Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24880 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/11/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 06/11/2020), n.24880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15935/2014 R.G. proposto da:

Comerson s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo, in

persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, via Giulio Galli n. 132, presso lo studio dell’avv. Cassol

Barbara, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Masotti

Luca giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

e contro

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 175/42/13, depositata il 19 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2020

dal Consigliere Nonno Giacomo Maria.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con la sentenza n. 175/42/13 del 19/12/2013, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da Comerson s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo (di seguito Comerson) avverso la sentenza n. 253/18/12 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti della cartella di pagamento per tributi, contributi, sanzioni e interessi relativi agli anni d’imposta 2009 e 2010;

1.1. come si evince anche dalla sentenza impugnata, la cartella di pagamento era stata emessa, tra l’altro, per sanzioni IVA concernenti un debito antecedente alla procedura di concordato preventivo nonchè per interessi di mora;

1.2. la CTR motivava il rigetto dell’appello di Comerson osservando che: a) il debito IVA della società contribuente riguardava un periodo antecedente alla ammissione al concordato preventivo; b) l’omesso pagamento dell’imposta implicava un inadempimento sicuramente imputabile a Comerson a titolo di colpa, sicchè era dovuto il pagamento delle relative sanzioni; c) per quanto riguarda, invece, il saggio degli interessi di mora applicati, non si poteva fare riferimento a quello legale, comportando piuttosto l’ammissione al concordato preventivo la sospensione del corso degli interessi fino alla data di chiusura della procedura concorsuale;

2. Comerson impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

3. l’Agenzia delle entrate depositava atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa mentre il Ministero dell’economia e delle finanze restava intimato;

4. in data 9 luglio 2020 si è tenuta l’adunanza camerale nell’aula d’udienza della sezione V civile del palazzo della Corte di Cassazione alla presenza dei sig.ri magistrati Bisogni Giacinto, presidente, Manzon Enrico, consigliere, Saija Salvatore, consigliere, e con la presenza in collegamento remoto attraverso la piattaforma Microsoft Teams individuata con decreto dirigenziale adottato ai sensi del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, conv. con modif. nella L. 24 aprile 2020 n. 27 dal direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e pubblicato sul portale dei servizi telematici in data 20 marzo 2020 – dei sig.ri magistrati Nonno Giacomo Maria, consigliere, e Putaturo Donati Viscido Di Nocera Maria Giulia consigliere, ai quali è stata assicurata la disponibilità degli atti attraverso la medesima piattaforma.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. va pregiudizialmente dichiarata la carenza di legittimazione passiva a resistere nel presente giudizio del Ministero della economia e delle finanze, cui erroneamente è stato notificato il ricorso, essendo legittimata passivamente unicamente l’Agenzia delle entrate;

2. con il primo motivo di ricorso Comerson deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 3 e 27 Cost., del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 5 e 6, degli artt. 168 e 169 L. Fall., del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, degli artt. 1224 e 1284 c.c. e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

2.1. con riferimento alle sanzioni, si evidenzia che per la comminatoria delle stesse è necessario che il contribuente abbia agito volontariamente, commettendo l’illecito fiscale quanto meno colposamente, mentre nel caso di specie il comportamento della società contribuente sarebbe incolpevole, avendo deciso di sospendere i pagamenti al fine di non ledere la par condicio creditorum, facendo in buona fede affidamento sulla possibilità di ricorrere allo strumento del ravvedimento operoso, al quale non avrebbe potuto accedere per ragioni di forza maggiore;

2.1.1. in ogni caso, le sanzioni avrebbero dovuto essere ridotte ad un ottavo del minimo edittale e non già determinate in misura del trenta per cento del dovuto, in quanto, se non avesse aderito al concordato preventivo, la società contribuente avrebbe potuto beneficiare del ravvedimento operoso;

2.2. con riferimento agli interessi di mora, gli stessi non sarebbero dovuti e la società ricorrente ritiene corretta l’applicazione degli interessi legali;

3. il motivo è infondato con riferimento alle sanzioni mentre è fondato, nei limiti di cui meglio si dirà, con riferimento agli interessi;

3.1. come da ultimo evidenziato da questa Corte, “in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dalla L. n. 689 del 1981, art. 3, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. E’ comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza” (Cass. n. 2139 del 30/01/2020; sulla configurabilità di una presunzione della colpa in capo al contribuente si veda, altresì, Cass. n. 22329 del 13/09/2018);

3.2. nel caso di specie, la CTR ha correttamente applicato i superiori principi di diritto, ritenendo la sussistenza di un inadempimento dell’obbligazione tributaria in capo alla società contribuente in data antecedente alla presentazione del ricorso per concordato preventivo e la conseguente colpevolezza di quest’ultima;

3.3. Comerson sostiene che la sentenza impugnata non avrebbe considerato la propria assenza di colpa, derivante, in primo luogo, dalla necessità di sospendere i pagamenti in ragione del rispetto della par condicio creditorum e, secondariamente, dalla sussistenza di una causa di forza maggiore idonea ad impedire il pagamento;

3.4. a parte la considerazione che la valutazione della sussistenza in concreto della colpa della società contribuente è questione di merito, affidata alla valutazione del giudice di appello e insindacabile in cassazione se non per vizio di motivazione, sotto il profilo della violazione di legge va qui richiamato quanto affermato da un recente arresto di questa Corte (Cass. n. 9440 del 04/04/2019), le cui conclusioni si condividono;

3.4.1. l’obbligazione tributaria sorge con il verificarsi del presupposto di fatto al quale è ricollegata l’emersione del tributo, a fronte della quale la successiva attività accertativa dell’Amministrazione finanziaria attiene all’esercizio del diritto di credito e ha funzione ad essa strumentale, tanto che quest’ultima può limitarsi al controllo della regolarità formale e della completezza della dichiarazione del contribuente, senza procedere necessariamente alla notifica di un atto di accertamento;

3.4.2. ove il presupposto impositivo si sia verificato prima dell’apertura del concordato preventivo del debitore, i crediti tributari devono ritenersi anteriori al concordato, ai sensi degli artt. 168 e 184 L. Fall. (Cass. S.U. n. 4779 del 28/05/1987; Cass. n. 17637 del 10/08/2007);

3.4.3. la natura concorsuale dei crediti rinviene, pertanto, dalla mera circostanza che gli stessi si ricolleghino a un presupposto di fatto verificatosi in epoca precedente l’apertura di una procedura concorsuale; con la conseguenza che risulta irrilevante, al riguardo, la circostanza che, all’atto dell’apertura del concorso, non sia ancora intervenuto alcun accertamento;

3.4.4. analogamente, non può farsi distinzione tra emersione dell’obbligazione tributaria ed applicazione della sanzione pecuniaria, ove il presupposto della irrogazione della sanzione (infrazione) sia precedente l’apertura della procedura concorsuale, benchè l’atto di irrogazione della sanzione sia successivo all’apertura della procedura stessa;

3.4.5. le sanzioni pecuniarie, conseguenti alla violazione di leggi tributarie commesse in data antecedente all’apertura del concordato preventivo, danno luogo a un credito dell’Amministrazione finanziaria per il fatto stesso che si sia verificata la violazione della legge tributaria, sia che si verta in una fase fisiologica dell’impresa, sia che si verta nell’ambito di una procedura concorsuale, sicchè, in costanza di procedura concorsuale, l’esigibilità delle sanzioni tributarie non risulta congelata (Cass. n. 23322 del 27/09/2018; Cass. n. 7318 del 29/09/1987);

3.4.6. parimenti, l’azionabilità dei crediti tributari presuppone l’iscrizione a ruolo delle imposte e dei relativi accessori, per cui non può prescindersi dal successivo accertamento, quale che sia (anche in forma di liquidazione automatizzata D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis ovvero D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 54-bis, come sembra essere avvenuto nel caso di specie), dei debiti tributari concorsuali (non oggetto di preventivo accertamento) al fine della partecipazione dei suddetti crediti al concorso formale;

3.4.7. deve, pertanto, ritenersi che l’apertura di una procedura di concordato preventivo non è ostativa nè rispetto all’accertamento del credito tributario mediante iscrizione a ruolo ed emissione della cartella, nè rispetto alla irrogazione della sanzione pecuniaria e degli accessori, maturati sino alla apertura della procedura concorsuale;

