Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24820 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/10/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 03/10/2019), n.24820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Mario – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12483-2018 proposto da:

D.S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORTIGARA 3,

presso lo studio dell’avvocato STANISLAO AURELI, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati MICHELE AURELI, ALBERTO

CALTABIANO;

– ricorrente –

contro

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSTANTINO MORIN

45, presso lo studio dell’avvocato MICHELE ARDITI DI CASTELVETERE,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO

SILIPO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 557/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 23/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI

MARCO.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 23/2/2018, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento dell’opposizione proposta da C.C., ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da D.S.E. per il pagamento, da parte del C., di somme a titolo di corrispettivo per prestazioni professionali;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato la correttezza della valutazione operata dal primo giudice in ordine alla mancata dimostrazione, da parte del D.S., del diligente adempimento degli obblighi professionali assunti nei confronti del C., con il conseguente accertamento dell’insussistenza del credito originariamente rivendicato in sede monitoria;

che, avverso la sentenza d’appello, D.S.E. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;

che C.C. resiste con controricorso;

che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. D.S.E. ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2230 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto, sulla base degli elementi istruttori complessivamente acquisiti al giudizio, che il D.S. non avesse adeguatamente assolto alle obbligazioni assunte nei confronti del C.;

che, con il secondo e il terzo motivo, i ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2479-ter c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente affermato la sostanziale irrilevanza del rinvio dell’assemblea della C.C. Production al fine della verifica dell’adempimento delle obbligazioni assunte dal D.S., nonchè per avere il giudice a quo erraneamente ritenuto rilevante, ai fini della valutazione dell’inadempimento del D.S., la mancata produzione della perizia di stima raccomandatagli dal C.;

che tutti e tre i motivi – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessine delle questioni dedotte – sono inammissibili;

che, al riguardo, osserva il Collegio come, con i motivi in esame, il ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, delle fattispecie astratte recate dalle norme di legge richiamate – alleghi un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, delle fattispecie concrete a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione delle norme di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di fatti in sè incontroversi, insistendo propriamente il D.S. nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

che, infatti, osserva il Collegio come la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito (secondo il meccanismo presuntivo di cui all’art. 2729 c.c.) non può in alcun modo considerarsi fondata su indici privi, ictu oculi, di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza;

che, nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierno ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti;

che si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;

che, ciò posto, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;

che, conseguentemente, sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna del ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis,.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 12 aprile 2018.

Depositato in cancelleria il 3 ottobre 2019

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