Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24864 del 06/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24864 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 26180-2011 proposto da:
ISTITUTO DELLE SUORE ZELATRICI DEL S. CUORE
“FERRARI” 00196430664, in persona della Madre Generale legale
rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato PASANISI GIOVANNI giusta procura margine del
ricorso;

– ricorrenti contro
COMUNE DELL’AQUILA 80002270660, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI
VALADIER 48, presso lo studio dell’avvocato CAPORALI
GIANCARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE NARDIS

Data pubblicazione: 06/11/2013

DOMENICO giusta procura in calce al controricorso e ricorso
incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

TRIBUTARIA REGIONALE di L’AQUILA del 28/04/2008,
depositata il 12/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO.

Ric. 2011 n. 26180 sez. MT – ud. 10-10-2013
-2-

avverso la sentenza n. 96//5/2010 della COMMISSIONE

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

L’Istituto Suore Zelatrici del Sacro Cuore Ferrari propone ricorso per cassazione
avverso la sentenza della CTR di L’Aquila con cui è stato l’appello dell’Istituto
medesimo avverso la sentenza della CTP di L’Aquila che aveva già respinto respinto
il ricorso della parte contribuente avverso ingiunzione di pagamento per ICI relativa
all’anno 1993, ingiunzione con cui l’Amministrazione comunale di L’Aquila ha
preteso l’adempimento di quanto accertato a titolo di imposta, interessi e sanzioni a
seguito del passaggio in giudicato della pronuncia giudiziale sul procedimento di
impugnazione degli avvisi di accertamento (nel complessivo numero di sei, relativi al
periodo dal 1993 al 1998) emessi per contestare omessa denuncia ed omesso
pagamento del tributo in relazione a due immobili di proprietà dell’Istituto siti in
L’Aquila. Nell’atto di appello l’Istituto aveva impugnato il solo capo della decisione
di primo grado relativo alle sanzioni ed aveva ribadito l’istanza di disapplicazione
delle sanzioni e quella subordinata di applicazione dell’istituto del cumulo giuridico
della sanzione ex art.12 comma 5 del D.Lgs.472/1997.
Nella sentenza impugnata la CTR ha argomentato (per quel che qui ancora interessa)
nel senso che la disciplina invocata circa il cumulo giuridico era preesistente alla data
di adozione dei provvedimenti di accertamento, sicchè sarebbe stato necessario
formulare la domanda di applicazione dell’istituto sin dal primo grado di giudizio.
La parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a unico motivo.
L’Amministrazione comunale si A costituita con controricorso e ricorso incidentale
z ffi date ad unica motivo.
11 ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.

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Osserva:

Con il motivo di impugnazione (fondato sia sulla violazione dell’art.12 co.5 del
D.Lgs. 472/1997) la parte ricorrente principale —premesso che la disciplina sul
cumulo giuridico è stata introdotta dal D.Lgs.n.99/2000 (con effetto retroattivo dal
1.4.1998) e perciò in epoca posteriore all’adozione degli avvisi di accertamento
(emessi il 25.10.1999 e tempestivamente impugnati avanti alle Commissioni

accertamento non erano mai stati riuniti tra loro, sicché non fu possibile formulare la
domanda di applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni- ha evidenziato che “il
quadro definitivo della debenza o meno dell’imposta si ebbe solo con le sentenze
della Corte di Cassazione dell’aprile 2004, cui sono seguiti gli atti di liquidazione ed
ingiunzione emessi dal comune, impugnati con il presente procedimento”. Aveva
perciò errato la CTR a supporre che si fosse formato giudicato anche sulla questione
dell’applicazione del cumulo giuridico e che la relativa domanda non fosse
ulteriormente proponibile nel presente procedimento, mentre la norma dell’art.12
sopra menzionata avrebbe dovuto applicarsi anche in presenza dei giudicati formatisi
separatamente sul rapporto tributario relativo a ciascuna annualità, atteso che la
norma medesima “reca a presupposto che a monte vi siano appunto pronunciamenti,
anche non più rimovibili, sull’obbligo del tributo”.
Il motivo di impugnazione non appare fondato e se ne propone il rigetto.
Conviene premettere la formula della norma di cui si invoca la violazione:”Quando
violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si
applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo. Se l’ufficio non contesta
tutte le violazioni o non irroga la sanzione contemporaneamente rispetto a tutte,
quando in seguito vi provvede determina la sanzione complessiva tenendo conto
delle violazioni oggetto del precedente provvedimento. Se più atti di irrogazione
danno luogo a processi non riuniti o comunque introdotti avanti a giudici
diversi, il giudice che prende cognizione dell’ultimo di essi ridetermina la sanzione
complessiva tenendo conto delle violazioni risultanti dalle sentenze precedentemente
emanate”.