3.4.8. quanto, poi, al richiamo alla forza maggiore, deve osservarsi che non può integrare forza maggiore o, comunque, causa estintiva dell’obbligazione una situazione di oggettiva difficoltà, anche finanziaria, non costituendo tale circostanza evento estintivo dell’obbligazione, ovvero causa legittima di impossibilità ad adempiere, in quanto trattasi di situazione che rientra nella sfera del normale rischio di impresa, analogamente al caso di mera difficoltà di gestione connessa a calo delle commesse e a crisi economiche congiunturali o strutturali (cfr. Cass. n. 3695 del 25/03/1992);

3.5. con riferimento, infine, alla richiesta (subordinata) di applicazione delle sanzioni previste per il ravvedimento operoso, cui non si è potuto procedere in pendenza di concordato preventivo, la stessa è inammissibile in quanto del tutto nuova;

3.6. venendo agli interessi di mora, va prima di tutto evidenziato che la cartella di pagamento prevede, normalmente, anche la corresponsione degli interessi maturati fino alla data della sua emissione;

3.6.1. successivamente alla notifica della stessa sono dovuti, sulla sola sorte capitale e, quindi, con esclusione degli interessi e delle sanzioni, gli interessi di mora di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 30;

3.6.1. ciò chiarito, si osserva che la natura privilegiata del credito, prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 62, comma 3, comporta che l’ammissione del contribuente al concordato preventivo non sospende la decorrenza degl’interessi dovuti per il ritardo nel versamento dell’imposta (e, dunque, sia di quelli relativi al singolo tributo, sia di quelli previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 30 a far data dalla notifica della cartella di pagamento): l’art. 55 L. Fall., comma 1, (richiamato, per il concordato preventivo, dall’art. 169 L. Fall.) fa, infatti, salvo quanto disposto dall’art. 54 L. Fall., comma 3, il quale, nel testo risultante dalla parziale dichiarazione di illegittimità costituzionale pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 162 del 2001, estende il diritto di prelazione agl’interessi, nei limiti di cui all’art. 2749 c.c., con la conseguenza che essi sono dovuti sia in corso di procedura che successivamente alla chiusura della stessa (così, sostanzialmente, Cass. n. 22881 del 11/11/2005; in via generale sugli interessi su crediti privilegiati in materia di concordato preventivo si veda Cass. n. 13357 del 07/06/2007; si vedano, altresì, in tema di liquidazione coatta amministrativa, Cass. n. 12551 del 04/06/2014; in tema di amministrazione straordinaria, Cass. n. 13923 del 31/05/2018; Cass. n. 9106 del 17/04/2009);

3.7. ciò significa che gli interessi sul credito IVA sono dovuti (cfr. Cass. n. 16084 del 21/09/2012): a) nella misura prevista dalle leggi tributarie per l’anno in corso all’apertura del concordato preventivo e per l’anno precedente; b) nella misura prevista dall’art. 1284 c.c. per il periodo successivo fino all’alienazione dei beni sui quali il privilegio può essere fatto valere;

3.8. entro i menzionati limiti, pertanto, il motivo proposto da Comerson è fondato e va accolto;

4. con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illogicità, la carenza e la contraddittorietà dei motivi addotti a fondamento dell’imputabilità delle sanzioni in capo alla società contribuente;

5. il motivo è inammissibile;

5.1. com’è noto, “le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3-bis, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546″, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito” (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014);

5.1.1. tali disposizioni si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione successivamente all’11 settembre 2012 (Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 24909 del 09/12/2015; Cass. n. 11439 del 11/05/2018) e, dunque, anche al presente giudizio, introdotto con appello depositato il 26/04/2013, come si evince dalla sentenza impugnata;

5.2. orbene, sulla questione della debenza delle sanzioni v’è stata pronuncia conforme del giudice di primo grado e di secondo grado, sicchè la sentenza della CTR non è impugnabile per vizio di motivazione;

6. in conclusione, va parzialmente accolto, nei limiti di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo; la sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per la determinazione in concreto della misura degli interessi dovuti e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie parzialmente il primo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione e rigetta, per il resto, il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

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