Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24832 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. II, 06/11/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 06/11/2020), n.24832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3706/2016 R.G. proposto da:

M.F., E P.M., rappresentati e difesi dall’avv.

Franco Fedrizzi, elettivamente domiciliati in Roma, Via Alberico II,

n. 4, presso l’avv. Francesco Borgia.

– ricorrenti –

contro

EDIL COMIS S.R.L., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dall’avv. Marco Brusciotti, e dall’avv.

Silvia Sanchini, elettivamente domiciliati in Roma, Via Portuense n.

104, presso l’avv. Antonia De Angelis.

– controricorrente –

e

C.F.M..

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trento n. 210/2015,

depositata in data 1.7.2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26.6.2020 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.M.F. ha convenuto in giudizio la Edil Comis s.r.l. dinanzi al tribunale di Trento, sezione distaccata di Cles, esponendo di esser proprietario della particella fondiaria n. (OMISSIS) (su cui insisteva un appartamento su quattro livelli), facente parte della p. edificiale n. (OMISSIS), ubicata in (OMISSIS) e confinante con l’immobile censito in catasto alla part. (OMISSIS) di proprietà della convenuta, costituito da una striscia di terreno non edificata posta alla quota di livello del primo piano della sua abitazione.

Ha dedotto che il confine tra i due mappati coincideva con il muro perimetrale dei garages, siti a piano terra, insistenti sulla part. (OMISSIS), e che, di recente, la convenuta aveva realizzato un muro che aveva invaso parte dell’andito-giardino di sua proprietà, e una terrazza posta a distanza illegale rispetto al confine.

Ha chiesto di individuare il confine tra le due particelle e di ordinare la demolizione del muro e l’arretramento del balcone fino al rispetto della distanza legale.

Si è costituita la convenuta, contestando la domanda.

Con sentenza parziale n. 10/13, il Tribunale di Trento ha stabilito che il confine tra le due particelle non coincideva con quello risultante dalle mappe catastali, ma con il muro su cui erano poste le recinzioni in legno e metallo.

Ha quindi respinto la domanda di demolizione del muro ed ha rimesso la causa in istruttoria per l’acquisizione del regolamento edilizio.

Con successiva sentenza definitiva n. 11/2014, ha ordinato l’arretramento della terrazza fino al rispetto della distanza legale dal confine, compensando parzialmente le spese processuali.

La sentenza è stata confermata in appello.

Per quanto rileva nel presente giudizio, la Corte distrettuale ha ritenuto che il confine fosse stato esattamente individuato in base alla situazione dei luoghi e al posizionamento delle recinzioni, reputando irrilevanti le risultanze del piano di divisione materiale redatto in data 11.11.1996 (intavolato con il sub G.N. 1799/1996), siccome non allegato al titolo di acquisito e munito di una valenza processuale meramente indiziaria, osservando inoltre che il relativo frazionamento era finalizzato solo ad inserire in mappa il perimetro del volume edificato sulla part. (OMISSIS) e quindi il corpo di fabbrica sulla part. edificiale n. (OMISSIS) e non per esattamente definire le superfici della part. (OMISSIS) (su cui era stata edificata la part. ed. (OMISSIS)) e della part. (OMISSIS) (successivamente accorpata nella part. (OMISSIS)).

Ha giudicato tutt’altro che decisivo che, in base al confine stabilito dal tribunale, le condutture dell’acqua risultassero collocate in uno spazio di proprietà di terzi.

La cassazione della sentenza è chiesta da M.F. e P.M., aventi causa a titolo particolare da C.F.M., con ricorso basato su unico motivo, illustrato con memoria.

La Edil Comis ha depositato controricorso.

C.F.M. è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione del R.D. n. 499 del 1929, artt. 1, 5, 7, artt. 1, 2 e 10 della Legge Generale sui libri fondiari e dell’art. 950 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la sentenza erroneamente ritenuto che il C. avesse invocato le risultanze del tipo di frazionamento n. G.N. 211/1996, mentre la sentenza di primo grado era stata censurata in base alle risultanze del piano di divisione materiale 1799/1996.

