Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24826 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/10/2017, (ud. 12/09/2017, dep.19/10/2017),  n. 24826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5062-2016 proposto da:

D.N.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA piazza

Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA ZAMPIERI;

– ricorrente –

contro

FIDEURAM – INTESA SANPAOLO PRIVATE BANKING S.P.A., in persona del

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIA

86/90, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CORAIN, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2814/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 09/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2017 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE.

Fatto

RILEVATO

– che la parte ricorrente ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia del 9 dicembre 2015, la quale, in accoglimento dell’impugnazione, ha respinto le domande avanzate dalla stessa contro l’intermediario finanziario;

– che la corte del merito, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che: a) sussistono i requisiti formali dell’accordo, posto che presentano la forma scritta sia il contratto-quadro, sia il conto corrente di appoggio, sia il deposito titoli, mentre è stato consegnato alla cliente il documento dei rischi generali; b) al momento dell’acquisto, non era rilevabile la situazione dello Stato argentino, posto che il rating in diminuzione BB – fu assegnato dalla società Standard & Poor il 14.11.2000 e dalla Fitch il 20.3.2001, mentre erano sempre state pagate le cedole per tutte le emissioni di bond; c) l’investitrice ha ricevuto dalla banca tutte le prescritte informazioni, come risulta dal contenuto dell’ordine di acquisto, che reca, altresì, la doppia sottoscrizione, in relazione alla richiesta di eseguire comunque l’operazione segnalata come inadeguata, nonchè dalla distinta dichiarazione in pari data, nella quale, dopo la descrizione del titolo argentino (indicato con nome, codice, data di emissione e rendimento del 10%), la cliente ha dichiarato di essere a conoscenza dei rischi relativi alla negoziazione del titolo quanto al basso rating attribuito ad esso dalle agenzie competenti ed alla “alta volatilità a cui sono sottoposti i corsi giornalmente”, nonchè di voler manlevare la banca per l’esistenza dei predetti rischi; ci) la cliente ha, nello stesso contesto temporale, acquistato altri titoli ad alto rischio e rendimento, confermando il profilo speculativo; e) non è fondata la domanda di annullamento per errore, non potendo questo cadere sulla mera convenienza economica dell’operazione finanziaria; non è provato che la banca detenesse i titoli in quantità eccedente le richieste della clientela, nè l’esistenza di un interesse personale alla rivendita di essi;

– che resiste l’intimata con controricorso;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c.;

– che le parti hanno depositato la memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo deduce, con riguardo alla dichiarazione contestuale all’ordine, la violazione degli artt. 2719 e 2909 c.c., in quanto la corte d’appello ha ritenuto non sussistere idoneo disconoscimento della conformità della copia all’originale, mentre il contrario aveva opinato il giudice di primo grado e tale pronunciamento era passato in giudicato;

– che esso è manifestamente infondato, atteso che, da un lato, la questione della valutazione circa l’idoneità delle espressioni usate ad integrare disconoscimento è stata riproposta in appello dalla banca (p. 29-30 dell’atto di appello), e, dall’altro lato, non si dà, già in tesi, giudicato sulla stessa, non potendosi formare la preclusione da giudicato implicito quando, come nella specie, una questione costituisca antecedente logico di statuizione che abbia formato oggetto di gravame (Cass. 25 giugno 2004, n. 11866), ed i due giudici di merito hanno semplicemente operato una diversa, ma ben ammissibile valutazione di risultanze probatorie;

– che il secondo motivo, il quale lamenta – con riguardo alla medesima dichiarazione contestuale all’ordine – la violazione degli artt. 214 c.p.c. e ss., sostenendo che la ricorrente aveva validamente disconosciuto il contenuto del documento e la sottoscrizione, è manifestamente infondato;

