Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24878 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/11/2020, (ud. 06/07/2020, dep. 06/11/2020), n.24878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15473/2015 R.G. proposto da:

Z.G., rappresentata e difesa, in virtù di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Sebastiano Maurizio

Messina, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio

dell’Avv. Giuseppe Marini in via di Villa Sacchetti n. 9 (pec:

giuseppemarini.ordineavvocatiroma.org);

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (pec:

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici è

domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2039/06/14 della Commissione Tributaria

Regionale del Veneto, depositata in data 9/12/2014;

udita la relazione della causa svolta dal Dott. Angelo Napolitano

nella camera di consiglio del 6 luglio 2020.

 

Fatto

In data 30/7/2002, con atto pubblico di compravendita, registrato in data 2 agosto 2002 (serie (OMISSIS), numero (OMISSIS)), l’odierna ricorrente acquistò un terreno edificabile nel Comune di (OMISSIS), censito al fl. (OMISSIS), mappali nn. (OMISSIS), chiedendo l’agevolazione prevista dalla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, per l’acquisto di terreni edificabili rientranti nei piani urbanistici particolareggiati.

In data 21 agosto 2012, l’Agenzia delle Entrate, Ufficio territoriale di Vicenza 2, notificava alla Z. l’avviso di liquidazione n. (OMISSIS), revocando l’agevolazione e procedendo al recupero delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, non avendo ella edificato i terreni entro il quinquennio dall’acquisto.

La Z. propose ricorso dinanzi alla locale CTP deducendo la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, e del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 13, e dunque la decadenza dal potere impositivo dell’amministrazione. Dedusse anche la nullità dell’avviso di liquidazione con riferimento alla determinazione degli interessi.

Per quel che rileva ancora in questa sede, la CTP affermò che la mancata edificazione con la decadenza dall’agevolazione L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3, si era cristallizzata al 2 agosto 2007; che non era applicabile alla obbligazione tributaria della Z. la definizione agevolata di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 11, con la consequenziale esclusione della proroga biennale dei termini di rettifica e di liquidazione di cui alla citata L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1; che, dunque, il termine di decadenza dal potere di rettifica era di tre anni, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 76; che l’avviso di liquidazione avviato per la notifica dall’Ufficio in data 10/8/2012 era nullo in quanto tardivo.

Su appello dell’Agenzia delle Entrate, la CTR del Veneto riformò totalmente la sentenza di primo grado, affermando, per quel che in questa sede ancora rileva, che: la proroga biennale dei termini di cui alla L. n. 289 del 2002, si applica all’accertamento della decadenza dalle agevolazioni fiscali anche se, alla scadenza del termine previsto per la definizione agevolata dell’obbligo tributario, non si era ancora verificato a danno della contribuente un inadempimento da “condonare”, non essendo ancora scaduto il termine per il compimento dell’opera per la cui esecuzione erano state concesse le agevolazioni fiscali; trascorsi cinque anni dalla data di registrazione del contratto L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3, e della L. n. 448 del 2001, non essendosi verificato l’adempimento cui era condizionato il mantenimento delle agevolazioni fiscali godute con riferimento alla registrazione dell’atto di acquisto, la Z. aveva l’obbligo di denunciare il mancato avveramento della condizione, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, entro venti giorni dalla data di compimento del quinquennio dalla registrazione dell’atto di acquisto (22/8/2007), con la conseguenza che, alla data dell’avvio per la notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione (10/8/2012), l’amministrazione non era ancora decaduta dalla potestà di accertamento.

Contro la sentenza di appello la Z. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso l’amministrazione intimata.

La Z. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., oltre che il provvedimento di annullamento in autotutela dell’atto che le aveva irrogato la sanzione per l’inadempimento dell’obbligo della denuncia di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 1.

Diritto

1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53”, la Z. ha dedotto che il giudice di appello avrebbe violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, nella misura in cui ha giudicato ammissibile l’atto di appello ritenendo che l’Agenzia delle Entrate abbia efficacemente censurato la sentenza appellata nella sua globalità, criticandola per non avere, nel caso di specie, applicato la proroga di due anni del termine di accertamento previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1 bis.

A dire della odierna ricorrente, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe contrapposto alle motivazioni della CTP alcuna argomentazione idonea a dimostrare l’infondatezza sotto il profilo logico e giuridico della sentenza appellata.

1.1 Il motivo è infondato.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, contiene una disciplina definita ed autosufficiente dell’appello tributario, sicchè a quest’ultimo non si applicano le norme di cui all’art. 342 c.p.c..

In generale, infatti, solo per quanto non disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, si applicano le norme del c.p.c. (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2).

