Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24829 del 24/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 24/11/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 24/11/2011), n.24829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rosanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.L., nella sua qualità di unico erede del fratello

N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. NICOTERA

29, presso lo studio degli avvocati SALERNO GASPARE, ALLOCCA GIORGIO,

che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO, giusta delega in calce

alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2740/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/04/2006 R.G.N. 1765/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito l’Avvocato SALERNO GASPARE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La sentenza di cui si domanda la cassazione accoglie l’appello dell’Istituto nazionale della previdenza sociale – Inps – e confermando la decisione del Tribunale di Roma – giudice del lavoro – rigetta la domanda proposta da N.G. per accertamento del diritto alla riliquidazione della pensione integrativa dovuta dall’Istituto con decorrenza 1.1.1981.

Il N., già dipendente dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie – Inam e cessato dal servizio con la qualifica di dirigente generale in data 1.1.1981, aveva chiesto la maggiorazione del trattamento pensionistico ai sensi dell’art. 30 del regolamento del fondo integrativo dell’Inam, maggiorazione derivante dal computo della “retribuzione di posizione” attribuita ai dirigenti in servizio dal CCNL 1998 – 2001.

Affermava la Corte territoriale che la clausola oro di cui al regolamento del fondo ex Inam che estende ai pensionati i benefici riservati al personale in servizio era stata definitivamente abolita dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 3; che in forza della L. n. 334 del 1997 che aveva introdotto, per i dirigenti generali dello Sato ed equiparati, la “indennità di posizione” il N. aveva già ricevuto L. 24 milioni come adeguamento sulla pensione integrativa, ma che non spettava l’ulteriore aumento della pensione con il computo della “retribuzione di posizione” introdotta per i dirigenti generali in servizio dal CCNL 1998/2001. Il ricorso del N. si articola in due motivi; Inps ha depositato procura.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Con il primo mezzo si censura la sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., giacchè la richiesta fatta valere atteneva non già all’aumento della pensione in forza della inclusione della “retribuzione di posizione”, ma in forza della inclusione della “indennità di posizione” introdotta dalla L. n. 334 del 1997 per gli anni 1996 e 1997 e quindi prima del primo gennaio 1998, allorquando la clausola oro era stata abolita dalla L. n. 449 del 1997, art. 59.

Con il secondo motivo si censura la sentenza per difetto di motivazione, sia per avere ritenuto la clausola oro abrogata per un periodo antecedente al primo gennaio 1998, sia per avere confuso l’istituto della indennità di posizione di cui alla L. n. 334 del 1997 con la retribuzione di posizione introdotta dal CCNL 1998/2001.

Il ricorso è fondato.

1. Va premesso che il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 75, comma 2 emanato in virtù della L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 47 – concernente delega al Governo per la disciplina dello stato giuridico delle unità sanitarie locali – ha, tra l’altro, dato facoltà ai dipendenti degli enti mutualistici soppressi (tra i quali l’Inam) trasferiti alle unità sanitarie locali di optare per il mantenimento della posizione assicurativa già costituita nell’ambito dell’assicurazione generale obbligatoria e degli eventuali fondi integrativi di previdenza esistenti presso gli enti di provenienza. A norma del citato D.P.R. n. 761 del 1979, art. 75, commi 3, 4 e 5, in favore del detto personale che avesse, nei previsti termini, esercitato l’indicata facoltà di opzione è stata costituita presso l’Inps una gestione speciale ad esaurimento per l’erogazione dei trattamenti, a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, secondo le disposizioni regolamentari dei preesistenti fondi di previdenza.

2. Il citato regolamento dispone, all’art. 30, comma 1 che “ove con provvedimento di carattere generale, siano apportate variazioni nelle retribuzioni pensionabili del personale in servizio, le pensioni a carico del Fondo in godimento sono riliquidate, assumendo come base la nuova retribuzione prevista per la qualifica e la posizione in cui l’impiegato si trovava all’atto della cessazione del servizio” (cosiddetta clausola di “adeguamento al pari grado” o “clausola oro”).

3. La L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 4, ha disposto che “a decorrere dal 1 gennaio 1998, per l’adeguamento delle prestazioni pensionistiche a carico delle forme pensionistiche di cui ai commi 1, 2 e 3, trova applicazione esclusivamente il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 11, con esclusione di diverse forme, ove ancora previste, di adeguamento anche collegate all’evoluzione delle retribuzioni di personale in servizio…”.

4. Ciò premesso oggetto della controversia è, dunque, il diritto del N. di ottenere la maggiorazione della pensione integrativa, in godimento quale ex dipendente del soppresso Inam, cessato dal servizio con qualifica di dirigente generale, a beneficiare della clausola oro suddetta fino alla data della sua abrogazione ad opera della legge sopra citata, ossia fino al 31 dicembre 1997. Quale sia però il compenso spettante ai dipendenti in servizio di cui si chiede la inclusione nella pensione integrativa fino al 31 dicembre 1997, non è chiaro da quanto risulta nella sentenza impugnata.

