Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24822 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 15/09/2021), n.24822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37561-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

G.L.X.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1476/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LIGURIA, depositata il 09/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. G.L.X., titolare di impresa individuale esercente attività di ristoratore, proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Savona avverso l’avviso accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate, all’esito di indagini della Guardia di finanza, recuperava a tassazione le maggiori imposte Irpef Iva ed Irap nonché le relative sanzioni con riferimento all’anno 2002.

2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso sul presupposto del perfezionamento del condono “tombale”, la Commissione Tributaria Regionale della Liguria confermava e la Corte di Cassazione, con sentenza n. 23101/2011 annullava l’impugnata sentenza ritenendo inapplicabile la disposizione della L. n. 289 del 2002, art. 9. La controversia approdava nuovamente in Cassazione in quanto l’Agenzia delle Entrate contestava la decisione del giudice di rinvio di rimessione degli atti gli atti alla CTP di Savona e questa Corte annullava con rinvio la sentenza della CTR; riassunta nuovamente la causa la CTR della Liguria accoglieva parzialmente l’appello osservando, per quanto di interesse in questa sede, che dal maggior reddito accertato avrebbe dovuto essere dedotta, oltre alle somme versate a titolo di condono, la percentuale dei costi necessari per la produzione del maggior reddito da determinarsi in via presuntiva con conseguente diminuzione delle sanzioni.

4. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi unico motivo. Il contribuente non si è costituito.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo l’Amministrazione Finanziaria denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2) e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si sostiene che l’impugnata sentenza ha erroneamente affermato il principio secondo il quale il maggior reddito accertato attraverso le indagini bancarie debba necessariamente essere depurato delle spese da determinarsi forfettariamente pur in assenza di una specifica prova da parte del contribuente.

2. Il motivo è fondato.

2.1 Questa Corte è ferma nel ritenere che “la presunzione legale “juris tantum” nascente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, può essere vinta dal contribuente soltanto se offre la prova liberatoria che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che gli accrediti e gli addebiti registrati sui conti non si riferiscono ad operazioni imponibili, occorrendo all’uopo che vengano indicati e dimostrati dal contribuente la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti e dei prelievi (Cass. n. 26111/2015, Cass. n. 21800/2017). Ne consegue che il contribuente è tenuto a fornire non una prova generica, ma una prova analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili, dovendo poi il giudice verificare in modo rigoroso l’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie (cfr. tra le tante Cass. n. 2649/2018, 26111/2015, 21800/2017).

2.2 Tale regime probatorio si applica anche per il riconoscimento di eventuali costi deducibili, la cui indicazione e prova è a carico del contribuente e non possono essere riconosciuti in via presuntiva a cura dell’Ufficio (cfr. Cass. 20735/2010, 16896/2014 e 9362/2015).

2.3 Infatti, in tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario (Cass. n. 22868/2017).

2.4 Alla luce dei suesposti principi va, quindi, rilevata l’erroneità dell’operato del giudice dell’appello che, in mancanza dell’assolvimento da parte del contribuente dell’onere della prova sullo stesso gravante, e con operazione ermeneutica illogica oltre che contra legem, ha apoditticamente ritenuto che ad un ricavo occulto dovesse necessariamente corrispondere un costo anch’esso occulto, non provati ma presuntivamente ritenuti da esso giudice, corrispondente alla percentuale dei costi esposti per i redditi dichiarati.

3. Il ricorso va quindi accolto e l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Regionale della Liguria in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie ricorso cassa l’impugnata sentenza alla Commissione Regionale in diversa composizione per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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