Secondo il ricorrente, nel 1996 la Pegaso s.r.l. aveva acquistato la part. (OMISSIS), limitrofa alla part. (OMISSIS) e, con decreto del giudice tavolare del 9.12.1996, era stata disposta l’estinzione della part. (OMISSIS) e l’erezione della part. ed. (OMISSIS), costituita da 32 porzioni tra cui anche la part. (OMISSIS); con successivo decreto del 10.10.1997, il giudice tavolare aveva ordinato la formazione di tre porzioni materiali della part. ed. (OMISSIS), ossia le pp.mm. (OMISSIS), specificando che tale particella era posta “a secondo piano andito”, essendo quindi attestata l’assenza del muro con cui il tribunale aveva fatto coincidere la linea di confine tra i fondi. I predetti decreti avevano poi recepito il piano di divisione materiale redatto in data 11.11.1996, individuando, sia descrittivamente che graficamente, il confine tra le partt. (OMISSIS), allorquando entrambe le porzioni erano in capo alla Pegaso s.r.l. e, successivamente, la part. (OMISSIS) era stata ceduta al C. mentre la part. (OMISSIS) era stata acquistata dalla Edil Comis. Di conseguenza, quello che fino ad allora era un confine interno ad un’unica proprietà, era divenuto il confine tra fondi appartenenti a proprietari diversi.

Si assume inoltre che il piano di divisione, essendo parte integrante del libro maestro, era vincolante, in quanto assistito dalla pubblica fede, ed era l’unico elemento utilizzabile in giudizio, non potendo farsi ricorso ad elementi diversi.

2. Il motivo è infondato.

Non sussiste anzitutto la denunciata violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La sentenza ha considerato che il piano di divisione materiale della part. edificiale (OMISSIS) era stato redatto sulla base del frazionamento intavolato, avente il n. 211/1996 (cfr., sentenza pag. 11), evidenziando che le rispettive risultanze erano sostanzialmente conformi, dando atto – contrariamente a quanto sostenuto in ricorso – di aver esaminato entrambe le descritte acquisizioni documentali. Per altro verso, la censura non illustra la decisività dell’errore denunciato (che, per quanto detto, non è comunque sussistente), non indicando quale diverso confine sarebbe stato possibile individuare in base alle risultanze del piano di divisione materiale, dovendo comunque porsi il rilievo che la Corte di merito ha ritenuto, del tutto correttamente – per quanto si dirà – non vincolanti le relative risultanze.

3. E’ noto che nei territori in cui vige il sistema tavolare, il

trasferimento della proprietà o la costituzione, modificazione ed estinzione dei diritti reali immobili non discendono dal mero consenso delle parti, ma richiedono anche l’intavolazione del diritto nel libro fondiario, elemento indispensabile per il prodursi dell’effetto traslativo o costitutivo/estintivo del contratto (R.D. n. 499 del 1929, art. 2, commi 1 e 2).

A differenza della trascrizione, l’intavolazione riguarda il diritto in sè e solo indirettamente l’atto, e viene disposta solo all’esito di un procedimento di competenza del giudice tavolare, cui va rivolta la relativa domanda e che è tenuto a verificare: a) se dal libro fondiario non risulti alcun ostacolo contro la chiesta iscrizione; b) se non sussista alcun giustificato dubbio sulla capacità personale delle parti di disporre dell’oggetto a cui l’iscrizione si riferisce o sulla legittimazione dell’istante; c) se la domanda risulti giustificata dal contenuto dei documenti prodotti e se detti documenti abbiano tutti i requisiti di legge per procedere all’iscrizione (art. 94, L.L.F.).

Ai sensi dell’art. 1 della legge generale sui libri fondiari, il libro fondiario si compone del libro mastro e di una collezione di documenti.

