Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24849 del 04/10/2019

Cassazione civile sez. II, 04/10/2019, (ud. 08/03/2019, dep. 04/10/2019), n.24849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 2382 – 2018 R.G. proposto da:

GES.MERI s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore,

M.G. – c.f. (OMISSIS) – SALT s.r.l., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in

Roma, alla via Crescenzio, n. 20, presso lo studio dell’avvocato

Nicola Staniscia che li rappresenta e difende in virtù di procura

speciale in calce al ricorso.

– ricorrenti –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore.

– intimato –

avverso il decreto dei 3.4/8.6.2017 della corte d’appello di Perugia,

assunto nel procedimento iscritto al n. 6502/2012 v.g.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8 marzo 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso ex art. 414 c.p.c. notificato in data 25.3.2003 al tribunale di Tivoli R.A. chiedeva condannarsi la “GES.MERI” s.n.c., la “SALT” s.r.l. e M.G. al pagamento di differenze retributive ad ella dovute.

Con sentenza n. 69/2005 l’adito tribunale rigettava la domanda.

R.A. proponeva gravame alla corte d’appello di Roma.

Resistevano la “GES.MERI”, la “SALT” e M.G..

Con ricorso alla corte d’appello di Perugia depositato in data 10.9.2012 la “GES.MERI” s.n.c. si doleva per l’eccessiva durata del giudizio nei suoi confronti promosso – ed ancora pendente – dinanzi alla corte d’appello di Roma da R.A..

Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle un equo indennizzo per l’irragionevole durata del giudizio “presupposto”.

Resisteva il Ministero della Giustizia.

Chiedeva darsi atto dell’avvenuta interruzione del giudizio di equa riparazione a far data dal 18.7.2013, di in cui l’avvocato Nicola Staniscia, difensore della ricorrente, era stato sospeso dall’albo per ragioni disciplinari, e dichiararsi estinto il medesimo giudizio in dipendenza della sua mancata riassunzione nel termine di tre mesi.

Con decreto dei 3.4/8.6.2017 la corte d’appello di Perugia rigettava la domanda, dichiarava l’estinzione del giudizio di equa riparazione e condannava parte ricorrente alle spese.

Evidenziava la corte che la s.n.c. ricorrente non aveva provveduto a proseguire l’interrotto giudizio di equa riparazione nel termine di tre mesi dal 15.2.2016, di in cui l’avvocato Nicola Staniscia aveva acquisito reale conoscenza del riacquisto dello ius postulandi; che d’altra parte l’avvocato Staniscia, nel ricorso a questa Corte di legittimità iscritto al n. 1679/2012 r.g., aveva indicato la data del 18.7.2014, quale di del riacquisto da parte sua dello ius postulandi.

Avverso tale decreto hanno proposto ricorso la “GES.MERI” s.n.c., la “SALT” s.r.l. e M.G.; ne hanno chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese da distrarsi in favore del difensore anticipatario.

Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese.

Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 24 Cost., della L. n. 89 del 2001, degli artt. 83, 115,116,301 e 305 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c..

Deducono che la corte di Perugia ha delibato il merito del ricorso per equa riparazione, sicchè ha superato la questione attinente alla pretesa estinzione del giudizio.

Deducono che la sospensione dall’albo dell’avvocato Staniscia si è verificata antecedentemente alla designazione del relatore; che dunque nessuna reale menomazione la parte ricorrente per equa riparazione, ancorchè priva del difensore, ha sofferto; che quindi è da escludere l’automatico verificarsi della causa di interruzione del processo, viepiù chè solo la parte colpita dall’evento interruttivo è abilitata a dedurre la verificazione del medesimo evento.

Deducono che l’interruzione è stata inutilmente dichiarata con ordinanza del 19.1.2015 – mai comunicata alla ricorrente per equa riparazione – allorchè a decorrere dal 18.7.2014 gli effetti della sospensione dall’albo erano già venuti meno; che la corte di Perugia in data 9.9.2016 ha formalmente revocato il provvedimento di interruzione, sicchè la parte ricorrente per equa riparazione non era tenuta alla riassunzione.

Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

Effettivamente il periodo di sospensione dell’avvocato Nicola Staniscia (difensore della ricorrente la “GES.MERI” s.n.c.) dall’albo per ragioni disciplinari si è protratto dal 18.7.2013 al 18.7.2014 (cfr. a tal riguardo stralcio della sentenza n. 22358/2017 di questa Corte di legittimità, riprodotto alle pagg. 7-8 del ricorso) e siffatto periodo ha interferito con il corso del giudizio “presupposto”, siccome si evince dal relativo “storico telematico del fascicolo” (riprodotto a pag. 6 del ricorso), in epoca antecedente alla “designazione del giudice e fissazione prima udienza”, risalenti al 6.9.2016, e dunque in epoca antecedente alla costituzione delle parti, risalente al 30.3.2017.

Si ha riscontro perciò della prospettazione dei ricorrenti a tenor della quale “il provvedimento di revoca (…) è intervenuto in data (09/09/2016) anteriore alla prima udienza del 03/4/017 e della costituzione del Ministero del 03/4/2017” (così ricorso, pag. 12), sicchè non ha minimamente inciso sul diritto di difesa della ricorrente per equa riparazione.

Appieno si giustifica pertanto il riferimento all’insegnamento di questa Corte, alla cui stregua il principio secondo il quale la sospensione dall’esercizio della professione dell’unico difensore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi, presuppone il concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa (cfr. Cass. 10.7,2015, n. 14520; nella fattispecie delibata da questa Corte con la pronuncia testè citata il periodo di sospensione del difensore dalla professione era integralmente caduto tra l’udienza in cui era stato disposto il rinvio per la precisazione delle conclusioni e quest’ultima, sicchè non aveva inciso su esse; Cass. 8.4.2016, n. 6838).

In accoglimento del ricorso il decreto dei 3.4/8.6.2017 della corte d’appello di Perugia, assunto nel procedimento iscritto al n. 6502/2012 v.g., va cassato con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione.

In sede di rinvio sì provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Non sussistono i presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto dei 3.4/8.6.2017 della corte d’appello di Perugia (assunto nel procedimento iscritto al n. 6502/2012 v.g.) e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 8 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2019

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