Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24847 del 24/11/2011

Cassazione civile sez. I, 24/11/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 24/11/2011), n.24847

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FAEBER LIGHTING SYSTEM S.P.A., in persona del legale rappresentante

p.t. L.E., elettivamente domiciliata in Roma, alla via

Cola di Rienzo n. 111, presso l’avv. D’AMATO Domenico, dal quale,

unitamente all’avv. ENNIO BUCCI del foro di Bergamo, è rappresentata

e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.B., elettivamente domiciliato in Roma, alla via I.

Silone n. 252, presso lo studio Eurkaunt, unitamente all’avv.

GALLINELLI Cesare, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e

FALLIMENTO DELLA NORDEX S.R.L., in persona del curatore Dott.

C.P., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Oslavia

n. 14, presso l’avv. DANIELA DE ROSA, unitamente all’avv. ANTONIO

BELLIAZZI del foro di Latina, dal quale è rappresentato e difeso in

virtù di procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 3533/04,

pubblicata il 29 luglio 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2

marzo 2011 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. D’Amato per la ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CARESTIA Antonietta, il quale ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. -La Faeber Lighting System S.p.a. convenne in giudizio la Nordex S.r.l. e M.B., proponendo opposizione al decreto emesso il 27 giugno 1995, con cui il Presidente del Tribunale di Latina le aveva ingiunto il pagamento della somma di L. 53.128.075 in favore della Nordex, a titolo di corrispettivo per la fornitura di materiale per illuminazione.

A fondamento della domanda, sostenne che di avere a sua volta effettuato forniture commissionatele dal M., amministratore della Nordex, il quale l’aveva invitata a fatturarle nei confronti della medesima società e di altre a lui facenti capo, e precisò di aver maturato, nei rapporti con tali società, un credito di L. 79.071,383, che eccepì in compensazione, chiedendo la condanna della Nordex al pagamento del residuo, sull’assunto che il dato formale della fatturazione a soggetti diversi non escludeva l’imputabilità dei debiti alla Nordex ovvero si configurava come un accollo di pagamento, in relazione al quale essa opponente non aveva prestato consenso alla liberazione della debitrice.

In via subordinata, la Faeber evidenziò l’appartenenza delle società nei confronti delle quali erano state emesse le fatture al medesimo gruppo della Nordex, facendo valere la responsabilità di quest’ultima per le obbligazioni assunte dalle prime, nonchè, ai sensi degli artt. 2394 e 2395 cod. civ., quella del M. per i danni arrecati dalla messa in liquidazione di una delle predette società.

1.1. – Con sentenza del 18 dicembre 2000, il Tribunale di Latina rigettò l’opposizione al decreto ingiuntivo e le ulteriori domande proposte dalla Faeber.

2. -Sull’impugnazione di quest’ultima, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 29 luglio 2004, ha rilevato che nel corso del giudizio di primo grado era stato dichiarato il fallimento della Nordex, ed ha quindi dichiarato improponibili le eccezioni e le domande riconvenzionali avanzate dalla Faeber nei confronti del fallimento, dando inoltre atto dell’intervenuta rinuncia dell’appellante alla domanda di cui all’art. 2394 cod. civ., e confermando per il resto la sentenza impugnata.

Qualificata come giudiziale la compensazione eccepita dall’appellante, in quanto presupponeva l’accertamento del credito contestato dal fallimento, la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ha escluso che essa potesse essere fatta valere in un giudizio ordinario, osservando che la liquidazione del credito richiedeva l’identificazione del debitore, e quindi implicava un apprezzamento devoluto al giudice fallimentare e soggetto alla disciplina del concorso.

Premesso inoltre che la Faeber aveva rinunciato a far valere la responsabilità della Nordex per le obbligazioni del gruppo d’imprese, insistendo invece per l’accertamento della simulazione delle fatture ed in alternativa dell’accollo non liberatorio, la Corte, in riferimento alle domande proposte nei confronti del M., ha ritenuto inammissibile l’interrogatorio formale del legale rappresentante della Nordex, ed in parte inammissibili, in parte irrilevanti le prove testimoniali dedotte dall’appellante a sostegno della prima domanda; quanto alla seconda, ha osservato che dalla documentazione prodotta emergeva che le merci fatturate erano state consegnate proprio alle società cui erano intestate le fatture, aggiungendo che la richiesta del M. di fatturare forniture alle varie società del gruppo, confermata dalle prove testimoniali assunte, dimostrava solo che egli si era prestato a far da tramite tra la Faeber e le predette società.