– che, invero, costituisce principio già affermato dai più recenti approdi di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. 21 giugno 2016, n. 12730, ed altre ivi richiamate, quali Cass. 30 dicembre 2009, n. 28096; 5 maggio 2010, n. 10855; nonchè, più di recente, Cass. 3 aprile 2014, n. 7775; 7 giugno 2013, n. 14416) che, in tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive, in particolare ove rivolte al suo contenuto;

– che è stato, infatti, osservato come qualsiasi contestazione in ambito processuale non può essere ambigua o generica, perchè lascerebbe irrisolto il dubbio se i fatti genericamente contestati debbano essere provati o meno: per queste ragioni, la contestazione generica deve ritenersi tamquam non esset e ciò sia per quanto attiene le modalità di contestazione dei fatti processuali allegati dalla controparte, sia per quanto attiene le modalità di contestazione della conformità all’originale della copia di un documento; in particolare una contestazione della conformità all’originale d’un documento prodotto in copia, per essere validamente compiuta ai sensi dell’art. 2719 c.c., va operata, a pena di inefficacia, in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale;

– che, ancora, si è da tempo chiarito come, nell’ipotesi prevista dall’art. 2719 c.c., il disconoscimento si può riferire alla conformità all’originale e non al contenuto del documento stesso: “il disconoscimento di cui al citato art. 2719, pur non richiedendo formula sacramentali, deve essere comunque espressa, mentre, nel caso in questione, non vi è stato tale disconoscimento che è stato riferito al contenuto dell’atto e non alla sua conformità.

Conseguentemente illegittima è la pronuncia che considera il disconoscimento di una fotocopia di un documento con riferimento al suo contenuto anzichè alla coi0 rmità all’originale” (Cass. 20 febbraio 2012, n. 2431);

– che, nel caso di specie, l’odierna ricorrente si era limitata, come essa dichiara nel ricorso, a contestare, quanto al “contenuto della dichiarnione”, la sua “conformità all’originale”, aggiungendo di non avere “memoria di aver sottoscritto il documento in questione”, senza tuttavia anche specificare che intendeva così disconoscere o mettere in dubbio l’esistenza degli originali o la conformità degli atti stessi agli originali e in quale parte: deve concludersi, pertanto, che correttamente la corte territoriale abbia ascritto piena efficacia probatoria alla fotocopia in questione;

– che il terzo motivo – il quale lamenta la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 24 settembre 1998, n. 58, art. 21, artt. 28, 29 e 58 Reg. Consob n. 11522 del 1998, dell’allegato 7 al medesimo, dell’art. 11 direttiva 93/22/CEE, degli artt. 1175, 1337, 1338, 1374, 1375 e 1469-quinques c.c., per non avere la corte territoriale ravvisato la violazione degli obblighi informativi e di trasparenza, in quanto, invece, nell’assunto la ricorrente non ha mai sottoscritto il documento sui rischi generali, il conto corrente di appoggio era successivo all’operazione, come pure il contratto quadro, mentre sull’ordine non vi era nessuna informazione specifica e chiara – è manifestamente inammissibile, in quanto pretende una ripetizione del giudizio di fatto;

– che il quarto motivo, con il quale si lamenta la violazione degli artt. 21 e 24 tuf, artt. 28, 29 e 58 Reg. Consob n. 11522 del 1998, artt. 1722 e 1727 c.c., perchè la doppia sottoscrizione di operazione inadeguata non è idonea ad esonerare la banca dai propri obblighi, non coglie manifestamente nel segno, posto che la corte del merito ha escluso la violazione dell’art. 29 cit. in ragione non solo della duplice sottoscrizione, ma soprattutto per l’accettazione dei rischi, come palesata dalla inequivoca e dettagliata informazione sottoscritta dalla cliente, di cui sopra;

