Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2485 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 03/02/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 03/02/2021), n.2485

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9559-2015 proposto da:

A.T.E.R. della PROVINCIA DI ROMA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PO 25/B, presso lo studio degli avvocati FRANCESCO GIAMMARIA,

TIZIANA SERRANI, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE TRE

MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO DE FEO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3056/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/04/2014 R.G.N. 7722/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/11/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato TIZIANA SERRANI;

udito l’Avvocato DOMENICO DE FEO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza in data 8 aprile 2014 n. 3056 la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva parzialmente accolto la domanda proposta da C.A. nei confronti della AZIENDA TERRITORIALE EDILIZIA RESIDENZIALE della PROVINCIA di ROMA (in prosieguo: ATER ROMA) e, per l’effetto, dichiarato la illegittimità del recesso di ATER ROMA dai contratti di lavoro conclusi con il C. in data 8 luglio 2005 – aventi ad oggetto il conferimento dell’incarico quinquennale di dirigente dell’ufficio “cessioni immobili” e di “direttore generale” – e condannato ATER al pagamento delle retribuzioni maturate e maturande fino alla riammissione in servizio o alla conclusione del rapporto, quantificate in Euro 378.625 alla data della sentenza.

2. La Corte territoriale osservava che ATER muoveva numerosi rilievi alla Delib. 8 luglio 2005 che aveva preceduto i contratti di lavoro; si trattava tuttavia di vizi della delibera e non di situazioni determinanti la sua inesistenza.

3. Pertanto il contratto di lavoro stipulato sulla base della delibera era sorto validamente ed altrettanto validamente era stato conferito al C. il connesso incarico dirigenziale, restando così assorbita la tematica del falsus procurator, introdotta dal Tribunale e dibattuta dalle parti.

4. In ragione della distinzione tra atti di gestione del rapporto di lavoro privatizzato ed atti amministrativi a regime pubblicistico, la determinazione di annullamento, in via di autotutela, della Delib. 8 luglio 2005 non aveva effetto sul contratto di lavoro, non sussistendo in capo al datore di lavoro pubblico il potere di intervenire unilateralmente, nell’esercizio dei poteri attribuitigli in quanto pubblica amministrazione, su un rapporto regolato interamente dal diritto privato.

3.Trattandosi di rapporto a termine e, non essendo stata dimostrata alcuna ragione giustificativa del recesso anticipato, la pretesa retributiva del C. era fondata, nei limiti individuati dal Tribunale.

4. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza ATER ROMA, articolato in tre motivi, cui C.A. ha resistito con controricorso.

5. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di censura ATER ROMA ha impugnato la sentenza per avere escluso la inesistenza della Delib. 8 luglio 2005, deducendo:

– ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e falsa applicazione della L.R. LAZIO n. 30 del 2002, artt. 4, 5, 6, 7, 8, 12; del D.L. n. 293 del 1994, art. 3; L.R. LAZIO n. 12 del 1993, art. 2 – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4: violazione dell’art. 132 c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento;

– ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

2. Ha esposto che con il ricorso in appello erano stati dedotti i seguenti vizi della suddetta delibera:

– Mancanza o irregolare convocazione della seduta del Consiglio di Amministrazione dell’8 luglio 2005, in quanto la originaria convocazione era stata revocata dal Vice Presidente Dott. L., che aveva il potere di convocazione (L.R. n. 30 del 2002, art. 5, lett. b) ed art. 6, comma 2 bis);

– Adozione della delibera su punti non previsti all’ordine del giorno (Statuto ATER ROMA, art. 9);

– Mancata convocazione del direttore generale e del segretario supplente;

– Mancata comunicazione al direttore generale dei nuovi punti all’ordine del giorno;

– Mancanza del quorum costitutivo (art. 9 dello Statuto), pari alla maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio di Amministrazione ovvero a quattro consiglieri mentre erano presenti soltanto 3 consiglieri;

– Illegittima declaratoria di decadenza per incompatibilità del direttore generale avv. U. e illegittima dichiarazione di sfiducia del vicepresidente Dott. L.;

