Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24888 del 04/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 04/10/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 04/10/2019), n.24888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7150/2015 proposto da:

D.P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ANGELOZZI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ALITALIA LINEE AEREE ITALIANE S.P.A., IN AMMINISTRAZIONE

STRAORDINARIA, in persona dei Commissari Straordinari, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO GHERA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato EDOARDO GHERA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2633/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/09/2014 R.G.N. 503/2009.

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza in data 10 settembre 2014, la Corte d’Appello di Salerno ha respinto il ricorso in riassunzione e, quindi, l’appello proposto da D.P.L. avverso la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda del dipendente volta ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto al ricalcolo dell’indennità di anzianità dovuta al 31 maggio 1982 e del TFR dovuto successivamente con inclusione nella base di calcolo dei compensi per lavoro straordinario e continuativo, notturno e in missione e la condanna della società resistente al pagamento delle somme dovute a titolo di tredicesima e quattordicesima, ferie, indennità di anzianità e TFR;

– in particolare, il giudice di secondo grado ha fondato la propria decisione sul difetto di prova, in ordine al primo periodo, circa lo svolgimento di lavoro straordinario e notturno, in ordine al secondo periodo, escludendo che la contrattazione collettiva avesse voluto contemplare una nozione onnicomprensiva di retribuzione;

– avverso tale sentenza propone ricorso D.P.L., affidandolo a quattro motivi;

– resiste, con controricorso, corredato da memoria, ALITALIA – Linee Aeree Italiane S.p.A. in Amministrazione Straordinaria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2121 c.c., nella precedente formulazione, dell’art. 1419 c.c., comma 2 e degli artt. 421 e 115 c.p.c., con il secondo motivo la violazione dell’art. 2120 c.c., come novellato dalla L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 1, mentre con il terzo si deduce la violazione del combinato disposto della medesima norma e degli artt. 7 e 25 dei CCNL 3.3.1984, 13.3.1988 e 13.6.1992, con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza e la violazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c.;

– il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente, sono infondati;

– la decisione di secondo grado con cui era stata parzialmente accolta la domanda introduttiva, oggetto di ricorso per cassazione, ha condotto il giudice di legittimità all’accoglimento ancora una volta parziale delle censure dell’Alitalia cassando la sentenza impugnata e rinviando al giudice d’appello sulla base dei seguenti principi: a) in ordine all’indennità di anzianità, afferente al periodo anteriore alle modifiche del 1982, possono essere considerati parte integrante della retribuzione i compensi di lavoro straordinario, notturno e festivo che abbiano carattere sistematico, non quelli di carattere occasionale; b) per il periodo successivo valgono le stesse considerazioni, quindi possono essere inseriti nella base di calcolo del TFR i compensi per lavoro straordinario, notturno e festivo solo se abbiano carattere sistematico e continuativo, non quando siano occasionali, in questo caso, l’art. 2120 c.c., in vigore dopo il 1982 prevede che debbano essere inserite dette voci laddove non vi sia deroga da parte della contrattazione collettiva;

– il giudice di secondo grado, in sede di riassunzione, ha fatto buon governo di tali principi;

– con riguardo al primo periodo, infatti, la Corte d’Appello ha affermato che “non risulta in alcun modo provato che l’attuale appellante abbia prestato attività di lavoro straordinario e notturno” asserendo, altresì, che i conteggi allegati dal D.P. erano limitati a due anni e che nell’atto introduttivo non erano indicati nè l’orario di lavoro nè le buste paga;

– tale valutazione, come è evidente, è prettamente di merito e qualsiasi diversa considerazione si tradurrebbe in una rivisitazione del merito, inammissibile in sede di legittimità;

– per quanto concerne il secondo periodo, la questione posta alla Corte concerne la determinazione del trattamento di fine rapporto, ed in particolare se la quota di retribuzione da accantonare anno per anno, secondo il disposto della L. n. 297 del 1982, sia comprensiva anche del compenso per lavoro straordinario annualmente percepito;

– in via generale va osservato che l’art. 2120 c.c. – così sostituito dalla L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 1 e recante la disciplina del trattamento di fine rapporto – prevede che in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto calcolato sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso, divisa per 13,5;