Quanto infine alla domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2395 cod. civ., la Corte, premesso che l’appellante non poteva considerarsi socio o terzo, in quanto creditrice della Nordex, ha ritenuto non provato un intervento doloso o colposo del M. per indurre la Faeber alla fittizia intestazione delle fatture, peraltro corrispondenti a transazioni commerciali effettive, ed ha escluso la responsabilità dell’appellato per aver indotto l’appellante ad intraprendere rapporti commerciali con le società controllate dalla Nordex nonostante il prevedibile fallimento della stessa, non essendovi prova che egli fosse il legale rappresentante delle predette società o il titolare di una posizione di controllo.

3. – Avverso la predetta sentenza la Faeber propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, illustrati anche con memoria. Resistono con controricorso il curatore del fallimento Nordex ed il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. -Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e/o l’errata applicazione degli artt. 35, 36 e 112 cod. proc. civ., del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 24, 52, 56 e 93 e degli artt. 1241, 1242, 1243 e 2909 cod. civ., sostenendo che la Corte d’Appello non avrebbe potuto rilevare l’improponibilità delle eccezioni e delle domande da essa avanzate nei confronti della Nordex, in quanto tale vizio, pur essendo rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, risultava nella specie coperto dal giudicato implicito, formatosi per effetto della mancata impugnazione, da parte del curatore del fallimento e del M., della sentenza di primo grado, che aveva rigettato nel merito le domande da essa proposte nei confronti della società fallita.

Premesso inoltre che la L. Fall., art. 56, si applica anche alla compensazione giudiziale, la ricorrente sostiene che, quando la domanda di accertamento del credito vantato nei confronti del fallito non sia proposta per ottenere la condanna del fallimento, ma solo per far valere la compensazione, la controversia non è devoluta al tribunale fallimentare, ma può essere proposta anche in un giudizio di cognizione ordinaria.

2. – La censura va esaminata congiuntamente a quella di cui al secondo motivo, con il quale la ricorrente deduce la violazione e/o l’errata applicazione dell’art. 1243 cod. civ., nonchè l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la natura legale della compensazione, in virtù della contestazione insorta relativamente all’identificazione del soggetto passivo dell’obbligazione, laddove la compensazione giudiziale è configurabile solo ove sia necessario procedere alla determinazione dell’ammontare del credito.

3. -I motivi sono infondati.

La Corte d’Appello, preso atto dell’intervenuta dichiarazione di fallimento della Nordex, ha dichiarato improponibili nei confronti della stessa la domanda di accertamento del credito vantato dalla Faeber a titolo di corrispettivo per le forniture effettuate o, in subordine, di risarcimento dei danni per la lesione del credito, nonchè l’eccezione di compensazione di detto credito con quello fatto valere dalla società fallita con il ricorso per decreto ingiuntivo, sul presupposto che il predetto accertamento non poteva essere sottratto alla cognizione del giudice fallimentare, presupponendo apprezzamenti e valutazioni ammissibili solo in sede concorsuale.

Ai fini che qui interessano, non assume rilievo determinante l’avvenuta qualificazione della compensazione eccepita dalla Faeber come compensazione giudiziale, conseguente all’affermazione della Corte territoriale secondo cui la liquidazione del credito presupponeva la risoluzione della questione relativa all’identificazione del soggetto tenuto all’adempimento della prestazione.

Con riferimento al caso in cui, nel giudizio promosso dal curatore per il recupero di un credito contrattuale del fallito, il convenuto proponga domanda riconvenzionale diretta all’accertamento di un proprio credito nei confronti del fallimento (ipotesi assimilabile a quella, ricorrente nella specie, in cui il giudizio, promosso da un soggetto ancora in bonis, sia proseguito dal curatore o nei confronti dello stesso, a seguito della dichiarazione di fallimento dell’attore), questa Corte ha infatti affermato che la domanda proposta dal convenuto, in quanto soggetta al rito speciale previsto dalla L. Fall., art. 93, e segg., per l’accertamento del passivo, dev’essere dichiarata inammissibile o improcedibile nel giudizio di cognizione ordinaria; la domanda proposta (o proseguita) dal curatore prosegue invece dinanzi al giudice adito, non operando per la stessa la vis attrattiva del tribunale fallimentare, nè in forza dell’art. 36 cod. proc. civ. o della L. Fall., art. 24, in quanto l’applicazione della L. Fall., art. 52, comma 2, non pone una questione di competenza, ma di rito, nè in virtù del principio del simultaneus processus, il quale, non costituendo un principio di carattere assoluto, incontra un limite nella previsione di un rito speciale ancorato ad una competenza esclusiva applicabile ad una delle cause connesse (cfr. Cass., Sez. Un., 10 dicembre 2004, n,.