Deve allora notarsi che il requisito dei “motivi specifici” non può essere letto nel senso che all’appellante spetti “l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata” (art. 342 c.p.c, comma 1, n. 2): quest’ultima disposizione conduce a ritenere che nell’appello civile non basta l’esplicazione della causa petendi, compendiata nel richiamo delle indicazioni dell’art. 163 c.p.c., contenuto nell’art. 342 c.p.c., comma 1; ma occorre lo sviluppo di una vera e propria motivazione (cfr. art. 342 c.p.c., comma 1¸ secondo periodo), che deve estrinsecarsi nelle puntuali indicazioni di cui all’art. 342 c.p.c., comma 1, n. 2.

Nella disciplina normativa dell’appello tributario, invece, come ancora compiutamente tratteggiato dalla D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, manca l’esplicito richiamo dell’art. 163 c.p.c., e, in compenso, vi è l’indicazione dei “motivi specifici”, che si sostanziano nella causa petendi della richiesta di riforma della sentenza di primo grado, avanzata al giudice di appello.

Sotto questo punto di vista, dunque, basta che dall’atto di appello tributario si evinca con chiarezza quale parte o quali parti della sentenza impugnata siano attinti dal mezzo di gravame e quali vizi, secondo l’appellante, la affliggano (cfr. Cass., sez. V, n. 30341/2019).

Orbene, nel caso che ci occupa, l’Agenzia delle Entrate, con l’appello a suo tempo proposto contro la sentenza della CTP di Vicenza, ha chiaramente circoscritto la ratio decidendi, che intendeva contrastare, della sentenza impugnata (l’assunta non applicabilità alla fattispecie della proroga biennale del termine di accertamento). E a sostegno dell’impugnazione ha sostenuto che, a fronte di atti registrati nel periodo temporale preso in considerazione dalla L. n. 289 del 2002, debba accedersi ad una interpretazione onnicomprensiva della citata L. n. 289 del 2002, art. 11, tesa a riconoscere la proroga biennale del termine in relazione all’attività di accertamento avente ad oggetto tutte le obbligazioni tributarie sorte in un determinato periodo, con riferimento alle quali era praticabile, nelle forme della definizione agevolata, lo ius poenitendi da parte del contribuente che all’atto della registrazione, per qualsiasi motivo, non avesse pagato le imposte indirette in misura ordinaria.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 11, commi 1 e 1 bis”, la Z. ha censurato la sentenza della CTR nella parte in cui essa ha ritenuto che non fosse rilevante, per escludere la proroga biennale, la circostanza che l’agevolazione tributaria fruita all’atto della registrazione fosse divenuta indebita solo in data 2/8/2007, e che prima di detta data non vi fosse stata alcuna violazione relativa all’applicazione, con agevolazioni tributarie, dell’imposta di registro: non avendo, fino alla data del 2/8/2007, l’odierna ricorrente commesso alcuna violazione in merito all’agevolazione fruita all’atto del pagamento dell’imposta di registro sull’acquisto del terreno, non poteva entro il 16/4/2003 presentare alcuna istanza di definizione agevolata.

In altri termini, l’atto di acquisto della Z., con riferimento all’agevolazione tributaria fruita ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, avrebbe dovuto essere escluso dal campo di applicazione delle norme sulla definizione agevolata di cui alla L. n. 289 del 2002, e, di conseguenza, dalla proroga biennale del termine dell’accertamento.

2.2 Il motivo è infondato.

Questa Corte intende dare continuità all’orientamento giurisprudenziale più recente che, sebbene espresso in tema di imposta di registro agevolata per l’acquisto della prima casa, ben può essere applicato alla fattispecie che ci occupa.

Ha affermato, infatti, Cass., sez. V, n. 3541/2018, che “in tema di perdita dell’agevolazione fiscale sul pagamento dell’imposta di registro per l’acquisto della prima casa, per l’omesso trasferimento della residenza nel comune in cui è sito l’immobile, il termine per la rettifica, la liquidazione della maggiore imposta e l’irrogazione delle relative sanzioni è soggetto alla sospensione prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1, sicchè è prorogato di due anni, restando priva di rilievo la circostanza che il termine per la presentazione dell’istanza di definizione in via breve scada in data anteriore a quello fissato per il trasferimento della residenza, atteso che, ai fini dell’astratta definibilità del rapporto d’imposta, è essenziale unicamente l’intervenuta o omessa registrazione entro il 30 settembre 2003, mentre è ininfluente la non ancora maturata perdita del beneficio fiscale”.

L’adesione al riferito orientamento giurisprudenziale risponde ad una esigenza di semplificazione, agevolando anche il rispetto dei principi di efficienza e di buon andamento da parte dell’amministrazione finanziaria (art. 97 Cost.), che altrimenti subirebbe un aggravio di adempimenti intollerabile se, per tutti gli atti registrati entro il termine previsto dalla L. n. 289 del 2002, sottoponibili ad accertamento, fosse costretta preliminarmente a scadenzare i tempi delle verifiche, e ad applicare o meno la proroga biennale, a seconda della tipologia di agevolazioni fruite (se ad esempio legate ad una qualità soggettiva del contribuente da possedere al tempo dell’atto) e dei diversi termini normativamente posti all’adempimento delle condizioni per il mantenimento delle agevolazioni (se ad esempio legate a finalità realizzabili in futuro).

