Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24874 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/11/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 06/11/2020), n.24874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 27155/2013 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa, ope legis, dall’Avvocatura generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12.

– ricorrente –

contro

F.P., rappresentata e difesa, giusta mandato in atti,

dall’avv.to Massimo Farsetti, presso il quale è elettivamente

domiciliata in Roma, alla Via Tarvisio n. 2, dall’avv.to Giuseppe

Leporace dall’ avv.to Attilio Santiago;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 63/11/12 della Commissione Tributaria

Regionale della Emilia Romagna depositata in data 22/11/2012 e non

notificata.

Udita la relazione del Consigliere, Dott.ssa Rosita D’Angiolella,

svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2020.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Dalla sentenza impugnata risulta che:

– a seguito di cessione di azienda (farmacia) per atto notarile del 4 dicembre 2003, l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della venditrice F.P., chiedendo le maggiori imposte IRPEF in applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 41 bis. Le maggiori imposte scaturivano dall’omessa dichiarazione, nel modello Unico Pf 2004, per i redditi 2003, della plusvalenza, pari ad Euro 5.446.371,00, realizzata in seguito alla cessione della farmacia.

– In data 31 ottobre 2005 F.P. presentava una dichiarazione integrativa, per l’anno 2003, con la quale nel quadro RQ dichiarava la predetta plusvalenza e l’imposta sostitutiva di Euro 1.034.810,00, pari al 19% della plusvalenza, senza provvedere al versamento.

– A seguito di comunicazione dell’Ufficio sulla possibilità di pagare l’imposta entro trenta con una sanzione del 10%, oppure oltre i trenta giorni con una sanzione del 30%, la contribuente provvedeva a pagare, successivamente ai trenta giorni, l’imposta e parte degli interessi omettendo di pagare le sanzioni e di conseguenza l’Ufficio emetteva atto di contestazione ed irrogava la sanzione del 30% sull’importo pagato oltre il termine di 30 giorni.

– F.P. impugnava l’atto di contestazione innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bologna che accoglieva il ricorso stante l’incertezza interpretativa dell’atto di contestazione di decadenza delle sanzioni per infedele dichiarazione e la sanzione per tardivo versamento.

La Commissione regionale, con la sentenza in epigrafe, dato atto della acquiescenza prestata dall’Ufficio ad altra sentenza della Commissione tributaria regionale di Bologna (n. 46/19/09 del 30/06/2009), passata in giudicato, circa il corretto pagamento, da parte della F., della plusvalenza e degli interessi con la successiva dichiarazione integrativa, rigettava l’appello dell’Amministrazione erariale affermando che “nel caso in esame non poteva parlarsi di ritardo di versamento in quanto la dichiarazione integrativa si consolida con quella originaria, con effetti retroattivi”.

L’Agenzia delle Entrate ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.

F.P. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La ricorrente Agenzia delle entrate denuncia, con il primo motivo di ricorso l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguardante il contenuto dell’atto sanzionatorio impugnato dalla contribuente e, quindi, la sanzione conseguente alla dichiarazione integrativa non presentata nei termini.

1.1. Con il secondo motivo, deduce la violazione o falsa applicazione, del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, là dove la Commissione regionale ha respinto l’appello sull’errato assunto in diritto che la dichiarazione integrativa si consolida con quella originaria con effetti retroattivi.

2. Il ricorso è inammissibile sotto entrambi i profili di censura denunciati.

3. Come emerge dal ricorso, dagli atti in esso riprodotti, dagli ulteriori atti allegati, nonchè dal controricorso, la questione controversa riguarda il tenore dell’atto di contestazione elevato dall’Ufficio per il ritardato pagamento dell’imposta sostitutiva inerente alla plusvalenza, ovvero, come espone l’Ufficio nel ricorso, “la successiva vicenda oggetto della presente causa, inerente la violazione commessa dopo la presentazione della dichiarazione integrativa mediante l’omesso pagamento dell’imposta come determinata in dichiarazione”. Ed infatti, la ricorrente assume che, in sede di liquidazione della dichiarazione, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, aveva notificato, in data 28/09/2006, comunicazione d’irregolarità richiedendo alla F. il pagamento dell’imposta dichiarata e non versata, oltre interessi e sanzioni, D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13.

3.1. La controricorrente, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza e, nel merito, ne deduce la totale infondatezza negando che l’atto del 28/09/2006 contenesse la contestazione delle sanzioni; localizza gli atti del giudizio di merito in cuì aveva già sollevato la questione della mancata contestazione nonchè quelli dell’appellante l’Ufficio, in cui, invece, non si evincerebbe un riferimento pertinente alle sanzioni contestate (v. controricorso da pag. 34 e ss.); evidenzia che la comunicazione del 28/09/2006 non è stata allegata, nè riprodotta, col ricorso in Cassazione dall’Agenzia delle entrate, nonchè che la sentenza della Commissione tributaria regionale di Bologna n. 49/19/2009 (cfr. all. “E” al controricorso), in accoglimento dell’appello incidentale di essa contribuente, aveva dichiarato non dovute le sanzioni per il ritardato pagamento dell’imposta (v. controricorso da pag. 34 e ss.).