– che il quinto motivo, il quale deduce la violazione e la falsa applicazione dei medesimi D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, artt. 28, 29, 31 e 58 Reg. Consob n. 11522 del 1998, dell’allegato 7 al medesimo, dell’art. 11 direttiva 93/22/CEE, degli artt. 1175, 1337, 1338, 1374, 1375 e 1469-quinques c.c., per avere la corte territoriale fatto inutile riferimento alla gestione patrimoniale per un miliardo di lire ed a precedenti acquisti ad alto rischio, è parimenti inammissibile, censurando una motivazione puramente ad adiuvandum e non cogliendo la ratio decidendi essenziale, costituita dalla pienezza delle informazioni rese dall’inteiniediario;

– che il sesto ed il settimo motivo, i quali censurano la violazione degli artt. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., nonchè (il settimo) anche dell’art. 1362 c.c., D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 e artt. 26, 31 Reg. Consob n. 11522 del 1998, per avere la corte del merito utilizzato una falsa nozione di notorio in relazione alla pericolosità dei titoli argentini, in quanto invece una serie di circostanze segnalavano la situazione di default, e perchè inoltre era onere della banca di provare la propria diligenza, sono manifestamente inammissibili, intendendo essi riproporre – sotto l’egida del vizio di violazione di legge – il giudizio sul fatto;

– che l’ottavo, il nono ed il decimo motivo, i quali censurano la violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., nonchè la mancanza di motivazione, per non avere la sentenza impugnata esplicitato le ragioni di non ammissione della c.t.u. e della prova testimoniale, richieste in primo grado e reiterate in appello, nonchè degli artt. 2697 e 2724 c.c., artt. 244 e 245 c.c. e ss., per la mancata ammissione della prova testimoniale e dell’esame delle istanze istruttorie, sono manifestamente infondati, in quanto il giudice del merito non è tenuto ogni volta ad argomentare il rigetto di istanze istruttorie, in particolare ove ritenga la causa adeguatamente istruita sul piano documentale, mentre nella specie è palese la rilevanza decisiva assegnata alle prove documentali già acquisite;

– che l’undicesimo motivo, il quale lamenta la violazione del principio di non contestazione e degli art. 115 e 167 c.p.c., in quanto in primo grado era circostanza incontestata che l’acquisto fosse stato eseguito su iniziativa dell’intermediario, è manifestamente inammissibile, in quanto ripropone un giudizio di fatto;

– che il dodicesimo ed il tredicesimo motivo, i quali lamentano l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. sulle domande di risoluzione e risarcimento del danno, o la carente motivazione del rigetto in violazione degli artt. 1218,1337,1440,1453 e 2043 c.c., sono manifestamente infondati, essendone il rigetto derivato, in modo adeguatamente motivato, dall’accertata insussistenza di un inadempimento della banca di propri obblighi, mentre nessuna deduzione viene svolta in ordine alla pretesa violazione di dette norme;

– che il quattordicesimo motivo è manifestamente inammissibile, perchè, denunziando la violazione dell’art. 1429 c.c., pretende di sostituire la propria alla valutazione della corte territoriale, la quale ha correttamente affermato che l’errore sulla convenienza economica di un negozio non rientra nella fattispecie costitutiva della norma (Cass. 19 ottobre 2012, n. 18039);

– che il quindicesimo motivo, il quale deduce la violazione degli artt. 1394 e 1395 c.c., D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, artt. 27 e 93 citato regolamento Consob, è manifestamente infondato, avendo già questa Corte chiarito che “la negoziazione in contropartita diretta costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario è autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nell’art. 1 tuf, essendo essa una delle modalità con le quali l’intermediario può dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente. Ne deriva che l’esecnione dell’ordine in conto proprio non comporta, di per sè sola, l’annullabilità dell’atto ai sensi degli artt. 1394 o 1395 c.c.” (Cass. 9 giugno 2016, n. 11876; Cass. 22, dicembre 2011, n. 28432);

– che in conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile (cfr. Cass., sez. un., 21 marzo 2017, n. 7155);

– che la condanna alle spese segue la soccombenza;

– che deve provvedersi alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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