Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24868 del 09/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2018, (ud. 28/02/2018, dep. 09/10/2018), n.24868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 19736/2016 proposto da:

CANTINA ENOTRIA, p. i.v.a. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Chiana, n. 97, presso lo studio dell’avvocato Patrizio Casazza, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Francesco Bruno;

– ricorrente –

contro

M.G. – RISTORANTE PIZZERIA, p. i.v.a. (OMISSIS),

domiciliato, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, in Roma, presso

la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Mario Ferraro;

– controricorrente –

A.K., A.A., W.J.M.,

MA.PA.FR.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 565/2016 del Tribunale di Crotone, depositata

il 30/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 28/02/2018 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

La Cantina Enotria otteneva dal Giudice di pace di Cirò un decreto ingiuntivo, per l’importo di Euro 1.394,64, nei confronti di M.G., titolare dell’omonimo ristorante pizzeria, per una fornitura di vino non saldata.

L’ingiunto proponeva opposizione, chiamando in giudizio gli eredi di A.P., agente della Cantina Enotria e Ma.Pa.Fr..

Il giudice di pace rigettava l’opposizione ma il Tribunale di Crotone, in funzione di giudice d’appello, accoglieva il gravame proposto dallo stesso M., ritenendo liberatoria la prova costituita da una copia fotostatica di una quietanza di pagamento.

La decisione è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte della Cantina Enotria, articolato in quattro censure. Il M. ha resistito con “comparsa di costituzione”. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Il Consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Le parti costituite hanno depositato memorie difensive, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.

Va rilevato anzitutto che l’atto intestato “comparsa di costituzione”, redatto nell’interesse del M., deve essere qualificato come controricorso, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., avendone il contenuto tipico ed essendo stato notificato nei termini.

Venendo all’esame del ricorso, in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. (Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014, Rv. 630490) deve esaminarsi anzitutto il secondo motivo di ricorso, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio.

Infatti, il predetto principio consente l’esame delle censure verificandone l’impatto operativo, piuttosto che la coerenza logico-sistematica, sostituendo il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze costituzionalizzate di economia processuale e di celerità del giudizio, con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Sez. 6-L, Sentenza n. 12002 del 28/05/2014, Rv. 631058).

In particolare, con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 117,229 e 214 c.c. e segg..

Nell’ambito del medesimo motivo deduce altresì il travisamento dei fatti e il difetto di motivazione, ma, a seguito della riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, tali vizi non sono più previsti fra i motivi di ricorso per cassazione per le sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012.

Limitando quindi l’esame ai soli profili ammissibili, nel motivo si fa questione dell’inutilizzabilità della quietanza di pagamento. La parte ricorrente osserva, in specie, di aver disconosciuto il valore di quella scrittura fin dalla comparsa di costituzione e di aver reiterato il disconoscimento nel corso di entrambi i giudizi di merito. In presenza di tale disconoscimento, per potersi avvalere del documento il M. avrebbe dovuto promuovere istanza di verificazione.

Il motivo, come anticipato, è fondato nei termini che seguono.

La è stata prodotta in giudizio da il M. ha prodotto in giudizio la copia fotostatica di una quietanza di pagamento asseritamente sottoscritta da tale Ma.Pa.Fr., indicato quale collaboratore dell’agente di commercio A.P., rappresentante delle Cantine Enotria. Impropriamente la Cantine Enotria discute di “disconoscimento” ai sensi dell’art. 214 c.p.c., giacchè tale norma riguarda il caso in cui la scrittura privata viene disconosciuta dal suo apparente autore. Nella specie, invece, è pacifico che la quietanza sottoscritta da un soggetto estraneo alla Cantine Enotria, quest’ultima non aveva da disconoscere l’originalità sottoscrizione.

Ricorre, invece, il caso previsto dall’art. 2719 c.c., ossia quello in cui viene disconosciuta la conformità della copia fotostatica all’originale.

L’erronea indicazione della norma di diritto che si assume violata, tuttavia, non comporta l’inammissibilità del motivo, nella misura in cui la Corte di cassazione possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura (Sez. 5, Ordinanza n. 12690 del 23/05/2018, Rv. 648743; Sez. 5, Sentenza n. 14026 del 03/08/2012, Rv. 623656; Sez. 3, Sentenza n. 20292 del 14/10/2004, Rv. 577704). Infatti, la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura.

Ciò posto, si deve rilevare che, pur nella diversità dei presupposti (e, come vedremo fra poco, delle conseguenze), il disconoscimento della conformità all’originale delle copie fotografiche o fotostatiche è soggetto alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c. e, pertanto, farsi con la stessa forma del disconoscimento della sottoscrizione delle scritture private, in modo. specifico, nella prima udienza o risposta successiva alla produzione (Sez. 2, Ordinanza n. 4053 del 20/02/2018, Rv. 647808).

Diverse sono, invece, le conseguenze del disconoscimento, a seconda che si tratti dell’ipotesi di cui all’art. 214 c.p.c., ovvero di quella prevista dall’art. 2719 c.c..

Infatti, il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica all’originale di una scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 2, perchè mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa ovvero accertarne la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Sez. 5, Sentenza n. 14950 del 08/06/2018, Rv. 649366; Sez. 5, Ordinanza n. 12737 del 23/05/2018, Rv. 648402; Sez. 3, Sentenza n. 4395 del 04/03/2004, Rv. 570779).

Tali principi di diritto non sono stati correttamente applicati dal giudice d’appello.

Risulta, infatti, che la Cantine Enotria, costituendosi in giudizio, aveva formalmente disconosciuto – fra l’altro – la ricevuta di pagamento prodotta dal M.. Pertanto, il tribunale avrebbe dovuto valutare nel merito l’efficacia rappresentativa di quel documento prodotto in copia fotostatica, anzichè limitarsi ad affermare che lo stesso era senz’altro opponibile al creditore perchè non disconosciuto.

Il motivo in esame è quindi fondato e deve essere accolto, con assorbimento delle ulteriori censure.

PQM

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Crotone, in persona di diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2018

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