Nella parte relativa allo svolgimento del processo si fa invero riferimento al fatto che la domanda atteneva alla “retribuzione di posizione” di cui all’art. 41 del CCNL 1998/2001, mentre nella parte motivazionale si assume essere stata chiesta la “indennità di posizione”, quella spettante cioè ai dirigenti generali in forza della L. n. 334 del 1997, art. 1. Rilevano nel prosieguo i Giudici d’appello che quest’ultima era già stata liquidata nella misura di 24 milioni, il che viene però contestato dall’attuale ricorrente.

Prosegue la sentenza nel negare il diritto alla inclusione della “retribuzione di posizione” in quanto spettante dal primo gennaio 1998, allorquando la clausola oro era stata soppressa ed esclude poi che “la retribuzione di posizione” di cui al CCNL 1998/2001 costituisca adeguamento della indennità di posizione di cui alla L. n. 334 del 1997.

5. In tale contesto sembra quindi fondata la critica mossa in ricorso di avere la Corte territoriale confuso tra la “indennità di posizione” prevista dalla L. n. 334 del 1997 a favore dei dirigenti generali e la “retribuzione di posizione” prevista dall’art. 41 del CCNL 1998/2001.

6. Quanto alla decisi vita della censura, non potendosi procedere all’annullamento della sentenza ove si dovesse escludere il diritto ad entrambi i compensi, si rileva che, contrariamente ad alcuni precedenti di questa Corte (cfr. Cass. n. 17095 del 21/07/2010), la indennità di posizione sulla pensione integrativa sarebbe dovuta.

Recita infatti la L. 2 ottobre 1997, n. 334, art. 1 (Disposizioni transitorie in materia di trattamento economico di particolari categorie di personale pubblico, nonchè in materia di erogazione di buoni pasto) che “In attesa dell’estensione del regime di diritto privato al rapporto di lavoro dei dirigenti generali dello Stato e in coerenza con la nuova struttura retributiva stabilita per la dirigenza pubblica dai rispettivi contratti collettivi nazionali, ai dirigenti generali e qualifiche equiparate delle amministrazioni statali, ferme restando la vigente articolazione in livelli di funzione e le corrispondenti retribuzioni, spetta per gli anni 1996 e 1997, in aggiunta al trattamento economico in godimento, fondamentale e accessorio, a titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo da definire in sede contrattuale, un’indennità di posizione correlata esclusivamente alle funzioni dirigenziali attribuite e pensionabile … determinata nei seguenti importi annui lordi per tredici mensilità”.

Va precisato che i dipendenti del “parastato” ossia degli enti di cui alla L. n. 70 del 1975, tra cui era compreso l’Inam, sono stati “equiparati” quanto al trattamento economico ai dirigenti dello Stato ad opera della L. n. 72 del 1985, art. 2.

Dispone inoltre la L. n. 448 del 1998, art. 24, comma 6 che “Fino alla data di entrata in vigore dei contratti di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 2 e successive modificazioni e integrazioni, sono prorogate le disposizioni di cui alla L. 2 ottobre 1997, n. 334, art. 1. A tal fine è autorizzata la spesa di L. 37 miliardi annue a decorrere dall’anno 1999.” Se tale è la previsione di legge, la “indennità di posizione” di cui alla citata L. del 1997 dovrebbe competere per gli anni 1996 e 1997, e quindi nel periodo in cui era ancora operante la clausola oro, anche a coloro che godevano in quel periodo della pensione integrativa.

7. Non è qui in discussione l’orientamento della giurisprudenza di legittimità – che va confermato – secondo cui il c.d.

“scaglionamento” nel tempo di incrementi retributivi previsto da fonti normative o contrattuali, ove non sia prevista la corresponsione di “arretrati”, implica la maturazione del credito retributivo nell’ammontare previsto per ciascun periodo di scaglionamento, con la conseguenza che il dipendente cessato dal servizio prima del compimento del periodo di scaglionamento, non può pretendere di computare, ai fini del trattamento di quiescenza, l’aumento complessivo previsto “a regime” (vedi, tra le numerose decisioni sul tema: Cass., S.u., 4 gennaio 2007, n. 14; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3402).

In questo caso però la L. n. 334 del 1997 ricollega, specificamente, a ciascuna annualità 1996 e 1997 il diritto alla indennità di posizione che quindi entra, in forza della clausola oro, a far parte della pensione integrativa fino al 31 dicembre 1997.

Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa nella stessa Corte d’appello di Roma, alla quale è demandato, in primo luogo di verificare quale fosse l’effettivo contenuto della domanda di cui al ricorso introduttivo, se essa vertesse cioè effettivamente, come si assume in ricorso, sul diritto alla inclusione nella pensione integrativa della “indennità di posizione” di cui alla L. n. 334 del 1997, art. 1; ove tale sia effettivamente il contenuto della domanda, va applicato il principio che detta indennità compete, ove non già liquidata, sulla pensione integrativa degli ex dirigenti generali dell’Inam per gli anni 1996 e 1997.

l Giudice del rinvio provvederà anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2011

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