Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24825 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/12/2016, (ud. 27/10/2016, dep. 05/12/2016), n.24825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8031/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTIGJESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.M.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 53/14/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 18/12/2012, depositata il 30/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di M.M.L. (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio 53/14/2013, depositata in data 30/1/2013, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza della contribuente (esercente attività di medico di medicina generale convenzionato con il SSN) di rimborso dell’IRAP versata negli ani dal 2001 al 2005 – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che nella specie il contribuente aveva svolto l’attività professionale con beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile e con “compensi a terzi di modesta entità”, con conseguente assenza del requisito dell’autonoma organizzazione, presupposto impositivo dell’IRAP.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, commi 1 e 3, lett. c) e art. 2697 c.c. e, con il secondo motivo, l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, avendo i giudici della C.T.R. omesso di correttamente considerare le rilevanti spese sostenute, per compensi a terzi e spese per lavoro dipendente, negli anni d’imposta in contestazione.

2. Le censure, da trattare unitariamente, sono infondate.

Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 9451 2016) ha, di recente, affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative rigeribili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”. Secondo la Corte stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione” – non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui sogli minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”, il cui apporto, “mediato o generico”, all’attività svolta dal contribuente si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive.

Con i due motivi viene censurato uno specifico accertamento in fatto, congruamente motivato, compiuto dai giudici di merito, i quali hanno accertato che, oltre al dato dell’impiego complessivo di beni strumentali non “consistente”, ai fini del superamento dell’id quod plerumque accidit, risultavano “modesti” compensi terzi, di cui la contribuente aveva dato “congrua giustificazione”.

L’Agenzia, ammettendo che la contribuente aveva fornito spiegazione delle, modeste, spese per lavoro dipendente (avendo dichiarato di essersi avvalsa di “collaborazione part-time di personale addetto alla segreteria ed alle pulizie dell’ufficio”), fa leva sul solo dato dell’entità dei compensi a terzi (comunque, in media, intorno, complessivamente, ai 10 mila Euro annui), insufficiente ad integrare il quid pluris richiesto nell’organizzazione dell’attività professionale ai fini IRAP.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attività difensiva. Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU. 9938/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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