Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24887 del 06/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24887 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 14786/2012 proposto da:
PROMEDIL S.A.S. (P.I.: 03905130484), in persona del legale rappresentante protempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti
Marco Milano e Alfredo Di Girolamo ed elettivamente domiciliata presso lo studio del
secondo, in Roma, via F. Confalonieri, n. 2; – ricorrente —
contro
CONDOMINIO DI VIA DEL BIANCOSPINO N. 13/21 di FIRENZE (C.F.: 93023000487), in
persona dell’amministratore pro-tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura
speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti Silvia Montani e Guglielmo Nonvel ed
elettivamente domiciliato nello studio della prima, in Roma, via Valle Corteno, n. 41;
– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 569 del 2011 della Corte di appello di Firenze,
depositata il 28 aprile 2011 (e non notificata).

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Data pubblicazione: 06/11/2013

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 ottobre 2013 dal

Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
letta la memoria difensiva depositata — ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. —

nell’interesse della ricorrente;
sentiti gli Avv.ti Marco Milani, per la ricorrente, e Silvia Montani, per il

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Ignazio Patrone, che ha concluso in senso conforme alla relazione ex art. 380 bis c.p. c. in
atti.
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 12 marzo 2013, la

seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con atto notificato in data 3 gennaio 1990 il Condominio sito in Via del Biancospino 13/21 (FI) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il giudice designato del Tribunale di Firenze, su ricorso della società Promedil, aveva ingiunto allo stesso di pagare alla detta società, la somma di lire 91.101.115, quale residuo corrispettivo per i lavori di manutenzione commissionatile dal medesimo Condominio. Con sentenza n. 1338/98 il Tribunale di Firenze, in parziale accoglimento dell'opposizione, accoglieva, per quanto di ragione, la formulata opposizione e rideterminava l'importo oggetto dell'ingiunzione ed ancora dovuto dal Condominio, riducendolo alla misura di lire 56.682.200. Avverso detta decisione proponeva appello il predetto Condominio, sostenendo che il costo dell'appalto era stato già interamente corrisposto, in quanto i pagamenti effettuati al Bandini, socio di fatto della Promedil, dovevano ritenersi ritualmente effettuati alla Promedil stessa. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza n. 1316/2000, accoglieva l'appello. 2 controricorrente; Con sentenza n. 1326/2004 la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla società Promedil avverso la suddetta decisione di secondo grado. Con atto di citazione per revocazione, notificato il 23 marzo 2005, la Promedil sosteneva di essere venuta a conoscenza di documenti (quale la sentenza n. 614/2001 della Corte d'Appello di Firenze con cui veniva definita la causa vedente tra il Condominio e il sig. società le somme ricevute dai condomini. Il Condominio si costituiva chiedendo il rigetto della domanda, in quanto inammissibile ed infondata, non sussistendo i presupposti di cui all'ad. 395 n. 3 c.p.c.. La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza n. 519/2011, depositata il 28 aprile 2011 e non notificata, rigettava la domanda di revocazione, compensando le spese di lite. Con ricorso per cassazione, notificato 18 giugno 2012 e depositato il 25 giugno 2012, la Promedil impugnava la suddetta sentenza emessa sull'istanza di revocazione, sulla base di tre motivi. L'intimato Condominio si costituiva con controricorso. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione o falsa applicazione dell'ad. 395 n. 3) c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.. Tale doglianza appare, all'evidenza, manifestamente infondata. Infatti, la Corte territoriale si è correttamente adeguata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui "ai fini dell'ammissibilità dell'impugnazione per revocazione ai sensi dell'ad. 395 n. 3 c.p.c., è necessario che l'impossibilità di produrre in giudizio il documento, che va riportata al fatto che esso era in precedenza sconosciuto o che era ignoto il luogo in cui si trovava, sia in correlazione con uno stato psicologico della parte non addebitabile in alcun modo a colpa". ( cfr. Cass., n. 4353 del 1984). In altri termini, per l'ammissibilità della revocazione prevista dall'ad. 395 n. 3 c.p.c. la forza maggiore, impeditiva della produzione in giudizio del documento decisivo, deve aver determinato non l'indisponibilità di esso, 3 Bandini) che dimostrava che il sig. Bandini non aveva mai versato nelle casse sociali della bensì l'ignoranza dell'esistenza o del luogo di conservazione del medesimo, non addebitabile a colpa della parte in nessun grado di giudizio e fino al momento in cui è possibile la predetta produzione, e le prove di tali circostanze, nonché del giorno della scoperta o del recupero del documento, devono esser indicate unitamente ai motivi della citazione per revocazione. della Corte fiorentina, il comportamento della Promedil non poteva considerarsi immune da colpa, essendo essa a conoscenza, fin dall'atto di opposizione a decreto ingiuntivo, dell'esistenza di un giudizio vedente tra il Condominio e il sig. Bandini e — per come affermato dalla stessa Corte d'Appello a pag. 7 della sentenza impugnata — avrebbe dovuto essere chiaro alla suddetta società, per la fisionomia stessa della lite, che per la definizione del rapporto obbligatorio con il condominio era necessario chiarire i rapporti tra questo e il Bandini". Legittimamente, pertanto, la Corte toscana ha ritenuto che il disinteresse manifestato per tale giudizio in corso, nonostante avesse la possibilità di chiamare in causa il sig. Bandini e eventualmente utilizzare tutte le possibilità istruttorie, previste dal codice di rito, aveva reso il comportamento della Promedil processualmente colpevole. Deve, perciò, ribadirsi il principio che è inammissibile l'impugnazione per revocazione, ai sensi dell'art. 395, n. 3, c.p.c., quando la parte abbia recuperato tardivamente il documento decisivo per fatto imputabile a sua negligenza (cfr. Cass. n. 6821 del 2009 e, da ultimo, Cass. n. 15242 del 2012). Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente ha denunciato l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.. Anche tale doglianza appare, ad avviso del relatore, manifestamente infondata. 4 Orbene, nel caso di specie, come correttamente rilevato nella motivazione dalla sentenza Infatti, essa porterebbe ad ottenere un riesame del merito su una questione che è già stata oggetto di un'argomentazione ampia, corretta e giuridicamente logica da parte della Corte territoriale. D'altronde, dall'incipit della frase della Corte fiorentina ("In ogni caso,....") è facilmente intuibile che la motivazione sia ad abundantiam e, dunque, solamente rafforzativa del colpevole il comportamento della Promedil. Pertanto, la contestazione non può ritenersi ammissibile davanti a questa Corte, riguardando, essa, un passaggio della motivazione attinente ad un fatto non decisivo ed apparendo, in ogni caso, la motivazione adottata congrua e logicamente ispirata ai principi giuridici precedentemente evidenziati. La conclusione nel senso dell'inammissibilità della censura, trova un solido riscontro in numerose pronunce di Codesta Suprema Corte, tra le quali, Cass., n. 13068 del 2007, secondo cui "é inammissibile in sede di legittimità il motivo di ricorso che censuri un'argomentazione della sentenza impugnata svolta "ad abundatiam" e, pertanto, non costituente una "ratio decidendi" della medesima, poiché un'affermazione siffatta contenuta nella sentenza d'appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici, non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse" (in senso conforme cfr. Cass. n. 11160 del 2004, per cui "le argomentazioni ultronee, che non hanno lo scopo di sorreggere la decisione già basata su altre decisive ragioni, sono improduttive di effetti giuridici e, come tali, non sono suscettibili di gravame, né di censura in sede di legittimità"; v., anche, Cass. n. 9963 del 2002, alla stregua della quale, "le affermazioni "ad abundatiam", contenute nella motivazione della sentenza, consistenti in argomentazioni rafforzative di quella costituente la premessa logica della statuizione contenuta nel dispositivo, vanno considerate di regola superflue e quindi giuridicamente irrilevanti ai fini della censurabilità 5 ragionamento in precedenza svolto dalla stessa Corte, con il quale essa ha reputato qualora l'argomentazione rafforzata sia di per sé sufficiente a giustificare la pronuncia adottata"; cfr. ex plurimis, Cass. n. 5778 del 1998; Cass, n. 2078 