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Tributarie competenti) e premesso che i procedimenti relativi a detti avvisi di

La parte qui ricorrente assume che l’applicazione dell’ultima parte della menzionata
disposizione sia applicabile nonostante siano divenuti definitivi i provvedimenti di
accertamento a seguito del passaggio in giudicato delle sentenze ad essi relative, pur
riconoscendo che la domanda di applicazione dell’istituto non fu rivolta ad alcuno dei
giudici aditi per l’impugnazione dei predetti provvedimenti.

alla data di proposizione dei ricorsi ad impugnazione dei provvedimenti di
accertamento) la disciplina normativa concernente l’applicazione alle sanzioni
tributarie dell’istituto della continuazione (D.Lgs.n.99/2000) la parte qui ricorrente
avrebbe avuto tempo e modo per formulare la domanda (come è consentito
nell’ipotesi di jus superveniens) nel corso del giudizio relativo a uno qualsiasi degli
atti di accertamento, ovvero per prospettare al giudicante del merito —entro il termine
della conclusione dell’ultimo dei procedimenti relativo ad uno dei provvedimenti- la
necessità dell’applicazione d’ufficio dell’istituto ai fini del ricalcolo della sanzione
complessivamente dovuta. Ed infatti codesta Corte Suprema ha già in altra
circostanza evidenziato che:”In tema di violazioni dell’obbligo di dichiarazione
annuale dell’IVA, l’art. 12 del d.lgs 18 dicembre 1997, n. 472, entrato in vigore in
data 1 aprile 1998, ha modificato la disciplina di determinazione della sanzione
tributaria in senso favorevole al contribuente, sostituisce, alla somma delle singole
sanzioni, speciali criteri di calcolo previsti per il concorso di violazioni e per la
continuazione. Lo “ius superveniens” rappresentato da tale disposizione, in ossequio
alla regola del “favor rei”, è applicabile, anche d’ ufficio ed in ogni stato e grado di
giudizio, alle violazioni commesse antecedentemente al 1° aprile 1998, a condizione
che vi sia (come nella specie) un procedimento ancora in corso (art. 25, comma 2,
d.lgs n. 472 del 1997) e che il provvedimento impugnato non sia definitivo”. (Sez. 5,
Sentenza n. 1055 del 18/01/2008).
Nella vicenda qui in esame, perciò, l’avveratasi condizione della definitività dei
provvedimenti di accertamento (nel contesto dei quali sono state applicate e liquidate
le sanzioni connesse con le commesse violazioni) impedisce senz’altro la

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L’assunto non ha pregio: per quanto nella specie di causa sia sopravvenuta (rispetto

riproposizione della questione relativa all’applicazione dell’istituto della
continuazione, non più prospettabile nella sede di esecuzione della pretesa
impositiva.
Venendo infine al ricorso incidentale (centrato sulla violazione degli art.91, e 132
comma 2 n.4 cpc), la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia

“giusti motivi” e perciò con motivazione di stile e sostanzialmente tautologica.
Il motivo appare fondato e da accogliersi, alla luce della costante e ribadita
giurisprudenza di questa Corte (si veda, per tutte Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 26987
del 15/12/2011) secondo la quale:”In tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali
ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, in presenza delle quali, ai
sensi dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo introdotto dall’art. 2 della
legge 28 dicembre 2005, n. 263), il giudice può compensare, in tutto o in parte, le
spese del giudizio non possono essere tratte dalla struttura del tipo di procedimento
contenzioso applicato né dalle particolari disposizioni processuali che lo regolano, ma
devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia
decisa. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che
aveva dichiarato compensate le spese in un giudizio di opposizione avverso
l’irrogazione di sanzione amministrativa, sul presupposto della limitata attività
difensiva della parte, correlata alla natura della controversia)”.
Poiché nel provvedimento qui impugnato non ha trovato rilievo alcuno —ai fini della
compensazione- il fatto processuale controverso ma una generica considerazione di
puro stile, non idonea a costituire oggetto del controllo che compete a questa Corte,
non resta che concludere che la pronuncia merita —sul punto- Cassazione, con
conseguente rimessione della lite al giudice del merito affinchè rinnovi
l’apprezzamento in ordine alla questione relativa alla regolazione delle spese di lite
ed alla loro liquidazione
Pertanto, si ritiene che il ricorso principale può essere deciso in camera di consiglio
per manifesta infondatezza, e il ricorso incidentale per manifesta fondatezza.

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compensato le spese di giudizio sulla scorta del semplice richiamo all’esistenza di

Roma, 30 gennaio 2013.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;

motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed accoglie il ricorso incidentale. Cassa la
decisione impugnata limitatamente a quanto accolto nella motivazione e rinvia alla
CTR Abruzzo che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del
presente grado.
Così deciso in Roma il 10 ottobre 2013.

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i

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