Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24862 del 06/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24862 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 25449-2011 proposto da:
AGRIMI LIDIA GRMLDI53R66B506U, elettivamente domiciliata in
ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dagli avvocati COPPOLA ANGELO, SALVATORE TAURINO,
giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro

s.

COMUNE DI CAMPI SALENTINA in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAURA
MANTEGAZZA 24, presso il dott. MARCO GARDINI,
rappresentato e difeso dall’avvocato BARSI RODOLFO, giusta
deliberazione di G.M. n. 284 del 2.12.2011 e giusta procura speciale a
margine del controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 06/11/2013

avverso la sentenza n. 377/2011 della CORTE D’APPELLO di
LECCE dell’11.3.2011, depositata il 29/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;

agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA che si riporta alla relazione scritta.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA
DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente
comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.
“l. Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:
Pompilia Fs>ti QQnyenne in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce il
Comune di Campi Salentina per ivi sentiriu eondannwe

a rinareirle i

danni subiti a seguito di una caduta nella quale era incorsa mentre
transitava a piedi su un marciapiede.
Costituitosi in giudizio, l’Ente territoriale contestò le avverse
pretese.
2. Con sentenza del 21 maggio 2009 il giudice adito accolse la
domanda, per l’effetto condannando il convenuto a corrispondere a
Lidia Agrimi, erede di Pompilia Foti, deceduta nelle more, la
somma di euro 16.526,00, oltre accessori.
Proposto gravame dal soccombente, la Corte d’appello, in riforma
della decisione impugnata, ha rigettato la domanda attrice,
P.c. 2011 n. 25449 sez. M3 – ud. 09-10-2013
-2-

udito per il controricorrente l’Avvocato Rodolfo Barsi che si riporta

compensando integralmente tra le parti le spese del primo grado e
condannando invece l’appellata a rifondere alla controparte quelle
della fase di gravame.
Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione Lidia Agrimi,
formulando quattro motivi.

3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza
impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata
dall’art. 360 bis, inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge
18 giugno 2009, n. 69. Esso può pertanto essere trattato in camera di
consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc.
civ. per esservi rigettato. Queste le ragioni.
4. Con il primo motivo di ricorso l’impugnante denuncia violazione
degli artt. 2051 e 2043 cod. civ., nonché vizi motivazionali, ex art.
360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.
Assume che erroneamente il giudice a quo aveva individuato il
titolo di responsabilità posto a fondamento della domanda attrice
esclusivamente nel disposto dell’art. 2043 cod. civ., laddove alla
fattispecie dedotta in giudizio andava applicato il disposto dell’art.
2051 cod. civ., con connessi oneri probatori e presunzione di
responsabilità a carico del custode.
5. Le critiche non hanno pregio.
La Corte territoriale, nel ricostruire lo svolgimento del processo, ha
precisato che, secondo il giudice di prime cure, il corredo probatorio
in atti aveva evidenziato la responsabilità del Comune, ex art. 2043
cod. civ.

Ric. 2011 n. 25449 sez. M3 – ud. 09-10-2013
-3-

Resiste con controricorso il Comune di Campi Salentina.

Nulla viene detto, nella decisione impugnata, in ordine ad eventuali
profili di responsabilità dell’Ente quale custode della strada sulla
quale si era verificato l’incidente, e quindi ex art. 2051 cod. civ.
Trattandosi di questione nuova, spettava allora alla ricorrente
dedurre, con la specificità imposta dall’ottemperanza al principio di

del thema decidendum del giudizio di gravame, e ciò tanto più che,
a fronte di una decisione di primo grado che aveva rigettato o
ritenuto assorbita la domanda di risarcimento ex art. 2051 cod. civ.,
l’appellata, costituendosi in appello, aveva l’onere, al fine di evitare
la decadenza di cui all’art. 346 cod. proc. civ., di riproporla
espressamente.
Ne deriva che ogni deduzione al riguardo è ora irrimediabilmente
preclusa.
6. Con il secondo mezzo, lamentando violazione dell’art. 2043 cod.
civ. nonché, ancora una volta, vizi motivazionali, la ricorrente
sostiene che il giudice di merito avrebbe fatto malgoverno del
materiale probatorio acquisito, negando la qualificazione in termini
di insidia, ovvero di pericolo occulto e imprevedibile, del tratto di
marciapiede in cui la Foti ebbe a cadere.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 1227 cod. civ.,
mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, per
avere il giudice di merito addebitato per intero alla vittima
l’eziologia del sinistro, senza considerare che poteva esservi stato un
concorso tra la responsabilità della stessa e quella del Comune.
7. I due motivi, che si prestano a essere esaminati congiuntamente
per la loro intrinseca connessione, sono infondati.

Ric. 2011 n. 25449 sez. M3 – ud. 09-10-2013
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autosufficienza del ricorso per cassazione, che essa faceva già parte

La Corte territoriale, all’esito di un puntuale esame di tutte le
emergenze istruttorie, ha escluso che l’anomalia del tratto di strada
ove ebbe a verificarsi l’incidente, potesse essere qualificata insidia,
e cioè ostacolo occulto e imprevedibile, in ragione della sua
estensione e della sua assoluta visibilità. Ha conseguentemente

intero, all’infortunata.
Trattasi di valutazione di stretto merito, ampiamente e
congruamente motivata, come tale insindacabile in sede di
legittimità. Del resto le critiche svolte in ricorso, attraverso la
surrettizia evocazione di violazioni di legge e di vizi motivazionali,
in realtà inesistenti, mirano proprio a sollecitare una rilettura dei
fatti e delle prove preclusa a questa Corte.
8. Con l’ultimo mezzo, infine, prospettando violazione degli artt. 91
e 92 cod. proc. civ., nonché illogicità e contraddittorietà della
motivazione, la ricorrente contesta la sua condanna al pagamento
delle spese del giudizio di gravame, laddove le stesse,

in

applicazione del principio di causalità, ben potevano essere
compensate, come quelle di primo grado.
9.1 rilievi sono privi di ogni fondamento.
La condanna al pagamento delle spese processuali del giudizio di
gravame è avvenuta in applicazione del principio della
soccombenza, correttamente ritenuto preminente rispetto ai criteri
equitativi che hanno evidentemente ispirato la compensazione di
quelle della prima fase.
Il ricorso appare pertanto destinato al rigetto”.

Ric. 2011 n. 25449 sez. M3 – ud. 09-10-2013
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affermato che la responsabilità del sinistro era addebitabile, per

Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra
trascritta relazione, alla quale la ricorrente non ha del resto neppure
replicato.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento
delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 1.500,00 (di
cui euro 200,00 per esborsi), oltre IVA e CPA, come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre
2013.

P.Q.M.

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