23077; 12 novembre 2004, nn. 21499 e 21500). L’inammissibilità o improcedibilità della domanda riconvenzionale trova fondamento nei principi del concorso formale e sostanziale, operanti a seguito della dichiarazione di fallimento, in virtù dei quali i creditori hanno diritto di soddisfarsi sul ricavato della liquidazione dell’attivo solo in proporzione delle rispettive ragioni, fatti salvi i diritti di prelazione, ed i rispettivi crediti devono essere accertati unitariamente, quali che siano i relativi titoli e le domande cui possono dar luogo.

E’ pur vero che, come è stato precisato, tale principio non impedisce al terzo, convenuto nel giudizio proposto o proseguito dal curatore fallimentare, di opporre in via di eccezione il proprio credito, al fine di ottenere la dichiarazione di compensazione con quello fatto valere dall’attore, anche quando il predetto credito non sia stato accertato in sede di verificazione del passivo ed anche quando tale accertamento non sia stato neppure richiesto, giacchè in tal caso il terzo chiede l’accertamento della sua pretesa creditoria, non ai fini della partecipazione al concorso, ma soltanto per contrastare la pretesa del curatore (cfr. Cass., Sez. 3^, 13 gennaio 2009, n. 481; Cass., Sez. 1^, 9 gennaio 2009, n. 287; 21 dicembre 2002, n. 18223). Nella specie, tuttavia, la società ricorrente non si era limitata ad eccepire la compensazione del proprio credito con quello fatto valere dalla Nordex, ma aveva chiesto anche la condanna di quest’ultima al pagamento della differenza, in tal modo facendo valere un maggior credito che avrebbe dovuto comunque essere accertato in sede fallimentare. Non merita pertanto censura la decisione della Corte territoriale, la quale ha dichiarato l’improponibilità della domanda avanzata nelle forme ordinarie, correttamente escludendo anche la possibilità di rimettere la causa al giudice fallimentare, ovvero di disporre la sospensione del giudizio ordinario fino all’esito dell’accertamento del credito in sede fallimentare.

La dichiarazione d’improponibilità non era d’altronde preclusa dalla mancata impugnazione della sentenza di primo grado, nella parte in cui, pronunciando nel merito, aveva rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla Faeber, nonchè le ulteriori domande da quest’ultima avanzate. La pronuncia nel merito trova infatti giustificazione nella mancata dichiarazione dell’intervenuto fallimento della Nordex da parte del procuratore di quest’ultima, che ha impedito l’interruzione del giudizio, non potendo il giudice rilevare d’ufficio il sopravvenuto difetto di capacità della parte, con la conseguente prosecuzione del giudizio tra le parti originarie (cfr. Cass., Sez. 1^, 4 marzo 2011, n. 5226; Cass., Sez. 3^, 22 luglio 2005, n. 15430; Cass., Sez. lav., 10 maggio 2002, n. 6771).

L’avvenuto rigetto dell’opposizione e delle ulteriori domande proposte dalla Faeber escludeva poi l’interesse del curatore ad impugnare la sentenza di primo grado, imponendo invece all’opponente di proporre appello, sia per evitare il passaggio in giudicato della pronuncia di rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo, sia per ottenere l’accertamento del proprio credito, trovando applicazione, a quest’ultimo riguardo, la L. Fall., art. 95, comma 3 (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla sostituzione disposta dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 80). Tale disposizione, dettata per l’ipotesi di accoglimento della domanda proposta dal creditore, va infatti interpretata estensivamente, secondo l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, includendovi l’ipotesi del rigetto (anche solo parziale) della medesima domanda con sentenza non ancora passata in giudicato, con la conseguenza che il creditore che voglia ottenere l’ammissione del proprio credito al passivo del fallimento è tenuto ad impugnarla nei confronti del curatore, il quale è legittimato non solo a proporre l’impugnazione, ma anche a resistervi (cfr. Cass., Sez. 1^, 23 dicembre 2010, n. 26041; Cass., Sez. lav., 27 febbraio 2008, n. 5113; 27 agosto 2007, n. 18088). L’impugnazione del creditore avrebbe peraltro richiesto che il creditore avesse manifestato la volontà di ottenere la soddisfazione del credito in sede concorsuale, mediante un’istanza di insinuazione al passivo, la cui mancata proposizione nella specie risulta invece pacifica tra le parti, con la conseguente impossibilità di un’utile prosecuzione del giudizio nei confronti del fallimento.

