Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24870 del 04/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/10/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 04/10/2019), n.24870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Mario – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27455-2017 proposto da:

D.A., B.P., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIANCARLO FERRARA;

– ricorrenti –

contro

R.F., nella sua qualità di Curatore del Fallimento n.

21/2012 Rel. Fall. “(OMISSIS) SAS DI D.N. E F.LLI IN

LIQUIDAZIONE” E DEL SOCIO ACCOMANDATARIO DEFUNTO D.N.,

esteso ai soci D.A., D.R., D.C.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PONIPONIO LETO 2, presso lo

studio dell’avvocato UMBERTO ROSSI, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANDREA BASSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4300/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Federica R., nella qualità di curatore del Fallimento della (OMISSIS) s.a.s., convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Como, i coniugi D.A. e B.P. chiedendo che fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto di costituzione di fondo patrimoniale del 12 marzo 2009 (nonchè l’atto di ripetizione di costituzione del medesimo fondo, in data 1 ottobre 2010) col quale i predetti avevano destinato una serie di beni immobili a far fronte ai bisogni della loro famiglia.

A sostegno della domanda la curatrice espose, tra l’altro, che il D. aveva rilasciato fideiussioni fino alla somma di Euro 2.500.000 a garanzia dei finanziamenti offerti dal Credito Valtellinese e dalla Banca popolare di Sondrio in favore della società poi fallita.

Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale accolse la domanda, dichiarò l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale e condannò i convenuti al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dai coniugi soccombenti e la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 12 ottobre 2017, ha rigettato il gravame, ha confermato l’impugnata sentenza ed ha condannato gli appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Milano ricorrono D.A. e B.P. con unico atto affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso R.F., nella qualità di curatore del Fallimento della s.a.s. (OMISSIS).

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e n. 5), violazione degli artt. 2901,2697 e 2729 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè omessa o illogica motivazione, per avere la Corte di merito erroneamente fatto uso della prova presuntiva per dimostrare che la moglie B. fosse a conoscenza della situazione di esposizione debitoria del marito; si sostiene, in particolare, che la domanda di revocatoria sarebbe stata accolta sulla base della sola presunzione costituita dal rapporto di coniugio tra il D. e la B..

1.1. Il motivo, quando non inammissibile, è privo di fondamento.

Rileva la Corte, innanzitutto, che la sentenza in esame ha correttamente fatto ricorso, ai fini dell’accoglimento della domanda, alla prova presuntiva, posto che una costante giurisprudenza – fra cui la sentenza 11 febbraio 2005, n. 2748 – stabilisce che la prova del requisito della consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori può essere fornita anche mediante presunzioni.

La contestazione, in realtà, è strumentale, perchè la sentenza impugnata non si è limitata a richiamare genericamente l’istituto della prova per presunzioni, ma ha accompagnato tale richiamo con uno specifico riferimento alla concreta vicenda processuale, là dove ha evidenziato che gli appellanti avevano dedotto un capitolo di prova orale volto a dimostrare che la B. era all’oscuro della situazione economico-finanziaria della società D., capitolo che non era stato ammesso in primo grado. In quel passaggio la Corte d’appello ha profuso ulteriori argomenti per dimostrare come fosse da ritenere del tutto corretta l’esclusione della prova orale; il che conferma che la decisione non si è basata soltanto sulla presunzione, ma che ha invece valorizzato, così come aveva fatto il Tribunale, la mancanza di prova delle allegazioni giustificative della mancata conoscenza.

Tutto ciò svela come, in effetti, la censura sia stata proposta senza tenere in considerazione la motivazione della sentenza nella sua globalità. Non senza considerare, ad abundantiam, che la presunzione di conoscenza della reciproca situazione economica da parte dei coniugi è del tutto legittima e corretta.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e n. 5), violazione dei medesimi parametri normativi ed omesso esame di un fatto decisivo, in particolare per non aver considerato la gravissima situazione di salute della figlia della coppia, unica ragione che aveva determinato la decisione di creare il fondo patrimoniale.

2.1. Il motivo non è fondato.

La sentenza impugnata, con un accertamento in fatto adeguatamente motivato e sottratto a riesame in questa sede, ha rilevato che sono soggetti ad azione revocatoria anche gli atti aventi un profondo valore etico o sociale, posto che la tutela degli interessi familiari – costituiti, nella specie, dalla grave situazione di invalidità di D.D., figlia degli odierni ricorrenti – non fa venire meno il concorrente interesse dei creditori a rivalersi contro gli atti che pregiudicano il patrimonio del debitore. Oltre a ciò, la sentenza ha osservato che la cronologia dei fatti smentiva l’assunto degli appellanti, perchè la situazione di grave deficit cognitivo della figlia suindicata era noto almeno a far tempo dal 1987, cioè molto tempo prima che il fondo patrimoniale venisse costituito. D’altra parte, ai fini dell’azione revocatoria l’atto di costituzione del fondo patrimoniale è a titolo gratuito, e il credito era ben anteriore all’atto impugnato, dovendosi dare rilievo al momento in cui erano state rilasciate le fideiussioni.

A fronte di siffatte argomentazioni, del tutto in linea con la giurisprudenza di questa Corte, il motivo in esame insiste nel ribadire, senza significative aggiunte o novità, le medesime censure già vagliate e ritenute infondate dalla Corte d’appello. Le lamentate omissioni, inoltre, non sussistono, posto che la situazione di salute della figlia dei ricorrenti è stata oggetto di motivato esame da parte della Corte d’appello, sicchè è improprio il richiamo all’art. 360 c.p.c., n. 5).

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5), violazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, in punto di regolazione delle spese, per avere il giudice di merito utilizzato i valori medi tariffari in presenza di una causa nella quale non era stata svolta alcuna attività istruttoria.

3.1. Il motivo non è fondato.

La contestazione è, infatti, generica, e il giudice di merito rimane comunque libero, nella liquidazione delle spese, di compiere la sua valutazione discrezionale tra i minimi e i massimi della tariffa, nè il fatto che non vi sia stata attività istruttoria vieta di assumere come parametro i valori medi anzichè quelli minimi; tanto più che il D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, prevede come normale proprio l’applicazione del valore medio.

4. 11 ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 6.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 12 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 4 ottobre 2019

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