Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2483 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/01/2019, (ud. 10/10/2018, dep. 29/01/2019), n.2483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27558-2017 proposto da:

IMMOBILIARE A. L. DI A.M. E L.R. &

C. SAS, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CATANZARO 9, presso

lo studio dell’avvocato ALBERTO MARIA PAPADIA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LAMBERTO GALLETTI;

– ricorrente –

contro

LEASE PLAN ITALIA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

GIUSEPPE MAZZINI, 27, presso lo studio dell’avvocato FABIO PENNISI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1987/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/10/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza 12.9.2017, in parziale accoglimento dell’appello proposto da Lease Plan Italia spa contro la decisione di primo grado (1002/2010 Tribunale di Prato), ha ridotto a Euro 2.851,54 la somma dovuta dalla società alla Nuova Carrozzeria 2000 snc per una serie di riparazioni di veicoli di proprietà dell’appellante.

Per quanto ancora interessa, secondo la Corte occorreva tener conto dell’accordo di collaborazione che prevedeva prezzi inferiori a quelli di mercato, accordo la cui validità doveva ritenersi prorogata sulla scorta del comportamento concludente della Carrozzeria. Sempre secondo la Corte di merito, sarebbe stato paradossale remunerare in misura superiore, cioè a prezzo ordinario di mercato, opere non autorizzate ed eseguite unilateralmente dal creditore su richiesta dei terzi utilizzatori dei veicoli. Quindi appariva corretta la valutazione dei costi (Euro. 8.151,40) che il CTU aveva operato a pag. 3 della relazione sulla base “del documento che regola i rapporti tra le parti”, anche perchè lo stesso creditore aveva dichiarato in citazione di avere eseguito le riparazioni in forza di pregressi accordi. Pertanto, avendo la Lease Plan già versato la somma di Euro 5.299,86 restava da corrispondere un saldo pari a Euro 2.851,54 oltre interessi e rivalutazione.

2 Contro tale decisione ricorre per cassazione la Immobiliare A.- L. di A.M. e L.R. & C sas (già Nuova Carrozzeria 2000 di A.M. e L.R. snc a cui resiste con controricorso la Lease Plan Italia spa.

Il relatore ha proposto il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

La ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo si deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione agli artt. 1657 e 2225 c.c., rimproverando alla Corte d’Appello di avere erroneamente riconosciuto un rinnovo della convenzione per facta concludentia, omettendo di considerare che la stessa società dopo avere proposto di rinnovare la convenzione, aveva ritirato la relativa proposta con una raccomandata del 2.2.1999 e che le riparazioni si riferivano ad un periodo in cui l’accordo era ormai scaduto.

Il motivo è manifestamente infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (v. tra le varie, Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016 Rv. 638425; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015 Rv. 638171; Sez. 5, Sentenza n. 8315 del 04/04/2013 Rv. 626129; Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010 Rv. 612745; più di recente, v. anche Sez. 2 – Ordinanza n. 20964 del 08/09/2017 Rv. 645246 in motivazione).

Con particolare riferimento alla violazione della norma che disciplina il riparto dell’onere della prova si è poi affermato in giurisprudenza che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5: v. Sez. 3-, Sentenza n. 13395 del 29/05/2018 Rv. 649038; Sez. 3, Sentenza n. 15107 del 17/06/2013 Rv. 626907).

E’ poi noto che il ricorso alle presunzioni è rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivato (tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 8023 del 02/04/2009 Rv. 607382; Sez. 1, Sentenza n. 28224 del 26/11/2008 Rv. 605871).

Ebbene, è evidente che nel caso di specie non ricorre nè l’erronea ricognizione di fattispecie astratta, nè un ribaltamento dell’onere della prova, nè una violazione della disciplina delle presunzioni perchè dalla semplice lettura del motivo di ricorso – ma anche della memoria difensiva – emerge semplicemente la deduzione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: si censurano in sostanza le valutazioni del giudice di merito sulle pattuizioni intercorse tra le parti circa i prezzi delle riparazioni delle auto di proprietà della società di noleggio e sulla validità di tali accordi e in più, in palese violazione della regola dell’autosufficienza, si omette addirittura di specificare (v. pag. 9 ricorso) l’esatto contenuto del documento ivi richiamato (racc. 2.2.1999) e la sede del suo deposito in atti (non bastando certo limitarsi ad affermare che se ne è parlato in comparsa di costituzione).

A ciò aggiungasi, ma solo per completezza, che la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ha espunto i vizi di motivazione dal novero di quelli deducibili in cassazione, introducendo l’omesso esame circa un fatto decisivo, ipotesi qui non dedotta e neppure ravvisabile.

Il rigetto del ricorso comporta inevitabile addebito di spese alla parte soccombente.

Considerato infine che il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-L. di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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