Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24894 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 25/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 25/11/2011), n.24894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.I.C.I. TERMOIDRAULICA CIVILE INDUSTRIALE S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MONTELLO 30, presso lo studio dell’avvocato

ELEUTERI CLAUDIA, rappresentata e difesa dall’avvocato FRATINI

ORESTE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS, S.C.C.I.

S.p.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi

dagli avvocati MARITATO LELIO, CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA,

giusta delega in atti;

– I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati ZAMMATARO VITO, PIGNATARO ADRIANA,

che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

– I.N.A.I.L. – quale mandatario dell’INAIL Società di

Cartolarizzazione p.A.., G.E.T. GESTIONE ESATTORIE E TESORERIE

S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 25/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 16/02/2007 R.G.N. 915/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO per delega MARITATO LELIO;

udito l’Avvocato CATALANO GIANDOMENICO per delega ZAMMATARO VITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato in data 15-18 giugno 2007, la T.I.C.I. (termoidraulica civile industriale) s.r.l. chiede, con tre motivi, la cassazione della sentenza depositata il 13 febbraio 2007 e notificata il successivo 19 aprile, con la quale la Corte d’appello di Firenze ha respinto l’appello della società nei confronti di INPS (anche quale mandatario della società di cartolarizzazione S.C.CI. s.p.a), INAIL e G.E.T. s.p.a. (concessionaria del servizio di esazione dall’INPS) avverso la decisione di primo grado di rigetto dei due ricorsi riuniti proposti dalla società, ambedue nascenti dall’accertamento ispettivo del 30 maggio 2001: il primo, per la dichiarazione della insussistenza di propri obblighi contributivi con riguardo alla posizione di alcuni lavoratori di imprese terze che gli ispettori avevano ritenuto interposte dalla T.I.C.I. attraverso un appalto vietato di mera manodopera ad una impresa terza nonchè con riguardo ai propri dipendenti relativamente alla corresponsione di una indennità di trasferta ritenuta dagli ispettori mera retribuzione; il secondo per fare opposizione alla cartella esattoriale che le aveva intimato il pagamento all’INPS della somma di Euro 211.312,47 per le omissioni contributive relative ai fatti indicati nel suddetto accertamento ispettivo.

In proposito, la Corte territoriale, dopo avere correttamente individuato i connotati della fattispecie di intermediazione di manodopera vietata dalla legge 1369/1960 – applicabile ratione temporis ai fatti esaminati -, ne ha accertato, sulla base della puntuale analisi e valutazione del materiale istruttorio raccolto (contratto di appalto dalla Lonza s.p.a. alla T.I.C.I. s.r.l. per la manutenzione impiantistica all’interno dello stabilimento della prima e contratto di subappalto dalla T.I.C.I. ad altre imprese – Eurosystem s.a.s., I.M.I. s.r.l.- per l’esecuzione di lavori termici, idraulico-sanitari, di carpenteria; verbale ispettivo contenente sia fatti direttamente rilevati dagli ispettori che dichiarazioni di altri soggetti, audizione di testimoni), la ricorrenza nel caso esaminato. La Corte ha altresì accertato la natura fittizia della qualificazione come indennità di trasferta di un emolumento retributivo fisso corrisposto dalla T.I.C.I. ai propri dipendenti al di fuori delle condizioni connotanti, nel contratto collettivo, l’ipotesi della trasferta.

Resistono alle domande della società sia l’INPS (nella duplice qualità) che l’INAIL con propri distinti controricorsi, mentre la G.E.T. s.p.a. non ha svolto difese in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Col primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 1969 del 1960 e il vizio di motivazione, in quanto la Corte territoriale non avrebbe tenuto adeguato conto delle testimonianze di B.D. e F.A., di cui riproduce alcuni stralci, dalle quali risulterebbe che le imprese su-bappaltatrici avrebbero impiegato attrezzature e strumenti di loro proprietà e avrebbero assicurato la presenza in cantiere di propri capi squadra, con l’incarico di dirigere e controllare i loro dipendenti, mentre le direttive generali del lavoro da svolgere sarebbero state impartite, di giorno in giorno, alla TI-CI, come alle imprese subappaltatrici, da incaricati della Lonza. Conseguentemente, i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere la riconducibilità della vicenda ad un fenomeno di intermediazione vietata di manodopera.

2 – Col secondo motivo viene enunciata la violazione dell’art. 2700 c.c. “circa la piena prova fino a querela di falso dei fatti attestati dal pubblico ufficiale nel verbale ispettivo” e la violazione “della normativa processuale che impone in sede di opposizione a cartella esattoriale l’onere della prova agli enti impositori opposti e non alla società ricorrente opponente ex arti.

115 e 116 c.p.c.”.

La seconda parte del motivo non è stata poi adeguatamente sviluppata nel corpo dello stesso e non compare comunque nel quesito di diritto, il quale – ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis al caso in esame – circoscrive l’ambito delle censure di diritto svolte in questa sede. Quesito, che è formulato nei seguenti termini “Dica la … Corte… se possano i verbali di accertamento ispettivo ritenersi fidefacenti fino a querela di falso anche delle testimonianze ivi raccolte e se le risultanze istruttorie allegate nel verbale ispettivo possano prevalere sulle risultanze istruttorie espletate in udienza in contraddittorio (prova testimoniale contraria). Dica… se, considerato che ci si trova di fronte ad un giudizio di opposizione a cartella esattoriale, gli enti impostori abbiano assolto al proprio onere della prova, depositando soltanto il verbale ispettivo, quando invece la società ricorrente opponente ha fornito idonea prova contraria alle risultanze istruttorie ispettive”.

3 – Infine, col terzo motivo, la società denuncia il vizio di motivazione della sentenza “in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. circa l’ammissibilità e la valutazione delle prove”. In particolare, oltre al richiamo delle censure svolte nei precedenti motivi, la ricorrente censura la decisione della Corte territoriale per contraddittorietà, in ragione del fatto che, pur avendo ritenuto insufficiente il materiale istruttorio raccolto dal primo giudice e avendo pertanto ammesso la prova testimoniale richiesta dalla società, aveva poi ritenuto convincente proprio gli elementi per primi indicati, sostanzialmente limitati al verbale ispettivo.

Il ricorso è manifestamente infondato e va respinto.

Il primo motivo è in realtà di difetto di motivazione, contrapponendo la società alle valutazioni ampiamente argomentate della Corte proprie diverse valutazioni in ordine al materiale istruttorio raccolto (e infatti anche i quesiti presuppongono l’esistenza di fatti viceversa secondo la Corte da dimostrare), senza peraltro svolgere specifiche censure in ordine all’iter logico seguito dalla sentenza.

In proposito, appare sufficiente richiamare il costante orientamento di questa Corte, secondo cui è devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, raggiunto attraverso la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, scegliendo tra di esse quelle ritenute idonee a sostenerlo all’interno di un quadro valutativo complessivo privo di errori, di contraddizioni e di evidenti fratture sul piano logico, nel suo interno tessuto ricostruttivo della vicenda (cfr., per tutte, Cass. S.U. 11 giugno 1998 n. 5802 e, più recentemente, ex ceteris, Cass., nn. 27162/09, 26825/09 e 15604/07) nonchè rilevare che su questo piano la sentenza impugnata non merita le pur generiche censure svolte dalla ricorrente.

Col secondo e terzo motivo la società equivoca anzitutto sul significato delle affermazioni della Corte in ordine alla interpretazione dell’art. 2700 c.c., viceversa corretta, in quanto la Corte distingue in maniera adeguata ciò che del contenuto del verbale ispettivo resiste fino a querela di falso (dirette rilevazioni degli agenti, come da es. la costatazione relativamente alla divisa indossata o alla timbratura del cartellino come TICI da parte dei pretesi dipendenti del subappaltatore) e ciò che è liberamente valutato dal giudice nel quadro complessivo delle risultanze istruttorie (dichiarazioni raccolte dagli ispettori, alcune delle quali provenienti dallo stesso presidente del c.d.a.

della TICI).

In ogni caso, l’accusa di privilegiare erroneamente, contraddittoriamente e immotivatamente le dichiarazioni raccolte dagli ispettori rispetto a quelle dei testimoni escussi dalla stessa Corte territoriale è manifestamente infondata, in quanto la Corte analizza in maniera esaustiva e appropriata tutte le risultanze istruttorie a partire dal contenuto del contratto di subappalto (di cui viene rilevata la significativa genericità di indicazione dell’oggetto e la mancanza di autonomia rispetto al settore di intervento della sub committente), procedendo poi alla evidenziazione delle dichiarazioni di natura latamente confessoria risultanti dal verbale ispettivo come pronunciate dal presidente del c.d.a. della società e infine al confronto tra i documenti, le dichiarazioni raccolte in sede ispettiva e quelle risultanti dalla prova testimoniale, in termini di maggiore o minore specificità, di vicinanza rispetto ai fatti, di maggiore o minore concordanza e presenza di riscontri, di maggiore o minore attendibilità dei dichiaranti.

Anche con tali motivi pertanto la società mira sostanzialmente a far prevalere le due testimonianze a lei favorevoli rispetto alla complessa valutazione di tutte alle risultanze istruttorie effettuata dai giudici di merito e quindi chiede inammissibilmente a questa Corte di legittimità una nuova valutazione di merito.

Nessuna censura viene infine svolta in ordine all’accertamento relativo alla natura retributiva delle somme erogate dalla società ai propri dipendenti a preteso titolo di indennità di trasferta.

Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, effettuato, con la relativa liquidazione, in dispositivo. Nulla per le spese di GET s.p.a., che non ha svolto difese in questa sede.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare a ciascuno dei contro ricorrenti le spese di questo giudizio, liquidate per ognuno di essi in Euro 60,00 per esborsi ed Euro 5.000,00, oltre accessori, per onorari. Nulla per le spese di GET s.p.a.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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