Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24831 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. II, 06/11/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 06/11/2020), n.24831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17900/2016 proposto da:

CERVED GROUP SPA, IN PERSONA DELL’AMM.RE DELEGATO E LEGALE

RAPPRESENTATE PRO TEMPORE, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

BRINDISI 11, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO BOCCUCCIA, che

la rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

R.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 14446/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 03/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/06/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Giudice di pace di Roma, con la sentenza n. 9374 del 19 marzo 2012, accolse la domanda proposta dall’avv. R.S. nei confronti di Cerved Business Information s.p.a. (in seguito Cerved Group spa), e per l’effetto condannò la società a pagare Euro 159,80 oltre interessi legali dalla domanda al saldo, ed Euro 200,00 a titolo risarcitorio, previo accertamento dell’inadempimento della società alle obbligazioni assunte nell’ambito del contratto di abbonamento di fornitura on line di visure camerali e di conservatoria con sistema prepagato.

2. Adito dalla soccombente, il Tribunale di Roma ha confermato la decisione di primo grado con sentenza pubblicata il 3 luglio 2015, rilevando che la tesi dell’appellante, secondo cui l’avv. R. avrebbe utilizzato l’intera somma prepagata risultando debitore di Euro 8,65, era rimasta sfornita di prova.

3. Cerved Group spa ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi. Non ha svolto difese in questa sede R.S.. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza o del procedimento per omessa pronuncia “sulla domanda” – rectius motivo di appello – con cui era stata censurata la statuizione di condanna al risarcimento del danno, in quanto priva di motivazione.

La società riporta nel ricorso (pag. 10) il tenore del motivo di appello e precisa che il Giudice di pace aveva liquidato il danno in via equitativa in assenza di prova sull’an debeatur, giacchè l’avv. R. aveva rinunciato alla prova testimoniale a mezzo della quale avrebbe dovuto dimostrare il danno subito per non aver potuto usufruire del servizio fornito da Cerved.

2. La doglianza è inammissibile poichè la contestazione al riconoscimento, ad opera del giudice di primo grado, del danno da infiltrazioni non costituiva motivo di appello.

Dal ricorso si evince che la società si era limitata ad indicare il tema, senza però chiarire le ragioni di censura alla statuizione di primo grado, con la conseguenza che non era sorto l’obbligo per il giudice d’appello di pronunciarsi al riguardo (v. Cass. 25/09/2018, n. 22784; Cass. 02/12/2010, n. 24445).

2. Con il secondo motivo è denunciata nullità della sentenza o del procedimento per omesso esame della prova testimoniale resa dalla sig.ra F.. La società ricorrente lamenta sia l’omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale era stata contestata la ritenuta inammissibilità della testimonianza resa dalla F., responsabile del settore di recupero crediti della Cerved, sia l’omesso esame della testimonianza, il cui contenuto sarebbe decisivo in quanto dimostrerebbe che l’avv. R. aveva utilizzato il servizio oltre il prepagato, e che, di conseguenza, nessun inadempimento era imputabile alla società.

2.1. La doglianza è inammissibile sotto tutti i profili evocati.

La ricorrente non ha trascritto il motivo di appello con il quale assume di avere contestato la decisione di primo grado riguardo alla ritenuta inammissibilità della testimonianza della sig.ra F., e questo rende inammissibile sia la censura di omessa pronuncia sia quella, logicamente consequenziale, di omesso esame del contenuto della testimonianza.

3. Con il terzo motivo è denunciata nullità della sentenza o del procedimento per omesso esame di documenti decisivi, costituiti da n. 3 fatture e dall’elenco dei contratti, che smentirebbero la ricostruzione dei fatti prospettata dall’avv. R.. Dall’esame di tali documenti, in assunto della ricorrente, emergerebbe che il rapporto contrattuale tra R.S. e la Cerved Group ebbe inizio il 2 gennaio 2007, che vi erano stati 3 successivi rinnovi (aprile, maggio e giugno 2007) con versamento della somma complessiva di Euro 425,00 (anzichè di Euro 325,00) e con un consumo pari ad Euro 433,65 (anzichè ad Euro 165,20).

4. Con il quarto motivo, che denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1453,1223,2727,2728,2729,2697 c.c., artt. 115,116 c.p.c., la ricorrente contesta la valutazione della documentazione prodotta, dalla quale si sarebbe dovuta desumere l’erroneità delle cifre riportate nella sentenza di primo grado.

4.1. I motivi, da esaminare congiuntamente poichè investono sotto diversi profili la valutazione del materiale probatorio, sono inammissibili.

Il giudice d’appello ha rilevato che l’attività istruttoria svolta nel giudizio di primo grado non consentiva di ritenere fondata la tesi della società, ed ha specificato, in particolare, che il documento prodotto dalla stessa società era privo di elementi identificativi, e quindi non era riferibile alla posizione dell’avv. R. ed al periodo di interesse.

Il giudizio così espresso non può essere emendato, come richiesto dalla ricorrente, poichè ciò implicherebbe un nuovo esame dell’intero materiale probatorio al fine di giungere ad una ricostruzione della questio facti diversa da quella espressa nella sentenza impugnata, in una prospettiva del tutto estranea al sindacato di legittimità.

E’ vero, infatti, che il mancato esame di un documento è denunciabile per cassazione solo nel caso in cui abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (ex plurimis, Cass. 26/06/2018, n. 16812).

Nella specie, la ricorrente non chiarisce in quale modo i documenti pretermessi incrinerebbero il giudizio espresso nella sentenza impugnata, mentre invoca una complessiva rivisitazione della produzione documentale, come già detto inammissibile in questa sede.

Per altro verso, si deve escludere che la mancata menzione, da parte del Tribunale, della questione relativa alla testimonianza della sig.ra F. costituisca omesso esame di fatto decisivo.

Non si tratta di un fatto storico, secondo l’accezione precisata dalla giurisprudenza costante di questa Corte nell’interpretazione del “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5 (v. per tutte, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053), ma del giudizio di inammissibilità della predetta testimonianza, espresso dal giudice di primo grado e confermato implicitamente dal giudice d’appello.

5. Con il quinto motivo è denunciato omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e si contesta che il Tribunale non abbia verificato se la distinta dei consumi prodotta dalla società contenesse il codice identificativo del cliente avv. R..

5.1. Il motivo è inammissibile per ragioni analoghe a quelle già svolte nell’esame dei motivi che precedono.

Benchè formalmente rivolto a contestare l’omesso esame di fatto decisivo, il motivo contesta in realtà ancora una volta l’apprezzamento del materiale probatorio svolto dal giudice d’appello.

Come si è già rilevato, la sentenza impugnata ha escluso la riconducibilità del “documento prodotto dalla Cerved spa a suffragio della tesi risulta privo di elementi identificativi circa l’effettiva riferibilità al R. ed al periodo temporale in esame, tenuto conto delle osservazioni svolte sul punto dal R. medesimo”. A fronte di tale rilievo, la ricorrente assume che il documento contenesse un codice identificativo coincidente con quello riportato sulle fatture prodotte dal R., così veicolando una diversa ricostruzione del rapporto di dare-avere tra le parti che non rientra nel paradigma del vizio di omesso esame.

6. Alla declaratoria di inammissibilità non fa seguito pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimato. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

 

 

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