Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24843 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/12/2016, (ud. 26/10/2016, dep. 05/12/2016), n.24843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19184/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, C.F. (OMISSIS), in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTIGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’avvocato

MARILENA RIGGIRELLO, giusta procura in calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 242/25/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, emessa il 28/04/2014 depositata il

26/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di B.A. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 242/25/2015, depositata in data 26/01/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso per IRPEF dovuta in relazione all’anno 2005, a seguito di rideterminazione, in via sintetica, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, comma 4, del reddito imponibile – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva solo parzialmente accolto il ricorso del contribuente, riducendo il maggior reddito accertato.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame del contribuente, hanno sostenuto clic l’avviso di accertamento doveva essere annullato, per mancanza del preventivo invito al contraddittorio. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione c/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, avendo la C.T.R. ritenuto necessario il contraddittorio preventivo in ipotesi di avviso di accertamento emesso D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, nella versione anteriore alla modifica di cui al D.L. n. 78 del 2010.

2. La censura è fondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato (Cass. 24823/2015) il seguente principio di diritto: “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.

Nella specie, è pacifico che si verte in ipotesi di accertamento sintetico notificato per l’anno d’imposta 2005, in relazione al quale non opera la modifica normativa di cui al D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010. Invero, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, ha disposto (con l’art. 22, comma 1), con specifica norma di diritto transitorio, che le modifiche operano in relazione agli “accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto” e quindi la norma ha effetto dal periodo d’imposta 2009 (cfr. Cass. 21041/2014; Cass. 22746/2015).

La sentenza della C.T.R. non e pertanto conforme ai suddetti principi di diritto.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla C.T.R. della Sicilia.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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