Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24821 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 15/09/2021), n.24821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37449-2019 proposto da:

C.F. SPA, in persona del procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN NICOLA DE’ CESARINI, 3,

presso lo studio dell’avvocato LUCA VIANELLO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati TOMMASO LANDI, SIMONA MONTORFANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2761/19/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 26/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La soc. C.F. spa impugnava l’avviso di accertamento, notificato in data 16/3/2017, con il quale l’Agenzia delle Entrate, all’esito di un p.v.c. del Nucleo di Polizia Tributaria, recuperava le maggiori imposta Ires e Irap, con riferimento all’anno 2014, ritenendo, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, superiori al “valore normale” i costi dedotti dalla società C.F. spa, a titolo di royalties, dovute alla controllante – licenziante con sede in Svizzera, C.F. (OMISSIS), per l’utilizzo del marchio e realizzazione stilistica e quali contributo all’immagine, determinato in misura del 2% dell’intero fatturato di vendita a fronte del costo indicato dalla contribuente ammontante al 6%.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Como accoglieva il ricorso ritenendo provato che la società contribuente operava nei tessuti di arredo di pregio e con alto contenuto tecnologico, con conseguente giustificazione del 6% sul contenuto del fatturato corrisposta alla controllante per l’attività di ricerca, sviluppo creatività senza la quale, peraltro,” volumi di vendita realizzati in Italia non sarebbero stati ipotizzabili.

3. Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrale la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva il ricorso osservando: a) che essendo pacifica la residenza da parte della società capogruppo destinataria delle royalties in un Paese a bassa fiscalità (Svizzera) la deducibilità dei costi risultanti da tali pagamenti, è ammessa solo in casi eccezionali, giustificati dall’alto valore tecnologico del settore interessato e da altre circostanze, b) che essendo la valutazione dell’alto valore tecnologico ancorata ad un parametro oggettivo è escluso che tale caratteristica possa essere propria del settore imprenditoriale della produzione e della commercializzazione di tessuti di arredo; c) che sussistevano plurimi elementi che inducevano a ritenere incongrui i costi dedotti e costituiti 1) dal contenuto del contratto (che prevedeva solo la concessione di un limitato diritto di esclusiva all’utilizzo del marchio); 2) dalla previsione ulteriori oneri e costi che si aggiungevano al pagamento delle royalties; 3) dalla incongrua ripartizione del valore delle royalties del 6% (4%per la concessione del diritto di utilizzo del marchio e 2% per il contributo alla promozione e allo sviluppo dell’immagine della società capogruppo) che determinava una duplicazione di costi in funzione promozionale della licenziante.

I giudici di secondo grado ritenevano, quindi, corretta la rideterminazione operata dall’Ufficio della base di calcolo delle percentuali dovute a titolo di royalties nella misura del 2%.

3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente sulla base di un unico motivo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso.

4. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si argomenta che la CTR, nell’ancorare la valutazione dell’alto valore tecnologico del settore alle qualità oggettive del settore stesso, abbia compiuto una errata ricognizione della fattispecie astratta in quanto ha introdotto un elemento che il nostro ordinamento non prescrive.

2. Il motivo è infondato.

2.1 Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, comma 7, prevede che “i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2, se ne deriva aumento di reddito”; il comma 2 richiama il T.U.I.R., art. 9, il quale, al comma 3, dispone che “per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini ed alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o servizi e, in mancanza, ai listini delle camere di commercio ed alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore”.

2.2 Secondo l’orientamento prevalente di questa Corte, la normativa in esame finalizzata alla repressione del fenomeno economico del “transfer pricing” (spostamento d’imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti) comporta che la prova gravante sull’Amministrazione finanziaria riguarda non il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, mentre incombe sul contribuente, giusta le regole ordinarie di vicinanza della prova ex art. 2697 c.c., ed in materia di deduzioni fiscali, l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua di quanto specificamente previsto dal T.U.I.R., art. 9, comma 3 (Cass. n. 7493 del 15/4/2016; n. 13387 del 30/6/2016; Cass. 27018 del 15/11/2017; Cass. n. 18392 del 18/9/2015; Cass. n. 9673 del 19/4/2018).

2.3 La circolare 22 settembre 1980 n. 32 individua tre livelli per valutare il valore normale delle royalties: il primo, non sospetto, fino al 2%; il secondo dal 2% al 5%, determinato in base ai dati tecnici dell’impresa ed al contenuto del contratto, con particolare riferimento all’utilità del licenziatario; il terzo oltre il 5% per casi eccezionali, giustificati dall’alto livello tecnologico del settore economico di riferimento.

2.4 Il giudice di appello ha ritenuto la sussistenza di una serie di elementi – tra i quali anche la circostanza che l’attività di produzione e della commercializzazione di tessuti di arredo non presentasse in sé caratteri altamente tecnologici – che, unitamente considerati, concorrevano a formare un quadro indiziario di incongruità della percentuale del 6% del fatturato a fronte dei servizi resi alla casa madre e, di conseguenza idoneo a legittimare l’accertamento dell’Ufficio ai sensi dell’art. 110, comma 7 effettuato rideterminando il valore delle prestazioni entro il 2%.(cfr. sul punto Cass. 9615/2019 tra le stesse parti per una diversa annualità).

2.8 La decisione della C.T.R. non appare in contrasto con il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 7 ed è in linea con il principio dell’onere probatorio dei presupposti dei costi e degli oneri deducibili; piuttosto la censura si risolve si risolve in una critica che si sovrappone all’accertamento di fatto compito dalla CTR insindacabile in sede di legittimità se non per vizio motivazionale nei ristretti limiti consentiti dall’attuale 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 5.600,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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