Analogamente, avrebbero richiesto l’avvenuta proposizione della domanda nelle forme di cui alla L. Fall., art. 93, e segg., nonchè la pendenza di un giudizio di opposizione allo stato passivo o d’insinuazione tardiva, la sospensione del giudizio ordinario, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., o la riunione delle cause dinanzi al giudice fallimentare, ai sensi dell’art. 274 cod. proc. civ. o delle norme che disciplinano la connessione, non essendo tali provvedimenti ipotizzabili in assenza di una controversia in rapporto di pregiudizialità o dipendenza con quella pendente dinanzi al giudice ordinario (cfr. Cass., Sez. Un., 10 dicembre 2004, n. 23077, cit.).

4. -Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1321, 1326 e 1273 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ., nonchè l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la domanda da essa proposta avesse ad oggetto la simulazione delle fatture, laddove, essendo pacifico che le merci ordinate dalla Nordex erano state fatturate e consegnate alle società di volta in volta indicate dalla stessa, si trattava solo di stabilire se tale indicazione fosse sufficiente a trasferire in capo ad essa la posizione di soggetto acquirente, tenuto all’adempimento delle relative obbligazioni.

4.1. -Il motivo è inammissibile.

La ricorrente censura infatti l’interpretazione dell’atto di appello, sostenendo che, per effetto dell’errata individuazione del contenuto dell’impugnazione, la Corte territoriale ha omesso di pronunciare in ordine alla domanda da essa effettivamente proposta. Tale censura non è riconducibile all’art. 112 cod. proc. civ., il quale, imponendo al giudice il dovere di pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti della stessa, è applicabile al solo caso in cui la parte lamenti l’omesso esame della domanda, e non anche a quello in cui essa deduca l’erronea individuazione del suo contenuto e della sua ampiezza (cfr. Cass,, Sez. lav., 24 luglio 2008, n. 20373; Cass., Sez. 1^, 26 giugno 2007, n. 14784; 7 luglio 2006, n. 15603).

L’interpretazione dell’atto di appello non è censurabile neppure per violazione dell’art. 1362 cod. civ., e segg., non essendo questi ultimi applicabili all’interpretazione della domanda giudiziale, rispetto alla quale non si pone il problema dell’individuazione di una comune intenzione delle parti, e la stessa soggettiva intenzione dell’appellante rileva solo nei limiti in cui sia stata esplicitata in modo tale da consentire all’appellato di cogliere l’effettivo contenuto dell’impugnazione e di poter svolgere un’adeguata difesa (cfr. Cass., Sez. 3^, 14 luglio 2003, n. 10979). Essa costituisce un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, e sindacabile in sede di legittimità soltanto per inesistenza, insufficienza o illogicità della motivazione (cfr. Cass., Sez. 3^, 6 ottobre 2005, n. 19475; Cass., Sez. 2^, 14 aprile 1999, n. 3678). La deduzione di tale vizio, non comportando la prospettazione di un error in procedendo, non consente tuttavia a questa Corte di procedere direttamente all’esame degli atti, e postula pertanto, in ossequio al principio di autosufficienza, la trascrizione nel ricorso per cassazione delle parti salienti dell’atto di appello, al fine di consentire al Giudice di legittimità una valutazione in ordine alla fondatezza ed alla decisività delle censure (cfr. Cass., Sez. lav., 12 maggio 2010, n. 11477).

Tale onere nella specie non può ritenersi adeguatamente assolto, essendosi la ricorrente limitata, nel censurare l’interpretazione fornita dalla Corte d’Appello, a riportare in modo assai frammentario il contenuto del motivo d’impugnazione, preoccupandosi più di sottolineare le incongruenze in cui sono incorsi, a suo avviso, sia il Giudice di primo grado che quello di appello che d’illustrare il contenuto effettivo del gravame, il cui oggetto e la cui ampiezza non sono pertanto individuabili con certezza.

