Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24868 del 04/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/10/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 04/10/2019), n.24868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 31916/2018 R.G. proposto da:

C.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Fraternale,

con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in

Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 1101/18

depositata il 27 giugno 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre

2019 dal Consigliere Dott. Mercolino Guido.

Fatto

RILEVATO

che C.M., cittadino del Gambia, ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, avverso la sentenza del 27 giugno 2018, con cui la Corte d’appello di Ancona ha rigettato il gravame da lui interposto avverso l’ordinanza emessa il 22 dicembre 2016 dal Tribunale di Ancona, che aveva rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta dal ricorrente;

che il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, osservando che, nell’escludere la credibilità dei fatti allegati a sostegno della domanda, la Corte distrettuale ha omesso qualsiasi riferimento alla vicenda personale da lui narrata, non avendo tenuto conto delle precisazioni fornite nel corso del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale ed essendo venuta meno al dovere di disporre la sua audizione, per consentirgli di colmare eventuali lacune;

che, nella parte concernente la mancata valutazione delle circostanze di fatto risultanti dal verbale del colloquio svoltosi nella fase amministrativa, il motivo è inammissibile, in quanto, pur trattandosi di elementi astrattamente idonei ad avvalorare la narrazione posta a fondamento della domanda, e quindi qualificabili come fatti secondari, il cui esame avrebbe potuto consentire di pervenire a conclusioni diverse in ordine alla credibilità della vicenda allegata, non risulta censurata l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui gli stessi non erano stati fatti valere con l’atto d’appello, con la conseguenza che deve escludersi che avessero costituito oggetto di discussione tra le parti, come richiesto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134;

che il motivo è conseguentemente infondato nella parte riguardante il rigetto dell’istanza di audizione del ricorrente, avendo la Corte d’appello congruamente giustificato la propria decisione con la mancata allegazione di nuove circostanze da parte dell’appellante, rilevanti ai fini dell’applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 non riferite al Giudice di primo grado, ed idonee ad orientare in senso diverso la decisione;

che, in materia di protezione internazionale, la giurisprudenza di legittimità ha d’altronde affermato, in riferimento alla disciplina (applicabile ra-tione temporis alla fattispecie in esame) anteriore a quella introdotta dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, che l’omessa audizione del richiedente nel giudizio d’appello non costituisce una violazione processuale sanzionata dalla nullità, dal momento che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 10, richiamato dal comma 13 del medesimo articolo, nel disporre che siano sentite le parti, non prevede un incombente automatico e doveroso per il giudice, ma il diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza (cfr. Cass., Sez. VI, 7/02/2018, n. 3003; 21/11/2011, n. 24544);

che è altresì infondato il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3,5 e 14 anche in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendo che, nel rigettare la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, la sentenza impugnata ha omesso di valutare l’attuale situazione del sistema giudiziario e penitenziario del Gambia;

che questa Corte, nell’affermare che la valutazione di attendibilità, di coerenza intrinseca e di credibilità della versione dei fatti fornita dal richiedente riguarda tutte le ipotesi di protezione prospettate nella domanda, qualunque ne sia il fondamento, ha infatti precisato, in relazione alla protezione sussidiaria, che sul piano dell’onere di allegazione essa ha ad oggetto tutti i profili di danno grave riconducibili al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c) con la conseguenza che ove, come nella specie, siano ritenuti non credibili i fatti allegati a sostegno della domanda, non è necessario procedere ad ulteriori approfondimenti istruttori, mediante l’attivazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa incombente sul giudice, dal momento che tale dovere non opera laddove sia stato proprio il richiedente a declinare, con una versione dei fatti inaffidabile o inattendibile, la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile degli stessi (cfr. Cass., Sez. VI, 20/12/2018, n. 33096; 12/11/2018, n. 28862; 27/06/2018, n. 16925);

che è parimenti infondato il terzo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di valutare, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, le circostanze di fatto allegate a sostegno delle altre domande;

che, a fondamento della decisione, la sentenza impugnata ha infatti richiamato correttamente l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, pur richiedendo una valutazione autonoma, e non potendo quindi conseguire automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, postula un accertamento fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (cfr. Cass., Sez. I, 15/05/2019, n. 13088; 12/11/2018, n. 28990);

che, in conformità del predetto orientamento, la Corte distrettuale ha rilevato la mancata allegazione da parte del ricorrente della sua appartenenza a categorie di soggetti nei confronti dei quali siano ravvisabili violazioni di diritti umani di particolare rilievo;

che il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo;

che, essendo stato il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, con conseguente prenotazione a debito delle spese processuali, non ricorrono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (cfr. Cass., Sez. VI, 22/03/2017, n. 7368; 2/09/2014, n. 18523).

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 4 ottobre 2019

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