Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24838 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/12/2016, (ud. 26/10/2016, dep. 05/12/2016), n.24838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3418-2015 proposto da:

D.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. DENZA

20, presso lo studio dell’avvocato LAURA ROSA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LORENZO DI FEDERICO giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 685/5/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’Abruzzo, emessa il 29/05/2014 e depositata il

19/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

D.P. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo n. 685/05/2014, depositata in data 19/06/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso, per IRPEF, dovuta in relazione all’anno d’imposta 2004, a seguito di rideterminazione, per maggiori ricavi non dichiarati, del reddito d’impresa della Hotel Europa srl, a ristretta base sociale (essendo soci due fratelli), e di conseguente rideterminazione, previa verifica delle movimentazioni bancarie sui conti correnti dei soci, del reddito della socia, al 50%, della società – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle I entrate, che la fondatezza dell’accertamento a carico del socio risultava, sia dall’ammontare complessivo delle “operazioni extrabilancio” operate dalla contribuente, sia dalla mancata risposta della stessa alla richiesta di chiarimenti dell’Ufficio, sia dal fatto che l’amministratore della società non aveva “denunciato altre fonti di reddito”.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2727 e 2729 c.c., avendo la C.T.R. ritenuto sussistenti le presunzioni gravi, precise e concordanti in fattispecie in cui l’accertamento discendeva invece da “presunzioni di terzo grado” (derivando da un “presunto maggior reddito accertato” a carico della società, effettuato tramite un’indagine bancaria sui conti correnti della società e dei soci, e dall’imputazione alla ricorrente della quota di presunti utili, sul presupposto che si trattasse di società a ristretta base sociale); 2) con il secondo motivo, l’omesso esame, ex art. 369 c.p.c., n. 5, circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, fatto rappresentato dall’estraneità della contribuente alla gestione della società, amministrata e gestita unicamente dal fratelli); con il terzo motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per motivazione irriducibilmente contraddittoria, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 132 c.p.c., avendo i giudici d’appello ritenuto che le operazioni extrabilancio riferibili alla contribuente ammontassero ad “Euro 303.467,14”, pur avendo dato atto che le operazioni bancarie contestate alla D. ammontavano ad importi ben inferiori; 4) con il quarto motivo, l’omessa pronuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4, in violazione dell’art. 112 c.p.c., sull’eccezione, formulata in primo grado, rimasta assorbita nella decisione della C.T.P. e reiterata in sede di controdeduzioni in appello, di violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 in ordine alla determinazione delle sanzioni.

2. La prima censura è infondata.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, nella presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili di una società a ristretta base sociale (Cass. n. 9519/2009), il fatto noto che sorregge la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili non è costituito dalla sussistenza di questi ultimi, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale, cosicchè la sussistenza di utili extracontabili costituisce il presupposto non della presunzione di distribuzione degli stessi tra i soci, ma dell’accertamento della concreta percezione di una determinata somma, da ciascun socio, in ragione della sua quota di partecipazione agli utili sociali. Si è, ancora, costantemente statuito che “rimane salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, per essere stati, invece, accantonati dalla società ovvero da essa reinvestiti” (Cass. 18032 del 2013; Cass. n. 18032 del 2013; id. Cass. 25271 del 2014).

I giudici d’appello, pacifica la ristrettezza base sociale della società, hanno, a fronte dei riscontrati prelevamenti e versamenti sui conti correnti personali dei soci, ritenuto dimostrata, in via presuntiva, ma in difetto di prova contraria, la distribuzione anche alla socia ricorrente di utili extracontabili.

3. La seconda censura è inammissibile, non essendovi stato il lamentato omesso esame, avendo i giudici d’appello dato espressamente atto della mancanza di una prova contraria, da parte della contribuente, idonea a vincere la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili.

4. La terza censura è infondata, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 8053-8054/2014) sui limiti del riformulato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, a seguito del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134.

Non vi è in effetti il lamentato contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, avendo i giudici del merito proceduto all’accertamento, in fatto, delle risultanze dell’atto impositivo, ed essendo, semmai, criticato dalla ricorrente l’apprezzamento delle risultanze processuali operato dal giudice di merito, contrapponendosi a tale apprezzamento quello ritenuto più corretto dalla parte, con argomenti di mero fatto che non possono essere scrutinati in questa sede di legittimità.

5. Risulta invece fondato il quarto motivo, in quanto, al di là della fondatezza o meno della doglianza, sull’eccezione, inerente il profilo di applicazione delle sanzioni, reiterata in sede di controdeduzioni in appello, non risulta essersi pronunciata la C.T.R..

6. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del quarto motivo del ricorso (respinti gli altri motivi), va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. dell’Abruzzo, in diversa composizione.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il quarto motivo del ricorso, respinti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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