– Illegittimità delle delibere aventi ad oggetto la transazione della controversia in corso con l’avv. C. e la nomina del medesimo a direttore generale, in quanto il consiglio di amministrazione era in regime di prorogatio ai sensi della L.R. n. 30 del 2002, art. 8, comma 3, sicchè potevano essere compiuti sono gli atti urgenti ed indifferibili (L.R. 3 febbraio 1993, n. 12, art. 2, comma 2). In ogni caso: la transazione, a norma di Statuto, avrebbe dovuto essere stipulata dal direttore generale e non dal Consiglio di amministrazione; l’incarico di direttore generale era stato affidato ad un soggetto in conflitto di interessi, in quanto in lite con ATER ROMA; l’incarico di direttore generale avrebbe dovuto essere affidato, ai sensi dell’art. 15 dello Statuto, ad altro dirigente per una durata non superiore ad un semestre, prorogabile per un solo semestre.

3. In questa sede ATER ROMA ha dedotto, in particolare, la rilevanza ai fini della inesistenza della delibera dei vizi relativi: alla convocazione del Consiglio di Amministrazione, che comunque originariamente era stata fissata soltanto per la approvazione del bilancio; al difetto del quorum costitutivo; ai limiti delle attribuzioni dell’organo, in quanto in regime di prorogatio.

4. ATER ROMA ha altresì dedotto la assenza ed apparenza della motivazione di rigetto delle ragioni di impugnazione della delibera.

5. Con il secondo mezzo ATER ROMA ha censurato la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale escludeva la rilevanza dell’annullamento in autotutela della Delib. 8 luglio 2005, deducendo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 nonies.

6. Ha esposto che il Commissario straordinario di ATER, con Delib. 6 settembre 2005, aveva annullato la Delib. 8 luglio 2005, disponendo la caducazione di tutti gli atti ed obbligazioni assunti in esecuzione della delibera annullata e che l’annullamento era stato comunicato agli interessati, ed in particolare al C., che non avevano proposto impugnazione.

7. Ha censurato la sentenza per non aver dato rilievo alla natura pubblica di ATER ed agli effetti dell’annullamento in autotutela di un atto amministrativo, operante ex tunc.

8. Con il terzo mezzo si lamenta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento, per non avere la Corte territoriale pronunciato sull’ultimo motivo di appello, con il quale si censurava la liquidazione delle retribuzioni maturate operata dal Tribunale giacchè avrebbe dovuto essere detratto l’ammontare della prima mensilità di retribuzione, per la quale il C. aveva già ottenuto dal Tribunale di Roma decreto ingiuntivo (n. 4696/2005), oggetto di separato giudizio di opposizione.

9. Ritiene la Corte debba essere accolto il secondo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento del primo e del terzo.

10. Giova premettere, per una ricostruzione di sistema, che nella Regione Lazio le sette AZIENDE TERRITORIALI PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA (in prosieguo: ATER), tra le quali ATER ROMA, sono state costituite dalla L.R. 3 settembre 2002 n. 30, derivando dagli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP).

11. La competenza legislativa regionale in materia di edilizia residenziale pubblica già prima della riforma costituzionale del 2001 era riconducibile al previgente art. 117 Cost., comma 1, e gli Istituti autonomi delle case popolari dovevano essere “considerati come enti regionali” (Corte Costituzionale sentenza n. 1115 del 1988). Allo Stato era riservata la regolazione dei principi fondamentali della materia.

12. Dopo la riforma costituzionale del 2001 la Corte Costituzionale (Corte Cost. sentenza n. 94 del 2007) ha ricondotto la materia dell’edilizia residenziale pubblica a tre livelli normativi: il primo riguarda la determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. m). In essa si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l’uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale; il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia “governo del territorio” oggetto di legislazione concorrente ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 3; il terzo livello normativo, rientrante nell’art. 117 Cost., comma 4 ovvero nella competenza esclusiva residuale delle Regioni, riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale.