4. L’atto di contestazione delle sanzioni – la cui impugnazione ha dato origine al presente giudizio – pur non riprodotto nel ricorso erariale, è stato prodotto in allegato n. 1 al ricorso stesso.

Dalla sua lettura si evince che la sanzione è stata irrogata “anche in ottemperanza a quanto disposto dalla sentenza n. 82/08/07 della Commissione tributaria provinciale di Bologna sez. 8, depositata in data 16.5.2007, che ha ritenuto validamente presentata la dichiarazione integrativa presentata nell’anno successivo a quello di competenza, demandando all’Ufficio la determinazione delle sanzioni per il ritardato pagamento dell’impostali”.

4.1. La sentenza della Commissione tributaria regionale Emilia – Romagna n. 46/19/09, depositata il 30 giugno 2009, (all.”E” al controricorso della contribuente), munita dell’attestazione di passaggio in giudicato, ha rigettato l’appello principale dell’Ufficio avverso la suddetta della Commissione provinciale di Bologna e, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla F., ha altresì dichiarato, in parziale riforma della sentenza di primo grado, “non dovute le sanzioni per il ritardato pagamento dell’imposta”.

5. Orbene, deve considerarsi definitivamente risolta, in senso affermativo, ogni questione relativa alla possibilità di assoggettare la plusvalenza ad imposta sostitutiva anche se contenuta in una dichiarazione integrativa, essendosi su tale aspetto e su quello relativo alle sanzioni per ritardato pagamento, formatosi il giudicato con la sentenza su indicata n. 46/19/09 della Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna.

5.1. Tale accertamento non può che considerarsi esteso anche alla motivazione della sentenza qui gravata dalla quale emerge, in modo inequivoco, che la contestazione mossa alla società contribuente – di omessa dichiarazione della plusvalenza e successivo tardivo versamento con relative sanzioni – era stata definitivamente risolta tra le parti con la sentenza n. 46/19/2009; la sentenza qui impugnata dà atto, altresì, che nella memoria del 6 ottobre 2010, l’Ufficio aveva comunicato alla contribuente di aver prestato acquiescenza a detta sentenza.

5.3. E’ su tali premesse, dunque, che i giudici di appello, seppur con motivazione stringata, hanno ritenuto che “nel caso in esame non può parlarsi di ritardato versamento in quanto la dichiarazione integrativa si consolida con la dichiarazione originaria, con effetti retroattivi”, esprimendo, così, in maniera logica e consequenziale, la ratio decidendi della decisione di rigetto dell’appello dell’Agenzia delle entrate. In altri termini, i secondi giudici, hanno accertato la mancanza del versamento tardivo dell’imposta e, quindi, la mancanza del presupposto della sanzione contestata dall’Ufficio.

5.4. Inoltre, poichè i secondi giudici nel riformare la decisione di compensazione delle spese di lite effettuata dai giudici di primo grado hanno fatto leva sul comportamento dell’Ufficio, condannando quest’ultimo alle spese di lite, hanno espresso così, seppur implicitamente, la totale infondatezza dell’assunto della difesa erariale per insussistenza del tardivo versamento dell’imposta.

5.5. Da tali considerazioni ne discende l’infondatezza del primo motivo di ricorso avendo i secondi giudici correttamente motivato circa l’insussistenza del tardivo versamento e delle conseguenti sanzioni.

6. Anche il secondo motivo di ricorso risulta inammissibile.

6.1. In primo luogo, la censura di violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, è carente della piena esposizione dei fatti rilevanti per la decisione in base ai quali si assume il vizio di ricognizione normativa.

6.2. In ogni caso, la sentenza della Commissione tributaria regionale n. 49/19/09, più sopra indicata, ha coperto con il giudicato la quaestio iuris relativa alla possibilità di assoggettare la plusvalenza ad imposta anche con una dichiarazione integrativa presentata nell’anno successivo e di applicare le relative sanzioni, sicchè è definitivamente preclusa una diversa interpretazione delle norme invocate, rimettendosi in discussione una questione su cui ugualmente si estende la preclusione del giudicato esterno, rilevabile anche d’ufficio, formatosi anche sulle sanzioni per effetto della succitata sentenza n. 46/19/09.

6.3. Difatti, nel proporre la censura, la ricorrente richiede nuovamente di accertare la sussistenza dell’illecito tributario (v. ricorso pagg. 16 – 17 ove si deduce che: “la mera presentazione di una dichiarazione integrativa non estingue l’illecito tributario se non accompagnata dal pagamento della sanzione in misura ridotta sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, ove ricorrano i presupposti per l’applicazione di quest’ultima disposizione”), accertamento che, si ripete, è coperto da giudicato.

7. In conclusione, il ricorso va integralmente rigettato.

8. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

9. Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo, trattandosi di amministrazione pubblica ammessa a prenotazione a debito.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente che liquida in Euro 7.300,00, per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per rimborso spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

 

 

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