La Corte d’Appello, peraltro, ha preso atto dell’insistenza della Faeber nella tesi secondo cui le forniture da essa eseguite, pur essendo state consegnate a società diverse dalla Nordex, sarebbero state ordinate da quest’ultima, e per essa dal M., in qualità di amministratore, con invito ad emettere le fatture in favore delle società consegnatane, e ne ha desunto l’avvenuta prospettazione, in via alternativa, della simulazione dei contratti di fornitura o di un accollo non liberatorio del debito contratto dalla Nordex, rigettando entrambe le domande, per difetto della relativa prova. La ricorrente torna ad insistere nella propria tesi, contestando in particolare la ricostruzione della fattispecie come interposizione fittizia, ma dimostrando di non essere in grado neppure di individuare una diversa qualificazione del rapporto asseritamele intercorso con la Nordex e le altre società, e soprattutto trascurando la circostanza decisiva che, una volta dichiarata l’improcedibilità delle domande proposte nei confronti della società fallita e preso atto della rinuncia dell’appellante all’azione di responsabilità di cui all’art. 2394 cod. civ., le uniche pretese che potevano venire in considerazione ai fini della decisione erano quelle residue avanzate nei confronti del M., a carico del quale, tuttavia, non era configurabile alcuna obbligazione contrattuale, essendo pacifico tra le parti che egli a- veva agito in qualità di amministratore della Nordex.

5. – E’ invece infondato il quarto motivo, con cui la Faeber denuncia l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia e l’omesso esame di documenti decisivi, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni proposta ai sensi dell’art. 2395 cod. civ., da essa proposta per essere stata indotta da M. a fornire alla Nordex Italia Lighting Ltd. Merce rimasta non pagata per insolvenza della debitrice.

5.1. -La ricorrente lamenta infatti che la Corte d’Appello non abbia tenuto conto di un documento prodotto in giudizio, dal quale risultava che il M. controllava metà del capitale della predetta società ed era direttore della stessa, unitamente alla figlia, e non abbia ammesso l’interrogatorio formale dedotto da essa ricorrente al fine di provare la medesima circostanza; quest’ultima, posta in relazione con l’esposizione debitoria della Nordex Italia Lighting Ltd. nei confronti della Nordex, avrebbe dimostrato, ad avviso della Faeber, che il M., allorchè le aveva commissionato le forniture fatturate alla Nordex Italia Lighting Ltd., era perfettamente consapevole che le stesse non sarebbero state pagate.

La censura non coglie appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata, nella quale la qualità di legale rappresentante o la titolarità di una posizione di controllo spettanti al M. nell’ambito della Nordex Italia Lighting Ltd. assume un rilievo assai marginale rispetto all’affermazione, che costituisce la ragione essenziale della decisione, dell’assenza di qualsiasi prova di una concatenazione dei fatti, tale da dimostrare la preordinazione dell’inadempimento. Tale affermazione non potrebbe trovare smentita nelle risultanze del documento indicato, posto che l’avvenuto scioglimento della predetta società a pochi mesi di distanza dall’effettuazione delle forniture e l’esistenza di un passivo di bilancio, ed in particolare di un’esposizione debitoria nei confronti della Nordex S.r.l., non risulterebbero di per sè sufficienti a dimostrare che, al momento in cui le forniture furono ordinate, la società destinataria delle stesse versasse in stato d’insolvenza o comunque di squilibrio economico, e quindi a far presumere che il M. avesse agito consapevolmente a danno della ricorrente.

Tale consapevolezza non è infatti ricollegabile al mero dato dell’inadempimento delle obbligazioni contratte dalla società, del quale quest’ultima è chiamata a rispondere a titolo contrattuale nei confronti del terzo, senza che ciò comporti automaticamente l’insorgenza a carico dell’amministratore della responsabilità di cui all’art. 2395 cod. civ., la quale, avendo carattere extracontrattuale, presuppone un fatto illecito direttamente imputabile ad un comportamento doloso o colposo dello stesso amministratore, come si desume dall’utilizzazione dell’avverbio “direttamente”, la quale esclude che l’inadempimento e la stessa cattiva amministrazione del patrimonio sociale possano dar luogo all’azione di responsabilità (cfr. Cass., sez. 1^, 5 agosto 2008, n. 21130; 28 febbraio 1998, n. 2251).

6. – Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la Faeber Lighting System S.p.a. al pagamento in favore di M.B. e del Fallimento della Nordex S.r.l. delle spese processuali, che si liquidano per ciascuno dei contro ricorrenti in complessivi Euro 1.700,00, ivi compresi Euro 1.500,00 per onorario ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2011

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