Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24832 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/09/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 15/09/2021), n.24832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 309/2020 R.G., proposto da:

la “Rambo Motors S.r.l.”, con sede in Rieti, in persona

dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avv. Nicola di Mario, con studio in Roma, ove elettivamente

domiciliata, giusta procura in margine al ricorso introduttivo del

presente procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– controricorrente –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

del Lazio il 15 maggio 2019 n. 2974/08/ 2019, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020 n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18

dicembre 2020, n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso

dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del

Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 28 aprile 2021 dal

Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La “Rambo Motors S.r.l.” ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 15 maggio 2019 n. 2974/08/ 2019, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per IRES, IRAP ed IVA relative all’anno d’imposta 2011 in ragione dell’indebita detrazione di costi documentati da fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria di Rieti il 19 dicembre 2016 n. 401/01/2016, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di primo grado, sul presupposto che la fittizietà delle fatture contestate fosse stata adeguatamente provata dall’amministrazione finanziaria. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza non sono state depositate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’amministrazione finanziaria avesse assolto l’onere di provare la natura fittizia delle fatture contestate.

Ritenuto che:

1. Il motivo è infondato.

1.1 Invero, in materia di IVA, con riguardo ad operazioni oggettivamente inesistenti, si è detto che, una volta assolta da parte dell’amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., Sez. 5, 5 luglio 2018, n. 17619; Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27554; Cass., Sez. 5, 14 maggio 2020, n. 8919; Cass., Sez. 5, 10 febbraio 2021, n. 3252; Cass., Sez. 6-5, 1 aprile 2021, n. 9092).

1.2 Ne discende che non si può addossare all’amministrazione finanziaria il più gravoso onere di provare l’effettiva falsità delle fatture contestate, essendo sufficiente provare – anche attraverso l’ausilio di presunzioni semplici – la natura fittizia delle operazioni connesse ai costi portati in detrazione.

1.3 Nella specie, come si evince dagli accertamenti fatti dai giudici di merito, sulla scorta delle risultanze di indagini svolte dalla polizia tributaria, l’avviso di accertamento aveva inequivocabilmente contestato alla “Rambo Motors S.r.l.” l’indeducibilità dei costi rivenienti dalla contabilizzazione delle fatture emesse da società strettamente collegate alla medesima sotto il profilo soggettivo sul rilievo che: a) soci amministratori e legali rappresentanti di tali società rientravano nella compagine sociale della contribuente; b) tali società non risultavano aver assunto lavoratori dipendenti, non effettuavano versamenti d’imposta, presentavano un elevato volume d’affari, ma denunciavano perdite fiscali o utili irrisori;

c) la contribuente aveva contabilizzato fatture emesse dalla “It Loox Racing S.r.l.” per l’importo complessivo di Euro 220.010,00 per operazioni inesistenti, a fronte dell’insussistenza dei relativi documenti di trasporto, della impossidenza di mezzi di trasporto da parte della fornitrice, dell’inadeguatezza delle spese di carburante a carico della contribuente, dell’inesistenza di lavoratori dipendenti, dell’indisponibilità di idonei magazzini per la conservazione delle merci, della dubbia corrispondenza delle merci acquistate con le merci rivendute, della prevalente eccedenza dei prezzi di acquisto rispetto ai prezzi di rivendita;

d) la contribuente aveva contabilizzato fatture emesse dalla “Team Rambo Racing” per l’importo complessivo di Euro 127.000,00 per operazioni inesistenti, a fronte della implausibile concessione in locazione (con scrittura privata priva di data certa per omessa registrazione) alla contribuente per l’anno 2011 di un locale commerciale di cui la stessa non risultava essere proprietaria, nonché della dissonanza tra l’importo dell’imponibile ed il dettaglio dei prezzi parziali per lo svolgimento di un torneo; e) la contribuente aveva emesso fatture a favore delle società collegate per l’importo complessivo di Euro 603.928,22 per operazioni inesistenti (su un fatturato totale di Euro 615.965,00 nel medesimo anno), a fronte dell’apparente percezione di compensi eccessivi per il noleggio di mezzi senza conducente, della vendita di kart e materiali collegati a società esercenti attività estranee a tale settore, alla sproporzione tra le prestazioni fatturate alle società collegate e le prestazioni fatturate ad altri soggetti.

Dunque, nel loro complesso, tali elementi rappresentavano un solido coacervo di indizi gravi, precisi e concordanti circa la fittizietà delle operazioni contestate, che non appariva scalfito dalle deduzioni della contribuente.

1.4 In coerenza col principio enunciato, il giudice di appello ha evidenziato come la società contribuente non abbia assolto l’onere di provare l’effettiva esistenza delle operazioni contabilizzate, essendosi limitata a fornire elementi carenti di riferimenti spaziali e temporali, che si sono rivelati inidonei a sovvertire la efficacia presuntiva delle risultanze investigative (in particolare: un contratto stipulato dalla contribuente a mezzo di scrittura privata priva di data certa; alcune fotografie di gare e premiazioni senza alcuna conferma della riferibilità all’anno 2007; classifiche delle predette gare).

2. Valutandosi la infondatezza del motivo dedotto, dunque, il ricorso deve essere rigettato.

3. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

4. Si dà atto della sussistenza, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura complessiva di Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

 

 

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