Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2483 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 04/02/2020), n.2483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1456-2013 proposto da:

INVESTIMENTI MEDIA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELLA CROCE ROSSA 2, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO

TROIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO GINO

MAINARDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE I DI MILANO UFFICIO

CONTROLLI AREA LEGALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 98/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 08/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza n. 98/32/12 pubblicata l’8 giugno 2012 la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 13/18/11 che aveva accolto il ricorso proposto dalla Investimenti Media s.r.l. avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) ad essa notificato e con il quale era stata accertata IVA per Euro 43.200,00 indebitamente detratta per l’anno 2004 e riferita ad operazioni soggettivamente inesistenti.

In particolare, la Commissione tributaria regionale ha considerato che legittimamente l’Ufficio aveva recuperato l’IVA indebitamente detratta e riferita a compensi figurativamente corrisposti alla Pielle Benz s.n.c. per attività di intermediazione finalizzata a procacciare clienti, e in realtà corrisposti alla persona fisica T.G. che, a sua volta, aveva dichiarato fiscalmente di avere percepito compensi per Euro 200.000,00 e subito ritenute per Euro 40.000,00 nello stesso anno di imposta.

La stessa Commissione tributaria regionale ha considerato che il rappresentante della Investimenti Media s.r.l. si era rivolto esclusivamente al T. per incaricarlo di procacciare clienti per la propria azienda e questi aveva in effetti svolto il relativo compito e non la Pielle Benz avente tutt’altro oggetto sociale, per cui il rappresentante della Investimenti Media doveva essere consapevole di partecipare ad una frode IVA.

2. La Investimenti Media s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo.

3. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, nonchè della Direttiva CEE 28/11/2006, n. 2006/112/CE, artt. 167 e 168, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare si assume che, ai sensi di tale direttiva, non è legittimo negare la detrazione di imposta ad un soggetto passivo IVA che non sappia o almeno non abbia potuto sapere che l’operazione invocata a fondamento della detrazione si iscriveva in un’evasione posta in essere dall’emittente della fattura o da altro soggetto intervenuto a monte della catena di prestazioni; nel caso in esame, la ricorrente non sapeva nè poteva sapere di tale evasione commessa dal soggetto emittente.

2. Il motivo è infondato.

Questa Corte ha costantemente affermato (da ultimo Cass. 28 febbraio 2019, n. 5873) che, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione che contesti il diritto del contribuente a portare in deduzione il costo ovvero in detrazione l’IVA pagata su fatture emesse da un concedente diverso dall’effettivo cedente del bene o servizio, dare la prova che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere, con l’uso della diligenza media, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si è iscritta in un’evasione o in una frode. La dimostrazione può essere data anche attraverso presunzioni semplici, valutati tutti gli elementi indiziari agli atti, attraverso la prova che, al momento in cui ha stipulato il contratto, il contribuente è stato posto nella disponibilità di elementi sufficienti per un imprenditore onesto che opera sul mercato e mediamente diligente, a comprendere che il soggetto formalmente cedente il servizio al concedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o compiuto una frode.

2.1. Nel caso in esame la Commissione tributaria regionale ha dato corretta applicazione a tale principio, avendo rilevato che “l’appellata non poteva non sapere di partecipare, come sostiene l’Ufficio, ad una frode IVA, caratterizzata da fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti, in quanto lo stesso rappresentante legale aveva dichiarato di essersi rivolto al sig. T. che richiedeva al proprio committente d’intestare fiscalmente e contrattualmente l’esecuzione della prestazione ad una azienda di sua conoscenza”; più in particolare la CTR giunge a qualificare le fatture emesse dalla Pielle Benz verso l’appellata come relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, sul rilievo emergente dall’attività di verifica “che il sig. B. (amministratore della Investimenti Media s.r.l., n.d.r.) nell’anno 2004 si rivolgeva al sig. T. per incaricarlo a procacciare clienti per la propria azienda ed il sig. T. richiedeva al proprio committente (la Investimenti Media s.r.l., n.d.r.) d’intestare fiscalmente e contrattualmente l’esecuzione della prestazione ad una azienda di sua conoscenza ovvero la Pielle Benz”.

La CTR avendo pertanto positivamente riscontrato in atti la prova della consapevolezza (o della possibilità di tale consapevolezza secondo la comune diligenza) del contribuente come richiesta nelle operazioni di specie, non è incorsa nella violazione o falsa applicazione delle norme invocate.

3. In conclusione il ricorso va rigettato.

4. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 4.100,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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