Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24893 del 06/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 06/12/2016, (ud. 13/07/2016, dep. 06/12/2016), n.24893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11214/2014 proposto da:

CONSORZIO COOPERATIVO LATTERIE FRIULANE SOC. COOP. A RL in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO

SINOPOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO SIMEONI giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAMPOFORMIDO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO ORESTANO 21, presso

lo studio dell’avvocato FABIO PONTESILLI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TIZIANO BORLINA giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 51/2014 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE,

depositata il 29/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato SIMEONI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PONTESILLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

Il Consorzio Cooperativo Latterie Friulane soc.coop.agr. propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 51/11/14 del 29 gennaio 2014 con la quale la commissione tributaria regionale di Trieste, in parziale riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento notificato dal Comune di Campoformido per ICI 2007, e relative sanzioni, sull’immobile da esso ricorrente utilizzato per la lavorazione dei prodotti agricoli dei consorziati.

Ha rilevato, in particolare, la commissione tributaria regionale che, ai fini dell’ottenimento dell’esenzione ICI, era dirimente la classificazione catastale D10; nella specie ottenuta dall’immobile in oggetto solo a far data dall’ottobre 2008, risultando invece che nell’anno 2007 l’immobile stesso era ancora iscritto a catasto in categoria D1, con conseguente esclusione del carattere di ruralità e della relativa esenzione.

Resiste con controricorso il Comune di Campoformido.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Con il primo motivo di ricorso il consorzio lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione o falsa applicazione dei seguenti articoli di legge: D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter, conv. in L. n. 124 del 2013; – D.L. n. 201 del 2011, conv. in L. n. 214 del 2011; – D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis, conv. in L. n. 106 del 2011; – D.L. n. 557 del 1993, art. 9 conv. in L. n. 133 del 1994.

Ciò per avere la commissione tributaria regionale erroneamente escluso che l’immobile consortile in oggetto (posto in categoria catastale D10 dal 27 ottobre 2008) usufruisse di questa classificazione già nell’anno 2007, nonostante che: tale immobile fosse originariamente iscritto in categoria D1, ma con annotata parificazione D10 ai sensi della circolare n. 96 del 9 aprile 1998 Ministero delle Finanze, Dipartimento Territorio (come da denuncia di variazione e visura dell’agenzia del territorio 16 maggio 2002, prodotte in giudizio, sub 1) e 2) in allegato alla memoria difensiva 14 maggio 2012 in primo grado); – in data 30 settembre 2011 fosse stata presentata domanda di variazione catastale in D10 D.L. n. 70 del 2011, ex art. 7, comma 2 bis, convertito in L. n. 106 del 2011, con conseguente attribuzione della categoria D10 “a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda” (in forza della norma di interpretazione autentica, con efficacia retroattiva, di cui al D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter conv. in L. n. 124 del 2013); tale documento (allegato al ricorso per cassazione sub 3)) era stato oggetto di istanza di produzione nel corso dell’udienza di discussione avanti alla commissione tributaria regionale, prima incombenza processuale dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 102 del 2013 cit..

Con il secondo motivo di ricorso il consorzio lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Ciò per non avere la commissione tributaria regionale pronunciato alcunchè sulla sua domanda subordinata di annullamento dell’avviso di accertamento in oggetto, quantomeno in ordine alle sanzioni applicate; non dovute, attese le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della normativa Ici in materia di fabbricati rurali.

p. 2.1 E’ fondato – con effetto assorbente della seconda doglianza – il primo motivo di ricorso.

Va in primo luogo qui ribadito l’orientamento di legittimità in tema di Ici dei fabbricati rurali, non monolitico ma largamente prevalente, secondo cui: – per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è dirimente l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 per le unità abitative, o D/10 per gli immobili strumentali); sicchè l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 (conv. in L. 26 febbraio 1994, n. 133) non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. n. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis (conv. in L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a); – per converso, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale (di non ruralità), è onere del contribuente, che invochi l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi altrimenti quest’ultimo assoggettato; – allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’Ici.