Il primo è costituito dalle partite tavolari, insieme di fogli contenenti le iscrizioni dei corpi tavolari (unità immobiliari singole o complesse) e dei relativi diritti, oltre che dei fatti oggetto di annotazione. L’estensione dei singoli corpi può essere modificata solo con l’incorporazione o escorporazione di singoli beni (art. 3).

Ogni partita tavolare è composta dal foglio di consistenza (foglio A), dal foglio della proprietà (foglio B) e dal foglio degli aggravi (foglio C). Ai sensi dell’art. 14, L.R. Trentino Alto Adige, il libro maestro si compone – inoltre – dell’archivio delle iscrizioni cancellate.

Come osservato anche in dottrina, la pubblica fede assiste il solo libro maestro, le indicazioni dei documenti sulla base dei quali è stata effettuata l’iscrizione o i documenti di cui all’art. 10, comma 3, se, a differenza del caso in esame, l’immobile è costituito da un condominio, non anche le raccolte di documenti che sostengono il provvedimento di iscrizione o i registri ausiliari (registro reale, registro dei proprietari, giornale tavolare, etc.).

Va in ogni caso rilevato che il controllo giudiziale che precede l’intavolazione fa sì che quest’ultima sia assistita da una presunzione di legittimità del titolo che ne è a fondamento, cui si ricollega la pubblica fede nella validità ed efficacia dell’atto e, conseguentemente, nell’esistenza del diritto intavolato, che però, a prescindere da eventuali reclami contro il decreto di intavolazione, può essere vinta mediante prova contraria da parte di chi si ritenga leso nei propri diritti, con azione di rivendicazione proponibile al giudice ordinario, secondo quanto disposto dal R.D. n. 499 del 1929, art. 6, comma 2 (Cass. s.u. 6332/1980).

Questa Corte ha inoltre precisato che l’efficacia costitutiva dell’intavolazione va intesa nel senso che il diritto di proprietà e gli altri diritti reali sui beni immobili si acquistano, modificano o estinguono solo con l’iscrizione e la cancellazione del diritto nel libro fondiario, ma dette formalità non possiedono un’autonoma efficacia costitutiva o estintiva dei diritti che ne formano oggetto ed è possibile, pertanto, che i diritti tavolati, benchè iscritti in modo formalmente corretto, siano sostanzialmente inesistenti, diversi o meno ampi da quanto risulti dalla pubblicità dei titoli (Cass. 12382/2005; Cass. 25491/2008).

L’efficacia costitutiva dell’intavolazione non afferisce – inoltre – alla quantità o estensione materiale del diritto, che può essere accertata con gli opportuni mezzi di prova.

A detta iscrizione non si ricollega alcun effetto probatorio vincolante, nè essa osta ad una diversa ricostruzione del contenuto oggettivo del diritto reale (Cass. 23958/2013).

Anche per tale ragione è sempre ammessa la possibilità di accertare l’esistenza tra fondi, di un confine diverso da quello risultante dalle mappe erroneamente formate (Cass. 8446/1998; Cass. 2938/1988). Si è perciò escluso, ad es., che l’iscrizione nei registri tavolari di un atto di divisione dia luogo alla tutela propria dell’intavolazione, o che possa valere ad assegnare o a mantenere diritti quantitativamente diversi da quelli oggetto del regolamento divisionale, dato che quest’ultimo produce solo l’assegnazione di beni materiali in proporzione al diritto di proprietà già esistente (Cass. 20844/2016; Cass. 9856/1997).

Anche ove si applichi il sistema tavolare, le mappe – ai sensi dell’art. 950 c.c. – conservano valore meramente sussidiario, cui può farsi ricorso soltanto in caso di obbiettiva e assoluta mancanza di prove idonee a determinare il confine in modo certo (Cass. 14379/1999; Cass. 23958/2013).

Nessun vincolo o efficacia probatoria assoluta, riguardo all’esatta individuazione del confine, poteva quindi riconoscersi al piano di divisione materiale prodotto in giudizio, sebbene regolarmente intavolato, nè alle mappe catastali sulla base delle quali esso era stato elaborato.

Il ricorso è perciò respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

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