Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24891 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 25/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 25/11/2011), n.24891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CORTE DEI CONTI, in persona del Presidente in carica, domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

N.I.I.;

– intimata –

Nonchè da:

N.I.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLA VITE 7, presso lo studio dell’avvocato MASINI MARIA STEFANIA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NESPOR STEFANO,

giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

CORTE DEI CONTI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 813/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/06/2008 r.g.n. 359/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato MATTIOLI ANNA per delega MASINI MARIA STEFANIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbimento del ricorso incidentale.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte dei conti chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Milano, pubblicata il 30 giugno 2008 nei confronti di N.G.I..

La N., ex dipendente dell’amministrazione delle Poste e telecomunicazioni, collocata in posizione di comando presso la Corte dei conti, transitò infine nei ruoli della Corte in data 30 ottobre 2001.

Presso le Poste era inquadrata nella 5^ qualifica funzionale – profilo di operatore specializzato nell’esercizio, confluito poi nell’Area operativa. Alle dipendenze della Corte dei conti venne inquadrata nell’area professionale B, livello retributivo B2, secondo la classificazione introdotta con il ccnl comparto ministeri 1998- 2001.

Convenne in giudizio la Corte, assumendo che tale inquadramento non fosse corretto, e chiedendo il riconoscimento del livello B3, con le relative conseguenze sul piano retributivo.

Il Tribunale di Milano accolse il ricorso, dichiarò il diritto all’inquadramento nella posizione economica B3 dal 2 novembre 2001 e condannò la convenuta al pagamento delle differenze retributive.

La Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione, ritenendo fondato il giudizio del primo giudice sulla corrispondenza della qualifica rivestita nella amministrazione delle Poste con qualifica più elevata richiesta dalla ricorrente e ritenendo, altresì, che tale qualifica più elevata corrispondesse anche alle mansioni svolte in concreto dalla N. presso la Corte dei conti, prima in posizione di comando, poi a seguito del passaggio definitivo.

La Corte dei conti articola il ricorso in tre motivi.

La N. si difende con controricorso contenente un ricorso incidentale condizionato al caso in cui si ritenesse corretto l’inquadramento operato dalla Corte dei conti.

La N. ha anche depositato una memoria.

Con il primo motivo del ricorso principale, la Corte dei conti denunzia il seguente vizio: “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Si assume che la sentenza “non contiene alcuna motivazione idonea a rendere palese l’iter logico giuridico che l’ha condotta al rigetto del gravame” e che le affermazioni della Corte d’appello “non consentono di comprendere su quale effettiva ricostruzione giuridica poggi la ratio decisoria”.

Tale impostazione del motivo, cui è conforme il suo sviluppo, non rientra nell’ambito dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Come si è più volte specificato “Il motivo di ricorso con cui – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo. (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui ci si era limitati a denunciare la mancata motivazione da parte del giudice in ordine alle argomentazioni esposte dal ricorrente nel giudizio di appello, senza, però, individuare i fatti specifici, controversi o decisivi in relazione ai quali si assumeva fosse carente la motivazione medesima)” (Cass., ord., 5 febbraio 2010, n. 2805).

Nel caso in esame non si censura la motivazione in ordine all’accertamento di un fatto, ma si censura l’argomentazione giuridica.

Peraltro la censura è di “omissione” (non di insufficienza o contraddittorietà) della motivazione, mentre è indiscutibile che la Corte ha motivato sul punto.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione delle specifiche professionali B1, B2, e B3 del ccnl 1998-2001 Comparto ministeri e degli artt. 40-43 del ccnl per i personale dell’Ente Poste italiane per il triennio 1994-1997, nonchè della L. n. 797 del 1981, art. 3.

La tesi è così enunciata nel ricorso: “il giudice di merito si è limitato ad una affermazione apodittica circa la non equivalenza tra le mansioni previste nell’ambito della 5^ categoria di appartenenza del vecchio sistema dell’amministrazione postale con quelle previste per l’attribuita posizione economica B2. Ebbene, tale giudizio non è in alcun modo convincente”.

E’ evidente che si censura in questo modo quello che è un giudizio di merito della Corte d’appello. Non si pone una questione di diritto, ma si contesta la valutazione del giudice di merito.

La valutazione del giudice di merito è duplice, come si desume dalla sua motivazione. Da un lato, ha posto a confronto le diverse declaratorie contrattuali spiegando perchè ritiene che la qualifica riconosciuta nell’ente di provenienza corrisponda alla posizione B3 nel nuovo ambiente di lavoro, dall’altro ha motivato il perchè la posizione B3 corrisponda anche alle mansioni in concreto svolte alle dipendenze della Corte dei conti.

Entrambe le affermazioni sono motivate e non presentano vizi logici.

La diversa valutazione proposta dalla ricorrente senza individuare specifici vizi logici e senza peraltro individuare quali canoni ermeneutici sarebbero stati violati nella interpretazione che si assume non corretta delle norme collettive, rientra nel campo del giudizio di merito e si colloca fuori dal perimetro del giudizio di legittimità.

Con il terzo motivo si denunzia violazione della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 10, e della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 11, nonchè dell’art. 1337 c.c., dell’art. 1362 c.c., comma 2, e art. 1375 c.c..

Nella esposizione del motivo vengono formulate due tesi.

La prima è che la comparazione tra qualifiche da porre a base dell’inquadramento presso il nuovo datore di lavoro doveva fare riferimento come qualifica di origine non a quella che la lavoratrice aveva quando era alle dipendenze di Poste, ma a quella riconosciutale in sede di comando presso la Corte dei conti.

La seconda è che, avendo la N. accettato l’inquadramento assegnatole in sede di comando, con tale comportamento concludente avesse accettato tale inquadramento in via definitiva.

Alla seconda tesi non corrisponde un quesito di diritto, il che rende inammissibile questa parte del motivo.

Quanto alla prima, la controricorrente assume che trattasi di tesi nuova, mai avanzata nei gradi precedenti e pertanto mai esaminata dai giudici di merito.

Manca in effetti, in violazione del criterio dell’autosufficienza del ricorso, qualsiasi riferimento al come e in che sede la questione sia stata proposta.

In ogni caso, la tesi è priva di fondamento della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 10, sancisce che le disposizioni sulla mobilità volontaria o concordata si applicano al personale dell’ente Poste italiane che alla data di entrata in vigore di tale legge era in posizione di comando o fuori ruolo. Il legislatore con tale norma indicava a quale personale dovesse applicarsi la normativa, ma non ha certo voluto dire, in difformità rispetto ad altre precise disposizioni sul punto, che per attribuire le qualifiche nella amministrazione di destinazione si dovesse fare riferimento non alle qualifiche in atto nell’ente di provenienza, ma a quelle attribuite in sede di comando presso la nuova amministrazione.

Il ricorso principale, pertanto, deve essere rigettato.

E’ superfluo l’esame del ricorso incidentale, essendo lo stesso condizionato all’accoglimento del principale.

Le spese devono essere poste a carico della parte che perde il giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il principale, assorbito l’incidentale, e condanna la ricorrente al rimborso alla controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 40,00 Euro, nonchè 2.500,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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