3. Con il terzo motivo, rubricato “Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., (con riguardo alla pronuncia su questione od eccezione non proposta nel secondo grado di giudizio)”, la Z. ha dedotto che la sentenza di appello avrebbe violato la disposizione di cui all’art. 112 c.p.c., in quanto si sarebbe pronunciata accogliendo l’appello dell’Ufficio decidendo una questione non sottoposta al suo esame dall’appellante.

In particolare, la CTR veneta aveva accolto l’appello dopo aver affermato che il termine di decadenza dal potere di accertamento, nella fattispecie di causa, era venuto a scadenza il 22/8/2012, in quanto ai cinque anni (tre ordinari più due anni della proroga ex L. n. 289 del 2002) computati dal 2/8/2007 (data ultima per l’adempimento della condizione per il mantenimento dell’agevolazione, rimasta inadempiuta), dovevano aggiungersi venti giorni entro cui, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, la contribuente avrebbe dovuto denunciare all’amministrazione l’omesso adempimento della condizione (edificazione del terreno) dalla quale era scaturita la decadenza dalle agevolazioni fruite in sede di acquisto.

Senonchè, l’applicabilità, nella fattispecie di causa, del citato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, con la consequenziale aggiunta di venti giorni a decorrere dal 2/8/2012, decisivi per la tempestività dell’avviso di rettifica liquidato (avviato per la notifica il 10/8/2012), non era stata invocata dall’amministrazione.

3.1 II motivo è infondato.

Nel decidere l’appello dell’amministrazione, la CTR del Veneto si è mantenuta nel perimetro tracciato dall’atto di impugnazione, che aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado censurandola nella parte in cui aveva affermato che si era consumato il potere di accertamento dell’Ufficio in quanto non si sarebbe dovuta applicare alla fattispecie di causa la proroga biennale di cui alla L. n. 289 del 2002.

In questo perimetro, il giudice di appello ha accolto l’impugnazione rinvenendo nell’ambito del testo unico dell’imposta di registro una norma che a suo giudizio consentirebbe di fissare il dies a quo del termine quinquennale (tre più due) di decadenza dal potere di accertamento non alla scadenza del termine (cinque anni) previsto per l’adempimento della condizione per il mantenimento dell’agevolazione fruita all’atto della registrazione, ma alla scadenza di cinque anni e venti giorni di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19.

Non si è trattato, dunque, di porre a fondamento della sentenza un fatto non dedotto dalle parti, ma di applicare ai fini della decisione una norma di diritto non richiamata dall’appellante, possibilità ammessa dall’ordinamento in base al principio iura novit curia, di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, (ex coeteris, Cass., sez. L. n. 25140/2010).

4. Con il quarto motivo, rubricato “Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, e del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 13”, la Z. ha dedotto che il giudice di appello ha errato nel fissare il dies a quo del termine di decadenza dal potere di accertamento in capo all’amministrazione alla data del 22/8/2007, aggiungendo, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, venti giorni a decorrere dal 2/8/2007, entro i quali l’odierna ricorrente avrebbe potuto e dovuto adempiere all’obbligo della denuncia della decadenza dai benefici fiscali, decadenza verificatasi, appunto, alla detta ultima data.

La norma di cui al citato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, secondo l’odierna ricorrente, non si applicherebbe alla fattispecie di causa, e non porrebbe, dunque, l’obbligo in capo alla contribuente di denunciare all’amministrazione l’avvenuta decadenza in suo danno da un beneficio fiscale.

4.1. Il motivo è fondato.

Con un orientamento che può dirsi ormai consolidato (Cass., sez. 6-V, n. 3446/2016; Cass., sez. 6-V, n. 22874/2014; Cass., sez. 6V, n. 27484/2013), questa Suprema Corte ha definitivamente chiarito che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, non si applica in caso di decadenza da benefici fiscali, ma solo in relazione ad eventi dai quali consegue un obbligo di una maggiore imposta.

Ne consegue che alla data del 10 agosto 2012, data dell’avvio alla notifica dell’avviso di liquidazione impugnato in prime cure, l’amministrazione era decaduta dal potere di accertamento della decadenza dai benefici fiscali goduti L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3.

5. in definitiva, il ricorso deve essere accolto in relazione al quarto motivo. Non essendovi la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, alla cassazione della sentenza impugnata consegue la decisione nel merito della causa e l’annullamento dell’avviso di liquidazione impugnato dalla Z. davanti alla CTP di Vicenza.

6. Tenuto conto dell’andamento dell’intero processo, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei giudizi di merito. Le spese del giudizio di legittimità, invece, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte:

Accoglie il quarto motivo di ricorso. Rigetta i primi tre.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.

Compensa le spese dei giudizi di merito.

Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della odierna ricorrente, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in Euro tremila per onorari ed Euro cinquecento per esborsi, oltre al rimborso delle spese generali, iva e cpa come per legge.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

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