Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24881 del 20/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 20/10/2017, (ud. 21/03/2017, dep.20/10/2017),  n. 24881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annnalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27310-2012 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;

– ricorrente –

contro

C.E., C.F. (OMISSIS), F.S. C.F. (OMISSIS),

R.D. C.F. (OMISSIS), L.G. C.F. (OMISSIS), tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO AMERICO, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ISETTA BARSANTI MAUCERI, GLORIA PIERI,

VITTORIO ANGIOLINI, giusta delega in atti;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

FI.SA., + ALTRI OMESSI

– intimati –

nonchè contro:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

FI.SA., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 882/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 25/09/2012 R.G.N. 376/2012 + altre.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 25.9.2012 la Corte di Appello di Genova in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda degli originari ricorrenti (lavoratori della scuola) di accertamento della illegittimità del termine apposto ai contratti a tempo determinato stipulati, in successione, e di conseguente condanna alla conversione in rapporti a tempo indeterminato e al pagamento del risarcimento del danno (“non specificamente dedotto nè provato”), ma ha riconosciuto agli stessi il diritto alla progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato e, per l’effetto, ha pronunciato condanna generica del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) al pagamento delle somme dovute;

che avverso tale sentenza il MIUR ha proposto ricorso affidato a un motivo;

che alcuni degli originari ricorrenti ( C.E., F.S., L.G., R.D.) hanno resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale affidato a sette motivi;

che il MIUR ha resistito al ricorso incidentale depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che il MIUR, nel denunciare plurime disposizioni di legge nonchè della direttiva 1999/70/CE, assume che i supplenti della scuola, legittimamente assunti sulla base di una disciplina speciale conforme alla direttiva europea, non sono comparabili ai dipendenti di ruolo in quanto sottoscrivono ogni anno un nuovo contratto del tutto autonomo rispetto al precedente;

che, dalla lettura complessiva della sentenza impugnata, si rileva chiaramente che oggetto della condanna è il riconoscimento del diritto alla progressione economica per fasce di anzianità previsto dalla contrattazione collettiva di settore (con esclusione del diverso istituto retributivo degli scatti biennali di anzianità di cui alla L. n. 312 del 1980, art. 53);

che ritiene il Collegio si debba rigettare il motivo di ricorso principale, perchè la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”;

che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il motivo di ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

che il ricorso incidentale proposto da C., F. e R. va rigettato in mancanza degli elementi decisivi ai fini del riconoscimento della illegittimità dei contratti a tempo determinati stipulati in successione, trattandosi di reiterazione protratta entro il limite dei trentasei mesi e/o finalizzata alla copertura di posti su organico c.d. di fatto;

che, invero, questa Corte ha affermato (cfr. ex multis Cass. n.26170/2016), che – per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 (sentenza n. 187/2016) e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 – è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4 citato, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico (c.d. organico di diritto), sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi;

che il ricorso incidentale proposto da L., lavoratore appartenente al personale ATA, va accolto, trattandosi di reiterazione protratta oltre il limite dei trentasei mesi e finalizzata alla copertura di posti su organico c.d. di diritto;

che si impone, peraltro, l’accertamento della eventuale immissione in ruolo, la quale, seppure avvenuta in corso di causa, deve ritenersi misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione”;

che, viceversa, in caso di mancata immissione in ruolo, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016.

che le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate tra le parti soccombenti (MIUR, con riguardo al ricorso principale e C., F. e R., quanto al ricorso incidentale) perchè le pronunce sopra richiamate sono intervenute successivamente alla proposizione dei ricorsi e sulla questione controversa la giurisprudenza di merito aveva espresso orientamenti contrastanti; in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità con riguardo al ricorrente in via incidentale L., provvederà, in sede di rinvio, la Corte di appello di Genova;

che non sussistono la condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale del MIUR e il ricorso incidentale di C.E., Firpo Sonia, R.D. e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità; accoglie il ricorso incidentale di L.G., cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2017

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