del 1990; più recentemente cfr. Cass. n. 18170 del 2006 e Cass. n. 3840 del 2007). Con il terzo motivo formulato, la ricorrente ha dedotto l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo la pacifici. Anche quest'ultima doglianza appare manifestamente infondata. Infatti, come emerge dalla lettura delle pagg. 8 e 9 della sentenza impugnata, la Corte territoriale è pervenuta alla sua decisione con motivazione congrua ed adeguata, dimostrando che i pagamenti fatti in favore di Si.ri non provavano alcunché, in quanto sarebbe stato necessario un nuovo accertamento peritale ed ulteriori analisi dei rapporti tra le parti. Ed infatti nell'impugnata sentenza si afferma correttamente che "quand'anche si dovesse ammettere la novità di tali specifici documenti ed addebitarne la mancata produzione al comportamento dell'avversario, l'acquisizione operata in questa sede, lungi dal dimostrare nitidamente l'erroneità della sentenza revocanda, imporrebbe una riapertura complessiva della valutazione probatoria, con esito incerto o quantomeno non scontato, sia dal punto di vista dell'imputabilità soggettiva dei flussi finanziari controversi, sia dal punto di vista della quantificazione oggettiva rispetto a ciascuno dei potenziali destinatari. Su questo tema, non a sproposito, il condominio ha già sollevato in prevenzione una serie di obiezioni, per dirimere le quali si renderebbe eventualmente necessaria una nuova c.t.u., non potendosi considerare intangibili le risultanze cui è pervenuto, fuori dal contraddittorio che distingue il presente procedimento, il rag. Gagliano incaricato dal Tribunale nell'altra causa. In sostanza, si tratterebbe di rinnovare l'analisi delle molteplici operazioni intervenute tra i condomini e il Bandini, nonché tra quest'ultimo 6 Corte travisato quelli che erano i fatti contestati in causa e quelli che erano, invece, i fatti ed altri interlocutori, quali Si.Ri e Promedil, per enucleare infine quali importi siano da attribuire a quest'ultima in forza del rapporto organico col percettore materiale. Per concludere, il confronto tra la decisione com'è passata in giudicato e la decisione come potrebbe risultare alla luce dei nuovi elementi messi in campo dall'attore in revocazione si rivela piuttosto problematico e comunque non immediatamente afferrabile, come tali non suscettibile d'innescare una revisione di merito fuori dai mezzi d'impugnazione ordinari'. Dunque, da quest'ampia ed esaustiva motivazione, appare, di tutta evidenza, la non decisività dei pagamenti fatti in favore di Si.ri e, quindi, anche per questo verso l'istanza di revocazione si sarebbe dovuta considerare inammissibile. In conclusione, si riconferma che, nella fattispecie in esame, sembrano sussistere i presupposti per la definizione del ricorso nelle forme camerali dell'art. 380 bis c.p.c., potendosi ravvisare la manifesta infondatezza di tutti i motivi formulati, in relazione all'ipotesi enucleata dall'art. 375 n. 5 c.p.c. ed avuto riguardo anche al disposto dell'art. 360 bis n. 1) c.p.c. >>.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti
nella relazione di cui sopra (sottolineandosi, oltretutto, anche il carattere assorbente della
valutazione — compiuta dalla Corte territoriale con motivazione logica ed adeguata — della
“non decisività” dei documenti ai quali era stata riferita la domanda di revocazione),
avverso la quale, peraltro, la memoria difensiva depositata—ai sensi dell’art. 380 bis,
comma 2, c.p.c. — nell’interesse della ricorrente non apporta nuove argomentazioni sul
piano giuridico che risultino idonee a confutare, in modo determinante, il contenuto della
relazione stessa, non emerse nemmeno all’esito della discussione orale fatta dai difensori
di entrambe le parti;

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investendo la formulazione di giudizi di tipo logico-giuridico e non puramente percettivo,

ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente

condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio (senza che,
oltretutto, si evincano le condizioni per la ulteriore condanna invocata dal controricorrente
ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.), liquidate nei sensi di cui in dispositivo, sulla scorta
dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n.

17405 del 2012).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 4 ottobre 2013.

140 (applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n.

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