Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24837 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 15/09/2021), n.24837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9075/2020 R.G., proposto da:

B.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Villani, con

studio in Lecce, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c.:

avv. maurizio.villani.pec.studiotributariovillani.it), giusta

procura in margine al ricorso introduttivo del presente

procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore;

– intimata –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

della Puglia – Sezione Staccata di Lecce il 3 settembre 2019 n.

2405/23/2019, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18

dicembre 2020, n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso

dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del

Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 28 aprile 2021 dal

Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

B.M. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia – Sezione Staccata di Lecce il 3 settembre 2019 n. 2405/23/2019, non notificata, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento per l’IRPEF relativa all’anno 1999, in dipendenza dell’adesione a “società a ristretta base partecipativa”, in conseguenza della sentenza depositata dalla Corte Suprema di Cassazione il 21 luglio 2017 n. 18059, a seguito della cassazione con rinvio della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Bari – Sezione Staccata di Lecce il 15 dicembre 2010 n. 330/23/2010, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce il 9 giugno 2004 n. 96/07/2004, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure sul presupposto che la contribuente non aveva provato che i maggiori ricavi accertati nei confronti della società partecipata dalla medesima fossero stati accantonati o reinvestiti con una destinazione diversa dalla distribuzione pro quota tra i soci. L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata al difensore delle parte costituita con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza non sono state presentate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver tenuto conto della documentazione bancaria, con la quale la contribuente aveva dimostrato di non aver percepito utili dalla società partecipata nell’anno di imposta.

Ritenuto che:

1. Il motivo è infondato.

1.1 Come è noto, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le altre: Cass., Sez. 2, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. 5″, 22 marzo 2021, n. 7955; Cass., Sez. 6-5, 26 marzo 2021, n. 8575; Cass., Sez. 5, 20 aprile 2021, n. 10310).

1.2 Nella specie, la ricorrente ha lamentato l’omesso esame della documentazione bancaria, dalla quale non risulterebbe il transito di somme dalla società a favore del socio di maggioranza.

Tuttavia, tale circostanza non appare decisiva (né significativa) ai fini della prova contraria di imputazione pro quota ai soci dei maggiori redditi accertati in via definitiva nei confronti della società a ristretta base partecipativa.

Invero, l’accertamento del maggior reddito nei confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa legittima, anche nell’ipotesi di accertamento con adesione, la presunzione di distribuzione degli utili tra i soci, in quanto la stessa ha origine nella partecipazione e, pertanto, prescinde dalle modalità di accertamento, ferma restando la possibilità per i soci di fornire prova contraria rispetto alla pretesa dell’amministrazione finanziaria dimostrando che i maggiori ricavi dell’ente sono stati accantonati o reinvestiti (Cass., Sez. 5, 20 dicembre 2018, n. 32959; Cass., Sez. 6-5, 24 gennaio 2019, n. 1947; Cass., Sez. 5, 11 agosto 2020, n. 16913; Cass., Sez. 5, 24 dicembre 2020, n. 29503).

1.3 Tuttavia, l’onere della prova contraria a carico del socio attiene alla destinazione “sociale” dell’accantonamento o del reinvestimento degli utili extracontabili, rispetto alla quale l’eventuale dimostrazione (anche a mezzo di supporti documentali) dell’insussistenza di accrediti sul conto corrente del socio appare assolutamente inconferente ed ininfluente per superare la presunzione di imputazione pro quota al socio medesimo.

2. Valutandosi l’infondatezza del motivo dedotto, dunque, il ricorso deve essere rigettato.

3. Nulla deve essere disposto in ordine alle spese giudiziali, giacché la parte vittoriosa è rimasta intimata.

4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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