13. La produzione legislativa regionale si è intensificata dopo la riforma costituzionale, portando alla istituzione di enti ai quali sono state attribuite svariate denominazioni (Aziende, Agenzie etc), dirette a porre in risalto il nuovo ruolo imprenditoriale attribuito ad essi laddove gli IACP, secondo la struttura configurata dalla Legge Quadro 27 ottobre 1971 n. 865, avevano prevalente natura pubblico-assistenziale e, dunque, costituivano enti pubblici non economici.

14. Così la suddetta L.R. Lazio n. 30 del 2002 ha definito le ATER come enti pubblici di natura economica strumentali della Regione (art. 2, comma 3), disciplinando in conformità alla nuova configurazione la gestione economico – finanziaria (art. 14) e le fonti di finanziamento (art. 20).

15. Parallelamente alla anzidetta trasformazione, è stata disposta la applicazione per il personale dipendente non dirigente del CCNL dei dipendenti delle aziende, società ed enti pubblici economici aderenti a FEDERCASA e per il personale dirigente del CCNL per i dirigenti delle imprese di servizi pubblici locali aderenti a CISPEL (art. 16 L.R. citata).

16. La riconosciuta natura di Ente pubblico economico di ATER ROMA non implica, tuttavia, la sua totale soggezione alla disciplina privatistica.

17. Secondo una consolidata giurisprudenza di legittimità (Cass. SU. 6 marzo 2018 n. 5304; Cass. SU 10 ottobre 2002, n. 14475; Cass. SU 01 dicembre 2000, n. 1243; Cass. SU 22 dicembre 1999 n. 929; Cass. SU 01 dicembre 1994 n. 10239) gli enti pubblici economici, pur operando in aree prevalentemente sottoposte al regime privatistico, sfuggono a detto regime, per rientrare in quello di diritto pubblico, con riguardo alle attività che discendono dalla potestà autoritativa dell’ente di disporre la propria organizzazione, quale espressione di un potere di supremazia inerente alla organizzazione e, cioè, allo svolgimento di una funzione pubblica. Non sussiste, dunque, la possibilità di applicare la disciplina di cui all’art. 2377 c.c. mediante l’art. 2093 c.c., limitandosi quest’ultima norma ad estendere le disposizioni del libro quinto del codice civile all’espletamento delle attività imprenditoriali dell’ente pubblico economico di produzione di beni o servizi e di intermediazione negli scambi.

18. In applicazione di tale principio si è ritenuto essere espressione di un potere pubblicistico la nomina e la revoca degli organi di un ente pubblico economico (Cass. SU n. 5304/2018; n. 14475/2002; n. 929/199; n. 10239/1994), così come la nomina da parte del Consiglio di Amministrazione di un ente pubblico economico dei membri del Consiglio di Amministrazione e del Collegio sindacale di una società controllata (Cass. SU n. 10239/1994).

19. Nella fattispecie di causa si controverte della nomina del direttore generale di ATER ROMA e della successiva delibera di annullamento in autotutela della nomina stessa.

20. Sebbene il direttore generale non sia un organo delle ATER (di cui sono organi, ai sensi della L.R. n. 30 del 2002, art. 4 il Presidente, il consiglio di amministrazione, il collegio dei revisori) la sua nomina, disciplinata dall’art. 11 medesima L.R., appare esercizio della potestà di auto-organizzazione attribuita agli organi dell’ente. Infatti la nomina è riservata al consiglio di amministrazione con una scelta discrezionale, al di fuori di ogni procedura comparativa – nell’ambito dei soggetti aventi i requisiti indicati dal cit. articolo – e la cessazione dell’incarico avviene automaticamente con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione, a conferma dello stretto legame fiduciario intercorrente tra il direttore generale ed il consiglio di amministrazione. Trattasi della figura cui il Consiglio di Amministrazione affida il conseguimento degli obiettivi, che ha potere di proposta nei confronti del consiglio di amministrazione per l’elaborazione di programmi ed altri atti di competenza del consiglio stesso e che partecipa, pur senza diritto di voto, alle sedute del Consiglio di Amministrazione.