Si tratta di orientamento già fissato dalla sentenza SSUU n. 18565/09, secondo cui (in motiv.): “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.

A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14); più recentemente confermate da Cass. n. 16737/15.

Ha in particolare osservato quest’ultima pronuncia – resa in fattispecie di fabbricato utilizzato per la manipolazione e per la trasformazione di prodotti agricoli conferiti dai soci di una società cooperativa – che: “non ha alcuna rilevanza nel caso in esame la questione dello svolgimento o meno, nel fabbricato di cui trattasi, di attività diretta alla manipolazione o alla trasformazione di prodotti agricoli (conferiti dai soci come da chiunque altro). L’esenzione dall’Ici per i fabbricati di tipo rurale segue il criterio della determinazione catastale, nel senso che per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10). Solo l’immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 (convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. n. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1-bis, (convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a). Cosicchè, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, quest’ultimo restandovi, altrimenti, assoggettato”.

Nello stesso senso, di recente, Cass. 20/04/2016 n. 7930, secondo cui: “In tema d’ICI, ai fini del trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale dell’immobile, per cui l’immobile iscritto come “rurale”, con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1 bis, del D.L. n. 207 del 2008 e dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), mentre, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione, impugnare l’atto di classamento; fermo restando, invece, che se il fabbricato non risulti iscritto in catasto e il contribuente agisca per ottenere il rimborso dell’imposta, l’accertamento della ruralità può essere immediatamente compiuto dal giudice, ma incombe al contribuente dimostrare la sussistenza dei requisiti del D.L. n. 557 del 1993, ex art. 9″.

Si è detto che l’orientamento di legittimità così delineato non è scevro da alcuni precedenti di segno contrario (v. Cass. 16973/15; 10355/15; 14013/12 e talune altre), secondo i quali l’esenzione dall’Ici dovrebbe venire riconosciuta in ragione del solo carattere di ruralità concretamente rivestito dall’immobile (nel senso, ricordato, di strumentalità all’esercizio dell’attività agricola), a prescindere dal suo classamento catastale.

Si tratta però di voci, largamente minoritarie, che si ritiene in questa sede di dover disattendere; segnatamente perchè non basate su una revisione critica del problema tale da poter superare quanto già affermato dalle SSUU del 2009, cit…

Va infatti osservato come queste ultime si siano fatte carico anche dei profili di jus superveniens riconducibili all’emanazione di due norme rilevanti (entrambe di efficacia retroattiva): – il D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis, conv. in L. n. 222 del 2007, come introdotto dal D.L. n. 159 del 2007, art. 42 bis, conv. in L. n. 222 del 2007, secondo cui: “ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 c.c. e in particolare destinate: (…) 1) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi di cui al D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 1, comma 2; (…)”; – il D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, conv. in L. n. 14 del 2009, secondo cui: “Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133 e successive modificazioni”.

Nel prendere in esame, in particolare, quest’ultima disposizione (successiva e presupponente quella introdotta dall’art. 42 bis cit.), le SSUU hanno tratto argomento per affermare come la disciplina sopravvenuta, lungi da smentire la necessaria rilevanza, ai fini Ici, della classificazione catastale, l’abbia ulteriormente confortata e resa imprescindibile; al punto che l’obiettivo di sottrarre il fabbricato strumentale all’imposizione di un tributo che trova il suo presupposto proprio nella natura di fabbricato accatastato o accatastabile del cespite (D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2) è stato perseguito dal legislatore (D.L. n. 207 del 2008, ex art. 23 cit.) mediante, non già l’esenzione dalla classificazione in categoria catastale di ruralità, bensì – e più in radice – attraverso l’espunzione di tali unità immobiliari, così accatastate, dalla nozione legislativa medesima di fabbricato.

