Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24845 del 21/11/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 24845 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: ARMANO ULIANA

SENTENZA
sul ricorso 7434-2012 proposto da:
SOLLAZZI

LUCIANA

SLLLCN51S621232K,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA, 15, presso
lo studio dell’avvocato SUSANNA LOLLINI, rappresentata
e difesa dall’avvocato GIUSEPPE BRINI giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –

2014
contro

1913

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI PISA , ENEL RETE GAS
SPA ;
– intimati –

1

Data pubblicazione: 21/11/2014

avverso la sentenza n. 158/2011 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 01/02/2011, R.G.N. 192/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/09/2014 dal Consigliere Dott. ULIANA
ARMANO;

Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso p.q.r.;

2

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Svolgimento del processo
La Corte di appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado
di rigetto della domanda proposta da Luciana Sollazzi nei confronti
dell’Amministrazione Provinciale di Pisa, che a sua volta ha chiamato in
causa la Camuzzi Geometri,ora Enel Rete Gas , ditta che stava
effettuando dei lavori stradali, per i danni riportati a seguito della caduta
con il suo motorino per la presenza di una buca piena di acqua sulla sede

La Corte di merito ha confermato il rigetto della domanda sul rilievo della
mancanza di prova che la caduta del motorino fosse avvenuta a causa
della presenza di una buca nel manto stradale. Ha posto le spese del
giudizio di appello dell’Amministrazione Provinciale di Pisa e dell’Enel a
carico della ricorrente.
Avverso detta decisione propone ricorso la Sollazzi con tre motivi.
Non presentano difese gli intimati.
Motivi della decisione
1.Con il primo motivo si denunzia la nullità del procedimento per la
mancata ammissione del teste Antonio Grasso ex. art. 360 n.4 c.p.c.
Sostiene la ricorrente che la Corte di appello ha negato, senza
un’adeguata motivazione, l’ammissione della deposizione del teste
Antonio Grasso, che in base all’articolo 345 c.p.c. avrebbe dovuto
ammettere in quanto la deposizione era indispensabile.
2.11 motivo è infondato.
La Corte di appello ha ritenuto non ammissibile la testimonianza del teste
Grasso introdotto dalla Sollazzi solo in grado di appello ,tenendo conto
delle circostanze poste a fondamento della richiesta ,vale a dire che la
Sollazzi solo dopo vent’anni era venuta a conoscenza della presenza di
tale teste sul luogo dell’incidente, e del contenuto del capitolo di prova.
La Corte ha evidenziato che il nuovo teste avrebbe dovuto deporre su
circostanze del fatto diverse ed opposte a quelle su cui aveva già
deposto un teste indicato dalla Sollazzi regolarmente ammesso ed
ascoltato in primo grado.
Tale contraddizione sull’articolazione della prova ,insieme alle circostanze
giustificative della richiesta che avveniva ad oltre vent’anni dal fatto,
rendeva inammissibile la prova.
3

stradale.

3.La Corte di merito non si è pronunziata sulla indispensabilità della
prova richiesta, ma sulla sua ammissibilità.
La motivazione non è stata censurata dal ricorrente, il quale incentra il
suo motivo di ricorso sulla indispensabilità del mezzo di prova.
4.Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’articolo 2051 c.c.
Sostiene il ricorrente che per applicarsi l’articolo 2051 c.c. era necessaria
solo la contestualità temporale e spaziale tra la presenza della buca e la

circostanza tramite una fonte di prova diretta.
5.11 motivo è infondato .
Secondo costante giurisprudenza di legittimità per l’applicazione della
presunzione di responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. è necessario
che venga fornita la prova da parte del danneggiato del rapporto di
causalità fra il bene in custodia e l’evento dannoso.
Infatti la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista
dall’art. 2051 cod. civ., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la
sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi
dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in
custodia, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode, posto che
funzione della norma è quella di imputare la responsabilità a chi si trova
nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa
Cass, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011.
L’attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l’onere
di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo,
mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità,
deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva,
idoneo ad interrompere quel nesso causale.
Cass. Sentenza n. 4279 del 19/02/2008
6.Nella specie i giudici di merito , facendo corretta applicazione
dell’articolo 2051 c.c. secondo l’interpretazione costante della
giurisprudenza di legittimità, hanno ritenuto che l’attrice non aveva
fornito la prova che la caduta dal motorino fosse dipesa dalla presenza di
una buca nel manto stradale, rimanendo a suo carico la necessità di
dimostrare la storicità del fatto per determinare l’inversione dell’onere
della prova a carico del custode
4

caduta del danneggiato ,non risultando necessario provare detta

7.Con il terzo motivo si denunzia violazione del principio della
soccombenza ex art 96 C.D.C.
La ricorrente lamenta che erroneamente le sono state addebitate le spese
del giudizio di appello della terza chiamata in causa Enel Gas s.p.a.
8.11 Motivo è infondato.
Attesa la lata accezione con cui il termine “soccombenza” è assunto
nell’art. 91 cod. proc. civ., il rimborso delle spese processuali sostenute

dell’attore, ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione
alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a
nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti
del terzo alcuna domanda, mentre il rimborso rimane a carico della parte
che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora
l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria.

Cass., Sentenza n. 7431 del 14/05/2012
Allorché il convenuto chiami in causa un terzo ai fini di garanzia impropria
– e tale iniziativa non si riveli palesemente arbitraria – legittimamente il
giudice di appello, in caso di soccombenza dell’attore, pone a carico di
quest’ultimo anche le spese giudiziali sostenute dal terzo, ancorché nella
seconda fase del giudizio la domanda di garanzia non sia stata riproposta,
in quanto, da un lato, la partecipazione del terzo al giudizio di appello si
giustifica sotto il profilo del litisconsorzio processuale, e, dall’altro, l’onere
della rivalsa delle spese discende non dalla soccombenza – mancando un
diretto rapporto sostanziale e processuale tra l’attore ed il terzo – bensì
dalla responsabilità del primo di avere dato luogo, con una infondata
pretesa, al giudizio nel quale legittimamente è rimasto coinvolto il terzo.

Cass., Sentenza n. 5027 del 26/02/2008 .
9.Non avendo il carattere dell’arbitrarietà la chiamata in causa da parte
dell’Amministrazione Provinciale della ditta che stava effettuando dei
lavori sulla strada teatro dell’incidente, il regolamento delle spese del
giudizio di appello è stato effettuato nel rispetto dell’articolo 91 c.p.c..
Nulla per le spese del presente giudizio stante l’assenza degli intimati.

P.Q.M

5

dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Roma 26-9-14

Il Consigliere estensore

Innocenzo

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