei testi del 12 maggio 1997 (XX1/1129/96-IT; v. anche Circ. 27/11/1997 n.
303 – Min. Finanze) e dell’8 ottobre 2003 (TAXUD/800/
2002-IT).
23.Tanto premesso, si osserva che la funzione della documentazione di riscontro della dichiarazione di valore
è di riflettere il circuito commerciale delle merci e
di registrare i dati relativi alle transazioni cui si
riferiscono. Nella specie allegare le fatture di vendita anteriore, da società lussemburghese con filiale in
Turchia a società svizzera, di tessuti turkmeni in cotone greggio non dimostra affatto, né sul piano logico
né su quello circostanziale, la loro obiettiva destinazione comunitaria quali merci fabbricate in conformità
delle specifiche CE o non aventi altro impiego o destinazione, ovvero prodotte specificamente per un
compratore nella Comunità europea, oppure ordinate da
201101855_4 – pag. 6

21.Sui documenti e sulle informazioni che la dogana può

un intermediario a un fabbricante che le spedisce direttamente nella Comunità europea, secondo quanto richiesto dal Comitato del codice doganale (Commento n.7,
5 3.2.2 e .54).
24.Né vale invocare, a riprova della pretesa destinazione comunitaria, il fatto che i tessuti sono scortati
da certificato FORM-A. Esso nulla ha a che vedere con

agevolazioni tariffarie adottate dall’UE mediante il
“sistema delle preferenze generalizzate”. E’ rilasciato, su richiesta dell’esportatore ed è corredato dai
documenti annessi a giustificazione che le merci da
esportare, essendo originarie, beneficiano del trattamento daziario preferenziale (salvo verifica della correttezza da parte delle autorità del Paese importatore,
nei modi previsti dalla normativa comunitaria). Dunque,
di norma, il FORM-A riguarda la fase terminale della
vicenda circolatoria, cioè l’uscita delle merci per
l’introduzione nel Paese comunitario. L’eventuale identità fisica tra i tessuti indicati nella fattura della
vendita anteriore, poi utilizzata per la dichiarazione
di valore in dogana secondo la “first sale rule”, e
quelli riportati nella fattura di rivendita (ultima
vendita) alla soc. Caleffi è del tutto irrilevante sul
piano logico-giuridico, attesa la mancanza di qualsivoglia dato obiettivo che renda “ab origine” chiara la
destinazione comunitaria delle merci, o perché lavorate
in conformità di specifiche CE (Commento n.7, 54), o
per la peculiare finalizzazione della vendita anteriore
(Commento n.7, 5 3.2.2), il che non risulta.
25.Sotto altro profilo, è la stessa soc. Caleffi a sostenere che vi sarebbe stata “consegna della merce al
secondo intermediario, quello da cui ha acquistato la
ricorrente, direttamente ad opera del fabbricante”
(controric. pag.5); dunque, non si tratta affatto di
“merci specifiche … ordinate da un intermediario che le
ottiene da un fabbricante il quale le spedisce direttamente nella Comunità europea”.

Del tutto irrilevante

resta l’ipotesi che la società lussemburghese Lassare
2011018554- pag. 7

l’applicazione della “first sale rule”, ma riguarda le

Trading Limitaed possa aver commissionato la merce al
fabbricante Ashkhabad-Textile con destinazione Italia e
invio diretto dal Turkmenistan. E’, infatti, divenuto
definitivo l’atto impositivo nel capo sulla negata origine preferenziale, per mancato rispetto proprio della
regola del trasporto diretto delle merci (in realtà
transitate per la Turchia e prive del certificato di

te). Dunque, è da escludere che si possa parlare, anche
ai fini della “first sale rule”, di fabbricante che
“spedisce direttamente nella Comunità europea”.

Infat-

ti, da un lato è pacifico che, nella specie, non si
tratta dii prodotti il cui trasporto si effettua
senza attraversamento del territorio di altri paesi, dall’altro non è più controverso il mancato rispetto del regole, tassativamente stabilite dall’art.78
DAC, perché le merci siano considerate come trasportate direttamente dal paese beneficiario nella Comunità, ancorché ciò avvenga attraverso il territorio
di paesi diversi dal paese beneficiario o dalla Comunità.
26.In conclusione, manca la dimostrazione, da parte
della importatrice soc. Caleffi, dei tre requisiti necessari per l’applicazione più larga della “first sale
rule” suggerita dal Comitato: (i) le merci importate
sono semplici tessuti di cotone greggio e, dunque, non
può dirsi che

“le merci sono fabbricate in conformità

delle specifiche CE o risulta evidente (in base al
loro marchi ecc.) che non hanno altro impiego o
destinazione;

(ii) i tessuti sono stati commissionati

al fabbricante turkmeno da un primo intermediario ExtraCE e, dunque, non può dirsi che

“le merci in que-

stione sono state fabbricate o prodotte specificamente
per un compratore nella Comunità europea”;

(iii) i tes-

suti sono giunti nel territorio doganale comunitario
(Italia) non direttamente dall’iniziale Paese esportatore (Turkmenistan) ma tramite un paese ExtraCE (Turchia) senza rispettare l’art.78 DAC e, dunque, non può
dirsi che

“si tratti di merci specifiche (…) ordinate
201101855_4 – pag. 8

non manipolazione o di altra documentazione equipollen-

da un intermediario che le ottiene da un fabbricante
il quale le spedisce direttamente nella Comunità europea”.
27.Ne deriva l’inapplicabilità del prezzo per la vendita anteriore (tra primo e secondo intermediario) in
luogo del prezzo pagato per l’ultima vendita (tra il
secondo intermediario e la ditta importatrice) e, concon cassazione senza rinvio della sentenza d’appello e
rigetto nel merito del ricorso introduttivo (non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto).
28.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo (cfr. S.U.
17405/12); l’evolversi della vicenda processuale fa
stimar equa la compensazione di tutte le spese dei gradi di merito.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente, che condanna alle spese
del giudizio di legittimità, liquidate in

.3,910,

ol-

tre alle spese prenotate a debito; compensa le spese
dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2013.

seguentemente, l’accoglimento del ricorso del Fisco,

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