Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24871 del 06/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 06/12/2016, (ud. 10/05/2016, dep. 06/12/2016), n.24871

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12120/2009 proposto da:

D.N.G., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA GIUSEPPE

MAZZINI 15, presso lo studio dell’avvocato ENRICO GABRIELLI, che lo

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 24/2008 della COMM. TRIB. REG. della

LOMBARDIA, depositata il 26/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il ricorrente l’Avvocato GABRIELLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’inammissibilità e in subordine il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

D.N.G. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia (n. 24/24/08, dep. 26 marzo 2008), che in controversia sul silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione sull’istanza di rimborso dell’IRAP (per il periodo relativo agli anni 1998/2003), in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo dovuta l’imposta per l’anno 2003.

La CTP di Milano aveva dichiarato inammissibile il ricorso del contribuente per le annualità 1998/2002, avendo questi, in relazione ad esse, perfezionato il condono L. n. 289 del 2002; aveva invece accolto il ricorso per l’anno 2003, ritenendo decisivo l’apporto professionale del contribuente sul reddito prodotto. La CTR, sull’appello interposto dall’Ufficio, ha confermato l’inammissibilità del ricorso per le annualità coperte da condono e, in relazione ai dati emergenti dalla dichiarazione, ha ritenuto sussistere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, rilevante ai fini Irap.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo motivo del ricorso D.N.G. deduce violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18, 21, 22 e 27), per avere la CTR dichiarato inammissibile il ricorso al di fuori delle ipotesi tassative previste dalla legge sul contenzioso tributario, nelle quali non rientra il ricorso avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso.

2. Col secondo motivo si denuncia omesso esame di una eccezione e di un motivo dell’appello incidentale sulla erronea dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo proposto contro il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, data la loro connessione, sono fondati.

La CTR, infatti, ha dichiarato inammissibile il ricorso con riferimento alle annualità dal 1998 al 2002. Tale statuizione contrasta con la giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 189), e di questa Corte (S. U. n. 22601 del 2 dicembre 2004; Cass. n. 21170/2005, n. 6391/2006, n. 29394/2008, n. 15444/2010, n. 6130/2011), che hanno riconosciuto, nell’ordinamento processuale tributario, l’esistenza di un principio di tendenziale limitazione delle ipotesi d’inammissibilità, in quanto le relative previsioni, proprio per il loro rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo (extrema ratio) è sicuramente giustificato. Le disposizioni processuali tributarie, dunque, devono essere lette in armonia con i valori della “tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità” (cfr. Corte Cost. n. 189 del 2000 e n. 520 del 2002).

Il riferimento normativo nodale del regime delle inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5 (“ove sorgano contestazioni il giudice tributano ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi”), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilità (da intendersi, come si è detto, quale vera e propria extrema ratio), quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali.

Tanto premesso, si osserva che in materia di ricorso avverso un silenzio-rifiuto, nessuna delle disposizioni del D.Lgs. n. 546 del 1992, sanziona con l’inammissibilità del ricorso introduttivo l’intervenuto condono; nè, alla luce dei principi sopra ricordati, tale sanzione potrebbe ricavarsi per via interpretativa (Cass. n. 26560 del 17/12/2014).

La CTR, invero, accertato l’avvenuto perfezionamento del condono, avrebbe dovuto emettere una statuizione di rigetto del ricorso con riferimento alle annualità 1998/2002, essendo infondata l’impugnazione del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso dell’IRAP in ragione dell’intervenuto condono.

3. Col terzo e col quarto motivo del ricorso si deduce violazione di legge (L. n. 289 del 2002, art. 9), affermando che il condono non preclude l’istanza di rimborso.

Le censure sono infondate.

Questa Corte ritiene di dare continuità alla propria ormai costante ed univoca giurisprudenza secondo la quale la presentazione di istanza di condono “preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto”. Il condono, infatti, “pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria” (Cass. 3682/2007). Ciò in quanto il condono determinando la formazione di un titolo giuridico nuovo in forza del quale il contribuente volontariamente sceglie di versare le somme risultanti dall’applicazione di parametri predeterminati – costituisce una modalità di definizione “transattiva” della controversia, da cui consegue il componimento delle opposte pretese e quindi l’azzeramento, a fronte di eventuali ulteriori rivendicazioni del Fisco, della richiesta del contribuente al rimborso (Cass. n. 4566 del 06/03/2015).

4. Col quinto motivo del ricorso si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., per omesso esame del motivo di appello incidentale in relazione all’adesione al condono dei soggetti c.d. congrui in base agli studi di settore.

Il motivo non ha pregio, dovendosi ritenere che la CTR lo abbia considerato assorbito dalla decisione emessa sulle annualità coperte dal condono, sul quale la congruità dei redditi ai fini dei parametri o degli studi di settore non rileva, se non ai fini della quantificazione delle somme dovute.

5. Col sesto motivo si censura la sentenza impugnata per violazione di legge (D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3), deducendo che la CTR avrebbe erroneamente rilevato la presenza di autonoma organizzazione nell’attività professionale svolta con l’utilizzo di beni e servizi di terzi, non oggetto di investimento da parte del contribuente, e in presenza di solo lavoro di segreteria e di (uno o due) praticanti avvocati.

La censura è infondata.

Costituisce infatti onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle condizioni per l’applicazione dell’imposta.

In particolare il contribuente deve fornire la prova della non ricorrenza del requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito. Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità tale prova sussiste quando risulti che il contribuente impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività oppure non si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Nella specie il contribuente non ha adempiuto a tale onere, non risultando prova del numero e delle mansioni svolte dai collaboratori; nè indicazione delle somme eventualmente corrisposte ai praticanti avvocati, con precisazioni delle caratteristiche dei beni e dei servizi resi da terzi (cfr. SU. 10 maggio 2016 n. 9451).

6. Il rigetto del superiore motivo determina l’assorbimento del settimo, col quale si deduce violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2), per avere la CTR considerato i beni strumentali significativi in base al loro valore assoluto e non in relazione alla loro incidenza sull’esercizio della professione.

7. In conclusione, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito (ex art. 384 c.p.c., comma 2), con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente sull’istanza di rimborso per gli anni oggetto di condono. Va invece respinto per il resto il ricorso.

8. In relazione alle vicende processuali si compensano le spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente sull’istanza di rimborso per gli anni oggetto di condono. Rigetta nel resto il ricorso. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2016

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