– il comma 2, della medesima disposizione poi specifica che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del calcolo del T.F.R., comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese;

– pertanto il criterio è quello della omnicomprensività e, tuttavia, eccezioni allo stesso possono essere contemplate dalla contrattazione collettiva, che viene autorizzata anche a prevedere, ai medesimi fini, una diversa nozione di retribuzione;

– deve precisarsi che ai fini del calcolo del t.f.r. i criteri di quantificazione della retribuzione annua fissati dall’art. 2120 c.c., nuovo testo possono essere derogati solo dalla normativa collettiva intervenuta successivamente all’entrata in vigore della norma di legge e che tale deroga non può essere effettuata mediante il richiamo a norme pattizie previgenti;

la piana lettura del CCNL di categoria che interessa nel caso di specie induce ad affermare con tranquillante certezza, conformemente a quanto ritenuto dal giudice di secondo grado, che le parti contrattuali abbiano voluto escludere una nozione onnicomprensiva;

– l’eccezione alla regola generale posta dalla norma di legge richiamata (L. n. 297 del 1982, art. 2) deve ritenersi ricavabile “in modo chiaro ed univoco” dal CCNL di categoria che prevede, all’art. 7 del CCNL 13/03/1988 per gli impiegati ed operai dipendenti delle aziende di trasporto aereo – corrispondente ai precedenti e successivi contratti collettivi – una definizione di retribuzione mensile che espressamente viene dichiarata valida salvo i casi in cui sia diversamente disposto e che comprende lo stipendio di fatto nel quale, per esplicita indicazione, non possono essere fatte rientrare anche le voci del lavoro straordinario e notturno;

– nell’indicazione degli elementi retributivi costituenti lo stipendio di fatto, posti tra parentesi, e, cioè, minimo tabellare, aumenti periodici di anzianità, aumenti di merito, eventuali altre eccedenze sul minimo tabellare, deve leggersi una deroga implicita al canone legale dell’omnicomprensività sancito dall’art. 2120, commi 1 e 2, cit., secondo la precisa volontà della contrattazione collettiva;

– il richiamo agli emolumenti rientranti nella retribuzione annua di riferimento contenuto nel medesimo articolo, da ritenersi appunto tassativo e vale ad escludere la confluenza del lavoro straordinario non essendo lo stesso ricompreso fra le eccezioni nominativamente individuate in sede di contrattazione collettiva in modo chiaro ed univoco (cfr., sul punto, ex plurimis, Cass. n. 16618 del 5/11/2003, Cass. n. 365 del 13/01/2010; Cass. n. 16591 del 21/07/2014);

– conseguentemente, la prestazione di lavoro straordinario deve ritenersi positivamente esclusa dalla disposizione contrattuale e non computabile ai sensi dell’art. 2120 c.c., essendo la intentio legis di tale disposizione volta a ricomprendere tutti gli elementi retributivi a carattere non occasionale ma sussistendo una chiara volontà ad excludendum espressa dalle parti contrattuali;

– con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza e la violazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., per non aver la Corte d’appello tenuto conto del passaggio in giudicato della sentenza n. 5132/2007 che aveva condannato la società controricorrente al pagamento della somma di Euro 19.604,00;

– la sentenza sul quantum debeatur avrebbe, infatti, deciso in maniera definitiva ed incontrovertibile, così incidendo sia sulla sentenza rescindente della Suprema Corte che investiva l’an, sia la successiva decisione resa in sede di rinvio;

– il motivo è infondato;

– in base ai principi generali, infatti e per costante giurisprudenza di legittimità (cfr., sul punto, Cass. n. 11811 del 5 agosto 2003), la cassazione con rinvio della sentenza non definitiva che ha pronunciato sull’an determina la caducazione della sentenza definitiva sul quantum, debeatur dipendente completamente dalla prima;

– in tale ipotesi, peraltro, la sentenza non definitiva sul quantum è tamquam non esset ed infatti non è soggetta a reviviscenza neanche nell’ipotesi in cui la sentenza del giudice di rinvio in seguito a cassazione contenga affermazioni sovrapponibili a quelle cassate;

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto;

– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 3.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2019

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