Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24870 del 20/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/10/2017, (ud. 27/06/2017, dep.20/10/2017),  n. 24870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Lina Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. GIORDANO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28551/2013 R.G. proposto da:

Alba di C.V. e C.C. S.n.c., in persona

degli amministratori pro tempore C.V. e

C.C., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Berardi,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Trionfale n. 5637, presso lo

studio dell’avv. Domenico Battista;

– ricorrente –

contro

Comune di Bari, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e

difeso dall’avv. Luisa Amoruso dell’Avvocatura comunale,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Bertoloni n. 37, presso lo

studio dell’Avv. Roberto Ciociola;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/1/13 della Commissione Tributaria Regionale

di Bari, depositata il 30/04/2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/06/2017

dal dott. Luigi Giordano, Magistrato addetto al Massimario,

applicato alla Sezione Tributaria.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 30/04/2013, la Commissione Tributaria Regionale di Bari ha accolto l’appello del Comune di Bari proposto contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari n. 70/2/12 concernente cartella di pagamento ICI dal 2001 al 2004. In particolare, la CTR ha ritenuto corretta la notificazione di quattro avvisi di accertamento sulla cui base era stata emessa la cartella di pagamento impugnata, avvenuta in data 20.12.2006, a mezzo posta, presso la sede della società, reputando priva di pregio la circostanza dedotta dalla contribuente secondo la quale all’epoca della notificazione la società era in stato di liquidazione, in forza di deliberazione del 18.12.2003. Al riguardo, ha aggiunto che lo scioglimento e la messa in liquidazione non estingue la società; che la contribuente è rimasta in vita senza soluzione di continuità, non mutando la sede neppure successivamente, e che lo scioglimento è stato revocato nel 2007.

Avverso questa decisione, la società Alba S.n.c. ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo.

Il Comune di Bari ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, la società Alba S.n.c. ha lamentato, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame di un fatto decisivo, deducendo che, essendo pacifico tra le parti che la società era stata posta in liquidazione in data 18.12.2003, da tale data le notificazioni andavano eseguite alla società “in liquidazione” e non semplicemente alla società. La ricorrente ha altresì aggiunto che la CTR ha omesso di valutare l’eccezione relativa alla mancanza del timbro postale sugli avvisi di ricevimento della notificazione degli avvisi di accertamento. Detta mancanza non consentirebbe alla contribuente di verificare se la notificazione fosse stata compiuta per mezzo di un ufficio di Poste Italiane. Con il medesimo motivo la società contribuente ha dedotto anche che, all’epoca della notificazione degli avvisi di accertamento, entrambi i soci della società Alba S.n.c. erano deceduti e, dunque, non potevano proporre querela di falso avverso la notificazione “per l’impossibilità di individuare sia l’autore del falso sia la vittima dell’eventuale falso (stante la morte degli unici due soci)”, nè può essere dichiarata legittima una notifica “avvenuta ad una persona giuridica allo stato priva di soci, quindi impossibilitata del tutto ad operare ed ad avere dipendenti di sorta”.

2. Il motivo è infondato e va rigettato.

La sentenza della CTR ha ritenuto corretta la notificazione presso la sede della società degli avvisi di accertamento sulla cui base sono state emesse le cartelle di pagamento impugnate. L’art. 145 c.p.c., comma 2, infatti, prevede che le notificazioni a società non aventi personalità giuridica debbano essere effettuate presso la loro sede.

La dedotta omessa motivazione, con riferimento alla deliberazione dello scioglimento, non sussiste in quanto la CTR ha specificamente analizzato l’eccezione della società contribuente relativa a detto scioglimento della società ed alla sua messa in liquidazione, rilevando che tali atti non estinguono la società. Ne consegue che l’Ufficio finanziario (nella specie il Comune) ha l’obbligo di compiere la notifica presso la sede sociale (cfr. Cass. n. 8649 del 15/04/2011).

La notificazione di atti a soggetti diversi dalle persone fisiche privi di personalità giuridica (nella specie, una società in nome collettivo), dunque, deve eseguirsi, di regola, nella sede indicata nell’atto costitutivo e nella registrazione (essendo questa senz’altro opponibile ai terzi) ovvero nella sede effettiva dell’impresa, atteso che anche per tali società, comunque iscritte nel registro delle imprese, si deve presumere, sino a prova contraria, la coincidenza tra sede legale e luogo di svolgimento continuativo dell’attività sociale (Cass. n. 16245 del 25/09/2012; Cass. n. 7279 del 06/08/1997).

Nel caso di specie, la notificazione è avvenuta presso la sede della società.

Al riguardo, la CTR ha pure precisato che la società contribuente, nonostante la deliberazione di scioglimento, è rimasta in vita, conservando sempre la medesima sede, fino alla revoca di questa deliberazione.

Quanto alla dedotta omessa motivazione con riferimento all’eccezione relativa alla mancanza del timbro postale di un ufficio di Poste Italiane, deve rilevarsi che questo tema è pienamente contenuto nell’ampia motivazione della CTR, che si profonde sulle regole per la notificazione a mezzo del servizio postale “ordinario” per la consegna dei pieghi raccomandati, con ciò alludendo specificamente al servizio di Poste Italiane.

Neppure può ritenersi viziata la motivazione per l’affermazione contenuta nella sentenza della CTR relativa alla mancanza di una sentenza dichiarativa della falsità della ricevuta di ritorno (o meglio della relata di notificazione). In buona sostanza, piuttosto che di una omissione, la contribuente sembra lamentarsi di una contraddittoria o irragionevole motivazione. Al riguardo, va solo precisato che detta querela avrebbe potuto essere proposta da chiunque fosse portatore di un interesse in tal senso, dunque anche da coloro che sono succeduti ai soci che si assume fossero deceduti.

Quanto infine alla dedotta illegittimità di una notifica “avvenuta ad una persona giuridica allo stato priva di soci, quindi impossibilitata del tutto ad operare ed ad avere dipendenti di sorta”, la questione appare mal posta in quanto la contribuente piuttosto che una omessa motivazione sembra lamentare la violazione dell’art. 145 c.p.c., comma 2. In ogni caso, deve rilevarsi che la motivazione della sentenza ha espressamente ritenuto rituali le notificazioni a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento degli avvisi di accertamento in mancanza di una sentenza dichiarativa della falsità della ricevuta di ritorno, precisando che “la contribuente è rimasta in vita senza soluzione di continuità fino a tutt’oggi” ed aggiungendo che “la sede della società, dal 2003 a tutt’oggi, non è mai stata modificata”. In tal modo, ha implicitamente motivato sulla deduzione relativa al decesso del socio, reputandolo irrilevante ai fini della corretta della notificazione degli avvisi di accertamento. Del resto, nello stesso luogo sono state notificate le cartelle di pagamento che sono state impugnate dalla contribuente. Il ricorso, pertanto, va respinto.

3. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

la Corte:

– respinge il ricorso;

– condanna la contribuente a pagare le spese di causa, liquidate in Euro 1500,00 oltre spese forfetarie ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2017

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