Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24830 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. II, 06/11/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 06/11/2020), n.24830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7878/2016 proposto da:

D.V.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE

104, presso ANTONIA DE ANGELIS, rappresentato e difeso dagli

avvocati VITO AURELIO PAPPALEPORE, GIUSEPPE WALTER DE TRIZIO;

– ricorrente –

contro

C.V., elettivamente domiciliato in V.LE. KENNEDY N. 28 –

CASACALENDA – presso l’avv. ANGELINA TARTAGLIA, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 289/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 31/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/06/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Larino, adito da C.V. nei confronti di D.V.C. con azione di regolamento dei confini e di condanna alla demolizione di un muretto e al rilascio di terreno, con la sentenza n. 287 del 2010 accertò che il confine tra i fondi coincideva con la linea verde riportata nella planimetria (OMISSIS) allegata alla relazione integrativa del CTU in data 3 febbraio 2010, e dichiarò integralmente compensate le spese di lite.

2. La Corte d’appello di Campobasso, adita in via principale dal C. ed in via incidentale dal D.V., con sentenza pubblicata il 31 dicembre 2015 ha accolto l’appello principale e, per l’effetto, ha accertato che il confine tra i fondi è quello catastale, individuato con il colore nero sulla planimetria allegata (OMISSIS) alla relazione del CTU in data 9 marzo 2009.

3. D.V.C. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, propone ricorso D.V.C., sulla base di due motivi, ai quali resiste con controricorso C.V.. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.. Il ricorrente ha depositato atto di rettifica di errore materiale per emendare refusi contenuti nel ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 100,112,356 c.p.c. e art. 950 c.c. e si lamenta che la Corte d’appello non abbia rilevato il sopravvenuto difetto di interesse alla pronuncia di accertamento dei confini, a fronte della mancata riproposizione da parte del C. della domanda di demolizione del muretto e di rilascio del terreno, e ciò in quanto la domanda di accertamento era strumentale all’effetto recuperatorio del terreno.

2. La doglianza è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’azione di regolamento dei confini, prevista dall’art. 950 c.c., ha natura di azione di accertamento con la quale, senza mettere in discussione i titoli di proprietà, si persegue esclusivamente il risultato di eliminare l’incertezza sulla demarcazione tra fondi, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto. Essa non perde tale natura ricognitiva per il fatto che l’attore chieda il rilascio di una zona determinata del terreno asseritamente rientrante nel confine del proprio fondo, essendo il rilascio conseguenza dell’istanza principale di esatta determinazione del confine (ex plurimis, Cass. 30/03/2016, n. 6148; Cass. 08/11/2013, n. 25244; Cass. 22/02/2011, n., 4288).

Ciò comporta che l’interesse ad agire non si misura sulla finalità recuperatoria, come pretenderebbe il ricorrente, mentre la domanda di regolamento di confini va senz’altro rigettata dal giudice il quale rilevi la carenza del presupposto dell’azione ex art. 950 c.c., consistente nell’incertezza soggettiva od oggettiva (ex plurimis, Cass. 15/02/2011; Cass. 06/04/2009, n. 8251).

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 950,1362 e 1363 c.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione, costituito dalla “strumentalità dei titoli di acquisto all’esecuzione della Delib. Assegnazione 19 ottobre 1982, n. 100, allegata a tali atti con relative planimetrie quotate”. Il ricorrente assume che la Corte d’appello avrebbe erroneamente individuato il confine utilizzando elementi incerti

– quali il muro costruito dal C. e fogli catastali non quotati – senza considerare gli elementi desumibili dalle convenzioni e dai titoli prodotti in giudizio, con il risultato di traslare e modificare surrettiziamente la lottizzazione.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Benchè formulate con riferimento a pretesi errori di diritto ed a vizi di motivazione, le riferite obiezioni investono il modo nel quale la Corte d’appello ha apprezzato le risultanze istruttorie del processo – titoli, documentazione tecnica, accertamenti peritali – e si risolvono in censure di merito, come tali inammissibili in sede di legittimità.

La Corte d’appello ha esposto compiutamente le ragioni che hanno imposto la rideterminazione del confine (pag. 10 e ss. della sentenza), richiamando in dettaglio sia l’accertamento svolto dal CTU – comprensivo della relazione integrativa disposta dalla stessa Corte – sia le osservazioni dei tecnici di parte. All’esito della complessa ricostruzione, la Corte territoriale ha condiviso le conclusioni raggiunte dal CTU, evidenziando che la ritenuta coincidenza delle linee di confine tra i lotti d) ed e) del P.I.P. con quelle catastali era confermata dalla sovrapposizione della planimetria P.I.P. georeferenziata a quella catastale georeferenziata redatta dal tecnico di parte D.V..

La decisione impugnata non si è discostata dal principio di sussidiarietà delle mappe catastali, nè è ravvisabile il denunciato omesso esame di fatti decisivi.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, nella misura indicata in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

 

 

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