Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24866 del 04/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/10/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 04/10/2019), n.24866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29399/2018 R.G. proposto da:

J.B., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Fraternale,

con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 1459/18

depositata il 18 luglio 2018.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 24 settembre

2019 dal Consigliere Guido Mercolino.

Fatto

RILEVATO

che J.B., cittadino del Gambia, ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, avverso la sentenza del 18 luglio 2018, con cui il la Corte d’appello di Ancona ha rigettato il gravame da lui interposto avverso l’ordinanza emessa il 12 settembre 2017 dal Tribunale di Ancona, che ha rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta dal ricorrente;

che il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3,5 e 14, anche in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendo che, nel rigettare la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, la sentenza impugnata si è limitata ad affermare la non credibilità della vicenda da lui allegata e ad escludere il rischio di un danno grave in caso di rientro nel suo Paese di origine, senza inquadrare la predetta vicenda nel contesto delle pratiche corruttive in uso tra le forze dell’ordine e nel sistema giudiziario e della situazione del sistema penitenziario del Gambia, da cui sarebbero emerse l’inesistenza di un’autorità statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela e la disumanità delle condizioni di detenzione;

che, a fondamento della decisione, la Corte territoriale ha rilevato l’assoluta genericità della narrazione dei fatti posta a fondamento della domanda, ritenendola inattendibile, in quanto non circostanziata e priva di riferimenti precisi e verificabili, evidenziando la mancata indicazione da parte del ricorrente delle ragioni dell’assenza di dati significativi e caratterizzanti, ed escludendo quindi la possibilità di acquisire elementi di riscontro attraverso l’esercizio dei propri poteri officiosi d’indagine;

che tale apprezzamento risulta conforme al dettato del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, il quale consente di considerare veritiere le dichiarazioni del richiedente, anche nel caso in cui taluni elementi o aspetti non siano suffragati da prove, a condizione da un lato che egli abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, abbia prodotto tutti gli elementi pertinenti in suo possesso ed abbia fornito un’idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi, e dall’altro che le dichiarazioni appaiano coerenti, plausibili e non contrastanti con le informazioni generali e specifiche disponibili in ordine al suo caso;

che il mancato inquadramento dei fatti narrati nella situazione generale del Gambia trova giustificazione proprio nell’affermazione dell’inattendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese dal ricorrente, la cui inattendibilità, come più volte ribadito da questa Corte, dispensa il giudice dal dovere di procedere ad un approfondimento istruttorio officioso in ordine alla prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, a meno che la mancanza di veridicità non derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. Cass., Sez. VI, 20/12/2018, n. 33096; 12/11/2018, n. 28862; 27/ 06/2018, n. 16925);

che peraltro, nonostante la predetta premessa, la Corte territoriale non si è sottratta alla valutazione dei presupposti necessari per il riconoscimento della protezione sussidiaria, affermando, sia pure per mera completezza, che, anche a voler dare credito alla narrazione dell’appellante, non ricorreva nella specie il danno grave richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, in considerazione dell’insussistenza di una condanna a morte, dei miglioramenti intervenuti nella situazione politica del Gambia, con riferimento alla tutela dei diritti umani, e della non appartenenza dell’appellante a gruppi specifici di persone esposte alle violenze in passato perpetrate dalla polizia, nonchè dell’insussistenza, nel predetto Paese, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da un conflitto armato interno;

che con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di valutare, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, le medesime circostanze allegate a sostegno della domanda di riconoscimento delle altre misure;

che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, pur richiedendo una valutazione autonoma, e non potendo quindi conseguire automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, postula un accertamento fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (cfr. Cass., Sez. I, 15/05/ 2019, n. 13088; 12/11/2018, n. 28990);

che, in conformità del predetto principio, la sentenza impugnata ha proceduto alla verifica delle predette condizioni, escludendone la configurabilità, in ragione dell’estraneità del ricorrente a categorie soggettive nei confronti delle quali possano ravvisarsi significative lesioni dei diritti umani e del difetto di esigenze di tutela non riconducibili alle fattispecie tipiche per le quali sono previste le altre forme di protezione internazionale;

che il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell’intimato;

che, essendo stato il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, con conseguente prenotazione a debito delle spese processuali, non ricorrono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (cfr. Cass., Sez. VI, 22/ 03/2017, n. 7368; 2/09/2014, n. 18523).

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA