Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24861 del 20/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/10/2017, (ud. 23/02/2017, dep.20/10/2017),  n. 24861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9333-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.M., T.M.M.L., G.A.M.,

T.A., T.G., T.L., domiciliati in ROMA

PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’Avvocato FABIO PACE con studio in MILANO

C.SO PORTA ROMANA 89/B (avviso postale ex art. 135) giusta delega a

margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 260/2014 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata l’11/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per i controricorrenti l’Avvocato PACE che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso proposto dinanzi alla C.T.P. di Pisa, T.G., ex dirigente Enel S.p.A., impugnava il silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate all’istanza di rimborso delle ritenute indebitamente operate sulle somme liquidate a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, rivenienti dalla partecipazione al fondo di previdenza integrativa aziendale, denominato P.I.A.

2. La sentenza di rigetto del ricorso veniva confermata dalla C.T.R. di Firenze.

3. La Corte di cassazione, con sentenza n. 29482 del 2011, annullava la pronuncia impugnata, rilevando come la stessa, nel ritenere legittimo il regime di tassazione separata, si ponesse in contrasto con il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con la decisione n. 13642 del 2011, non operando alcuna distinzione tra somme liquidate in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro e somme corrispondenti al rendimento di polizza. Demandava quindi al giudice del rinvio di rivalutare il merito della controversia sulla base del richiamato principio di diritto.

4. La C.T.R. della Toscana, con sentenza dell’11.2.2014, sulla base delle risultanze della disposta c.t.u., determinava il rimborso spettante al contribuente in Euro 162.537,58, sulla base dell’aliquota del 12,50% prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6.

5. Avverso tale pronuncia l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

6. Resistono con controricorso gli eredi del contribuente.

7. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63 e degli artt. 384,392 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Deduce la ricorrente che la C.T.R. aveva deciso la controversia in difformità del principio di diritto enunciato nella sentenza n. 29482 del 2011 di questa Corte, con la quale era stato demandato al giudice del merito di verificare l’impiego sul mercato dei capitali accantonati, versati sul fondo P.I.A., posto che dalle risultanze della c.t.u. espletata, recepite in sentenza, emergeva che le somme qualificate come rendimento non corrispondevano, in realtà, al risultato dell’investimento sul mercato delle somme accantonate.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la C.T.R. deciso in contrasto con le allegazioni del contribuente, il quale aveva ammesso che nella vigenza del fondo P.I.A. l’Enel non aveva impiegato i contributi sul mercato finanziario, essendosi limitata ad accantonare in bilancio, secondo le tecniche assicurative, le somme necessarie per far fronte agli impegni derivanti dall’accordo Enel-Fndai del 16 aprile 1986.

3. I due motivi, congiuntamente esaminabili, sono fondati nei termini appresso indicati.

La C.T.R., invero, recependo le risultanze della c.t.u., il cui contenuto è per ampi stralci testualmente trascritto in ricorso e risulta nella sua parte descrittiva incontestato, ha finito con l’identificare il rendimento tassabile secondo il regime dettato dalla L. n. 482 del 1985, art. 6 con la redditività degli accantonamenti effettuati per finanziare la prestazione P.I.A. Nella relazione tecnica, difatti, si rileva che “i capitali rivenienti dalla contribuzione sono stati effettivamente investiti con frequenza annuale a mezzo di accantonamenti (…) andando ad alimentare la riserva matematica di fine periodo”, precisando che “l’assegnazione della plusvalenza alle singole posizioni contributive è stata determinata per differenza tra quanto accantonato a carico dell’azienda e dei dipendenti e quanto doveva essere effettivamente erogato per adempiere all’obbligazione di cui al punto 4 dell’accordo del 15 aprile 1986”. Da ciò si evince che il rendimento individuato dal c.t.u. – e recepito in sentenza non deriva da investimento sul mercato dei capitali affluiti sul fondo P.I.A., rispondendo invece a criteri di matematica attuariale, in funzione dei vincoli contrattuali assunti, come nella sostanza ammesso anche dal contribuente nel ricorso in riassunzione.

4. Alla stregua delle considerazioni svolte, deve quindi pervenirsi all’accoglimento del ricorso, essendo stato accertato che il rendimento ottenuto dalle somme accantonate sul fondo P.I.A. non è derivato dall’investimento delle stesse sul mercato, con la conseguenza che ad esso è applicabile il regime di tassazione separata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17.

La sentenza impugnata va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando che le somme rivenienti dal fondo P.I.A. sono soggette a tassazione separata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

5. Avuto riguardo alla complessità della questione trattata, si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese tra le parti.

PQM

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara che le somme rivenienti dal fondo P.I.A. sono soggette a tassazione separata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2017

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