Hanno in proposito osservato le SSUU – riaffermando la “decisività della classificazione catastale come elemento determinante per escludere, o affermare, l’assoggettabilità ad Ici di un fabbricato” – che la norma da ultimo citata, di natura interpretativa, “sostanzialmente conferma che la ruralità del fabbricato direttamente ed immediatamente rileva ai fini della relativa classificazione catastale, ma ricollega a questa conseguita classificazione l’esclusione del fabbricato (catastalmente riconosciuto come) rurale dalla stessa nozione di fabbricato imponibile ai fini Ici”.

Affermazione, quest’ultima, certamente valida anche nell’interpretazione del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis cit..

Con la conseguenza che non è dato al giudice tributario investito di richiesta di rimborso (salvo il caso, qui non ricorrente, di fabbricato non iscritto in catasto) di accertare in concreto, incidentalmente, il carattere rurale del fabbricato di cui si sostenga l’esenzione da Ici.

Nemmeno, i su richiamati precedenti giurisprudenziali di segno contrario possono trovare condivisione alla luce dell’ulteriore jus superveniens costituito: dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, che, all’art. 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il 30 settembre 2011) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante che l’immobile possedeva i requisiti di ruralità di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, convertito in L. n. 133 del 1994, e modificato dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 42 bis, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”; – dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214, che ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”; – dal D.M. Economia e Finanze 26 luglio 2012, che ha stabilito, all’art. 1, che “Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralita, si applicano le disposizioni richiamate al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133. Art. 2 Presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di rurali”; – dal D.L. n. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, all’art. 2, comma 5 ter, che ha stabilito che “ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 3, comma 14 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”.

Si tratta infatti di disposizioni che rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme.

p. 2.2 Premessa dunque la decisività ai fini di causa del classamento catastale, si osserva come, nella sentenza impugnata, la commissione tributaria regionale abbia rilevato che: “dalla documentazione in atti risulta che nell’anno 2007 il fabbricato in questione era iscritto in catasto in categoria D1, come risulta dalla visura storica per immobile 11 ottobre 2010 e come confermato dall’agenzia del territorio con nota n. 160803 del 25 giugno 2012 in risposta alla richiesta formulata dalla commissione tributaria provinciale con ordinanza del 29 maggio 2012. Soltanto con la variazione 27 ottobre 2008 n. 50598, dal 27 ottobre 2008, per ampliamento-diversa distribuzione degli spazi interni, all’unità immobiliare in argomento è stata attribuita la categoria D10, e solo da quel momento l’unità medesima risulta esente da Ici”.

Questa affermazione confligge con il dettato normativo, su menzionato, di cui al D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter, convertito in L. n. 124 del 2013; in forza del quale le domande di variazione catastale, ai fini del riconoscimento del requisito di ruralità, producono effetto “a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”.

Nel caso di specie, risulta che il consorzio avesse usufruito dell’opportunità di legge, presentando in data 30 settembre 2011 la relativa domanda per il riconoscimento del classamento di ruralità; con conseguente effetto retroattivo anche a valere sull’anno di imposizione Ici – il 2007 – oggetto del presente giudizio. Si osserva in proposito, da un lato, che tale documento doveva essere acquisito nel corso del procedimento di appello, in quanto rinveniente da una sopravvenuta modificazione normativa e, inoltre, indispensabile ai fini della decisione; e, dall’altro, che il riconoscimento retroattivo del classamento catastale previsto dall’ente in esame non era precluso dal fatto che l’immobile avesse già ottenuto formale classificazione D10 a far data dall’ottobre 2008, non potendo questa circostanza di per sè precludere al contribuente di usufruire degli effetti di vantaggio di tale classamento, come previsto per legge, anche per il quinquennio anteriore.

Viene dunque accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata con accoglimento – mediante decisione nel merito ex art. 384 c.p.c. – del ricorso introduttivo proposto dal consorzio avverso l’avviso di accertamento Ici 2007 e relative sanzioni.

Le spese dell’intero giudizio vengono compensate in ragione della complessa evoluzione normativa e giurisprudenziale della materia, come intervenuta anche in corso di causa.

PQM

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del Consorzio;

compensa le spese.

v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

dà atto della non-sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 13 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2016

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