Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24823 del 04/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/10/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 04/10/2019), n.24823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26543-2018 proposto da:

O.P., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), PROCURA GENERALE presso la CORTE di

CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. R.G. 2000/2016 della CORTE D’APPELLO di

BRESCIA, depositata il 19/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VALITUTTI

ANTONIO.

Fatto

RILEVATO

che:

O.P. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 371/2018, emessa dalla Corte d’appello di Brescia, depositata il 19 marzo 2018, con la quale è stata confermata l’ordinanza del Tribunale di Brescia che ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3 e 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia inteso riconoscere al medesimo la protezione sussidiaria, pur sussistendo i presupposti di legge per la concessione di tale misura;

Ritenuto che:

la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 5, lett. c) (Cass., 05/02/2019, n. 3340), escludendosi, in difetto, anche la necessità per il giudice del merito di operare accertamenti officiosi, peraltro nella specie comunque svolti – come si vedrà in prosieguo in ordine alla situazione socio-politica del Paese di origine dell’immigrato;

l’accertamento del giudice di merito debba, invero, innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona, sicchè, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che – ipotesi neppure allegata nella specie – la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass., 27/06/2018, n. 16925; Cass., 12/11/2018, n. 28862);

Rilevato che:

nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto del tutto inattendibile la versione del fatti resa dal richiedente circa le ragioni che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del medesimo, atteso che il timore di ritorsioni per un attentato ad una scuola islamica, che il gruppo cristiano di appartenenza dell’istante avrebbe compiuto, è smentito dall’articolo di stampa prodotto, il quale, per un verso, non riferisce di arresti o sospetti a carico di cristiani, per altro verso, contiene riferimenti a sospetti su una matrice islamica dell’attentato;

Ritenuto che:

per quanto concerne la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, vada rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass., 12/12/2018, n. 32064).

Rilevato che:

nel caso concreto, la Corte d’appello ha escluso – sulla base dei dati attinti da fonti internazionali aggiornate, riportate nella motivazione della sentenza – che la parte meridionale della Nigeria, dalla quale proviene il ricorrente, sia interessata da una situazione di violenza indiscriminata, ai sensi della norma succitata;

il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in allegazioni del tutto generiche ed in astratte affermazioni di principio;

Considerato che:

con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto erroneamente insussistenti anche i presupposti per il riconoscimento al medesimo del premesso di soggiorno per ragioni umanitarie;

Ritenuto che:

ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria – secondo a disciplina previgente, applicabile ratione temporis (Cass., 19/02/2019, n. 4890) – sia evidente che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur partendo dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente (Cass. 4455/2018), la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi;

nel motivo di ricorso, peraltro, il ricorrente si limiti ad operare un astratto riferimento ai presupposti giuridici generali della forma di protezione in parola, nonchè una generica allegazione in ordine al pericolo di violazioni del diritti umani, in caso di ritorno in Patria, in relazione al quale il ricorrente non è stato, peraltro, ritenuto credibile;

Ritenuto che:

per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione degli intimati.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2019

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