21. In sostanza, la nomina del direttore generale delle ATER rientra tra gli atti con i quali l’Ente pubblico provvede alla propria organizzazione e costituisce esercizio di discrezionalità amministrativa.

22. La natura di provvedimento amministrativo della nomina del direttore generale determina, in mancanza di una diversa disciplina, il potere di annullamento d’ufficio dell’atto amministrativo illegittimo, ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 nonies (nel teso vigente ratione temporis), potere esercitato nella specie dal Commissario Straordinario di ATER, giusta Delib. 6 settembre 2005, n. 1.

23. Il C. aveva l’onere di impugnare davanti al giudice amministrativo il provvedimento di annullamento, facendone valere eventuali vizi di legittimità, laddove è pacifico che l’atto di annullamento, non impugnato, è divenuto definitivo.

24. All’esito dell’annullamento dell’atto di nomina, il C. non poteva vantare alcuna posizione di diritto soggettivo allo svolgimento dell’incarico di direttore generale, non potendo tale diritto derivargli, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice dell’appello, dalla stipula del contratto individuale di lavoro. Tale contratto, come dispone la L.R. Lazio n. 30 del 2002, art. 11 comma 2, ha la sola funzione di disciplinare l’incarico conferito con l’atto di nomina e, dunque, i suoi effetti cessano automaticamente con il venir meno della nomina. La cessazione degli effetti del contratto dirigenziale dipende, dunque, dal venir meno del provvedimento che costituisce il presupposto del contratto stesso, secondo il principio per cui gli effetti di un contratto cessano quando ne venga meno la causa (cfr. Corte Costituzionale 16/06/2006, n. 233, che in applicazione del medesimo principio ha ritenuto non rientrare nella materia dell'”ordinamento civile”, riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, la disciplina dello spoil system).

25. In conclusione, il C., non avendo impugnato l’atto di annullamento in autotutela della nomina a direttore generale di ATER ROMA non poteva vantare alcun diritto soggettivo allo svolgimento di detto incarico. Erroneamente il giudice dell’appello ha dunque qualificato la fattispecie in termini di recesso ante tempus dal contratto di lavoro a termine, in quanto il recesso attiene allo scioglimento di un contratto valido ed efficace.

26. La sentenza impugnata, nella parte in cui ha respinto l’appello di ATER ROMA, deve essere pertanto cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso, restando assorbiti il primo ed il terzo, enunciandosi il seguente principio di diritto: “la nomina del direttore generale delle AZIENDE TERRITORIALI PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA, di cui alla L.R. LAZIO 3 settembre 2002, n. 30, art. 11 costituisce espressione della potestà di auto – organizzazione delle stesse AZIENDE TERRITORIALI ed è oggetto di discrezionalità amministrativa. Il provvedimento di nomina è, pertanto, annullabile ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 nonies. All’annullamento consegue la perdita di efficacia del contratto individuale con il quale è disciplinato l’incarico”.

27. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda originaria.

28. Invero, la domanda subordinata di pagamento delle retribuzioni connesse al conferimento dell’ulteriore incarico di dirigente dell’Ufficio cessione immobili, rimasta assorbita nel primo grado per l’accoglimento della domanda principale, non risulta riproposta in appello ex art. 346 c.p.c. In ogni caso la stessa è infondata nel merito, in quanto il potere di conferimento degli incarichi di direzione delle strutture di ATER è riservato dalla L.R. Lazio n. 30 del 2002, art. 11 al direttore generale p.t. (nella specie, avv. U.F.).

29. Le ulteriori domande di risarcimento dei danni proposte dal C. (danno all’immagine professionale, danno da perdita di chanches e danno morale), già oggetto di appello incidentale, sono state respinte dalla Corte di merito per difetto di allegazioni e di prove, con statuizione divenuta definitiva in quanto non impugnata.

30. Le spese dell’intero giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria.

Condanna C.A. al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 7.500 per il primo grado, Euro 8.000 per il secondo grado ed Euro 9.000 per il presente grado, oltre ad Euro 200 per spese, spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella udienza, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA