Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24826 del 04/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/10/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 04/10/2019), n.24826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29459-2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO SOMALIA

53, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO PINTO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIA CRISTINA TARCHINI;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI BRESCIA – COMMISSIONE TERRITORIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. R.G. 1882/2016 della CORTE D’APPELLO di

BRESCIA, depositata il 02/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VALITUTTI

ANTONIO.

Fatto

RILEVATO

che:

M.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 176/2018, emessa dalla Corte d’appello di Brescia, depositata il 2 marzo 2018, con la quale è stata confermata l’ordinanza del Tribunale di Brescia che ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia ritenuto credibile la narrazione dei fatti, resa dall’istante, circa le ragioni che lo avrebbero indotto ad abbandonare il suo Paese di origine, senza, peraltro, effettuare alcun approfondimento istruttorio d’ufficio;

Ritenuto che:

la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma. 5, lett. c);

tale apprezzamento di fatto sia censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito;

per contro, poichè il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità, il giudizio di fatto circa la credibilità del ricorrente non possa essere censurato sub specie della violazione di legge (Cass., 05/02/2019, n. 3340);

Ritenuto che:

i rilievi suesposti inducano, altresì, ad escludere la dedotta necessità per il giudice di merito di operare accertamenti officiosi, atteso che l’accertamento do detto giudice deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona;

pertanto, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorra procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria – con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – nel Paese di origine, salvo che – ipotesi neppure allegata nella specie – la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass., 27/06/2018, n. 16925; Cass., 12/11/2018, n. 28862);

Rilevato che:

nel caso concreto, la Corte d’appello ha ritenuto l’istante non credibile per la lacunosità e contraddittorietà delle sue dichiarazioni, avendo il medesimo, nella memoria allegata in sede amministrativa, dichiarato di avere lasciato il suo Paese per motivi di carattere economico, per poi cercare di accreditare in giudizio la versione della persecuzione politica da parte di un gruppo opposto a quello al quale apparteneva suo padre, quantunque il medesimo non si fosse mai occupato di politica, fosse del tutto all’oscuro degli obiettivi delle due opposte fazioni, non fosse a conoscenza, se non per sommi capi, del contenuto delle denunce che sarebbero state sporte nei cuoi confronti dai pretesi oppositori politici, e fosse del tutto inverosimile che tali oppositori, dopo ben quattro anni dalla sua assenza avrebbero dovuto prendersela con lui, sebbene non iscritto a nessun partito;

a fronte di tali motivati rilievi in fatto, il mezzo censura inammissibilmente, peraltro in modo del tutto generico, la violazione di norme di legge – vizio, come detto, neppure configurabile in relazione al giudizio di non credibilità del richiedente – attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e limitandosi ad un riferimento all’obbligo di cooperazione istruttoria da parte del giudice, escluso per le ragioni suesposte – dalla valutazione di non credibilità dell’istante;

Considerato che:

con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia inteso riconoscere al medesimo il permesso di soggiorno per motivi umanitari pur sussistendo i presupposti di legge per la concessione di tale misura; Ritenuto che:

ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria – secondo la disciplina previgente, applicabile ratione temporis (Cass., 19/02/2019, n. 4890) – è evidente che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur partendo dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente (Cass. 4455/2018), la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi;

Rilevato che:

nel caso di specie, il motivo di ricorso si limita ad operare un riferimento al pericolo di persecuzioni, in caso di ritorno in Patria, in relazione al preteso rischio di aggressione da parte degli oppositori politici, in ordine al quale il ricorrente non è stato ritenuto credibile.

Ritenuto che:

per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2019

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