Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2482 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. I, 27/01/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 27/01/2022), n.2482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16330/2021 R.G. proposto da:

S.P., domiciliata in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentata e

difesa dall’avvocato Mirco Minardi, in forza di procura speciale

allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.C., Avv., nella qualità di tutore del minore

S.R.M., domiciliata in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria

civile della Corte di Cassazione e rappresentata e difesa

dall’avvocato Luca Froldi in forza di procura speciale allegata al

controricorso;

F.P., e B.M., quali genitori affidatari e

adottanti del minore S.R.M., domiciliati in Roma,

piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione e rappresentata e difesa dall’avvocato Paola Mazzocchi,

in forza di procura speciale allegata al controricorso;

– controricorrenti –

nonché

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI

ANCONA;

– intimato –

avverso il decreto della Corte di Appello di Ancona depositato il

17.12.2020;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11.1.2022 dal

Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con decreto del 24.7.2020 il Tribunale per i minorenni di Ancona, previa consulenza tecnica d’ufficio, ha pronunciato la decadenza di S.P. dalla responsabilità genitoriale sul figlio S.R.M. (nato il (OMISSIS)), che ella aveva dimostrato di non poter gestire in modo adeguato a causa delle irrisolte problematiche di abuso alcolico e del disturbo borderline di personalità che la affliggevano.

2. Il reclamo proposto dalla S. contro il provvedimento è stato respinto dalla Corte di appello di Ancona, con decreto del 17.12.2020, alla luce del preminente interesse del minore al consolidamento di una situazione affettiva e relazionale e al conseguimento di uno status familiare, senza escludere il mantenimento di suoi rapporti e contatti con la madre.

3. S.P. propone ricorso per la cassazione del decreto, svolgendo tre motivi illustrati da memoria.

3.1. Con tutti e tre i motivi, la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4, nullità del decreto per violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art 111 Cost. Con il primo mezzo, lamenta in particolare che la Corte del merito abbia omesso di pronunciare sulla richiesta di nomina di un consulente tecnico d’ufficio; col secondo e col terzo che il giudice abbia omesso di pronunciare o abbia motivato in modo apparente, e al di sotto del minimo costituzionale, sulle questioni da lei dedotte col reclamo, circa l’insussistenza dei presupposti di fatto di riconducibilità della fattispecie concreta nell’ambito di applicazione dell’art. 330 c.c.

3.2. L’avv. D.C., tutrice del minore, resiste con controricorso, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

3.3. Propongono controricorso anche F.P. e B.M., affidatari del minore e ora divenuti genitori adottanti in forza di sentenza del 12.7.2021, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

Diritto

RITENUTO

CHE:

1. Il primo motivo, con il quale la ricorrente denuncia l’error in procedendo derivante, a suo dire, dalla mancata disposizione di consulenza tecnica d’ufficio da parte della Corte di appello sia in ordine alle sue attuali capacità genitoriali, sia in ordine alla situazione del minore, è inammissibile.

1.1. In primo luogo occorre sottolineare che la consulenza tecnica era stata disposta ed espletata in primo grado e che la S. aveva avanzato un’istanza di mera rinnovazione e attualizzazione dell’indagine.

1.2. In secondo e decisivo luogo, occorre rammentare che la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, che si sottrae alla disponibilità delle parti ed è affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale di disporla o di ordinarne la rinnovazione sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Sez. 3, n. 22799 del 29.9.2017, Rv. 645507 – 01; Sez. 3, n. 17693 del 19.7.2013, Rv. 628711 – 01); la motivazione dell’eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo può essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (Sez. 6 – 1, n. 326 del 13.1.2020, Rv. 656801 – 01; Sez. 6 – L, n. 2103 del 24.1.2019, Rv. 652615 – 01; Sez. 2, n. 21525 del 20.8.2019, Rv. 655207 – 01; Sez. 1, n. 7472 del 23.3.2017, Rv. 644826 – 02).

1.3. L’omesso espresso rigetto dell’istanza di rinnovazione non integra dunque un vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., ma, eventualmente, un vizio di motivazione in ordine alle ragioni addotte per rigettare le censure tecniche al provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 26709 del 24.11.2020, Rv. 659724 – 01; Sez. 6 – 2, n. 5339 del 18.3.2015, Rv. 634871 – 01).

1.4. In altri termini, tornando al caso di specie, la ricorrente, anziché denunciare il vizio processuale, avrebbe potuto dolersi, nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell’eventuale vizio motivazionale in cui la Corte del merito era incorsa nel respingere i motivi di reclamo volti ad evidenziare le lacune e le incongruenze dell’indagine espletata nel procedimento di primo grado.

2. Anche il secondo e il terzo motivo, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili.

2.1. Giova premettere che appare contraddittoria la denuncia, in un unico mezzo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.

Il primo vizio, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 c.p.c.; il secondo presuppone, invece, l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione. (Sez. 5, n. 6150 del 5.3.2021, Rv. 660696 – 01; Sez. L, n. 13866 del 18.6.2014, Rv. 631333 – 01).

2.2. Inoltre, come obiettano efficacemente i controricorrenti F.- B., nell’invocare l’art. 112 c.p.c. e denunciare l’infra-petizione, la ricorrente incorre in un evidente equivoco, confondendo l’obbligo del giudice di pronunciarsi su tutta la domanda e non oltre i suoi limiti, e più specificamente del giudice del gravame di pronunciarsi su tutti i motivi di impugnazione, con l’obbligo, anche costituzionale, di motivazione del provvedimento.

La denunciata mancata pronuncia attiene infatti ad una serie di elementi e circostanze fattuali, evidenziati e sottolineati dalla attuale ricorrente, allora reclamante, per far valere le sue ragioni e non al contenuto della domanda fatta valere in giudizio e da lei contrastata, ossia la richiesta di decadenza dalla sua responsabilità genitoriale sul figlio R.M..

Si trattava infatti:

a) della lunghezza del periodo di mancata frequentazione fra madre e figlio, non imputabile alla ricorrente;

b) dell’inadeguatezza ambientale del luogo di svolgimento degli incontri madre -figlio ripresi nel 2016;

c) del contenuto positivo circa uno stabile stato di astinenza alcoolica della sig.ra S. risultante dalla relazione del STDP (Servizio territoriale dipendenze patologiche) del (OMISSIS);

d) dell’inadeguatezza della fonte probatoria circa lo stato di ebbrezza alcoolica presentato dalla sig.ra S. il (OMISSIS) durante il tirocinio;

e) delle valutazioni positive circa i progressi relazionali della sig.ra S. contenuti nella perizia del (OMISSIS);

f) del superamento da parte della sig.ra S. dei problemi di tossicodipendenza e dipendenza alcoolica e il contenimentofarmacologico della problematica psichiatrica;

g) della disponibilità manifestata per otto anni dalla sig.ra S. alle richieste dei servizi;

h) della carenza di reiterate violazioni da parte della sig.ra S. dei doveri genitoriali.

Quelli elencati dalla ricorrente costituiscono elementi di fatto e argomentazioni posti a supporto del reclamo e non già motivi specifici di impugnazione.

2.3. In ogni caso, secondo la giurisprudenza di questa Copte, non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Sez. 6 – 1, n. 15255 del 4.6.2019, Rv. 654304 – 01; Sez. 3, n. 2151 del 29.1.2021, Rv. 660437 – 01).

2.4. Ne’ si può ritenere che il provvedimento impugnato sia sfornito di motivazione o corredato di una motivazione meramente apparente, in violazione dell’artt. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa, pur graficamente esistente, risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (ad esempio per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e non renda, così, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture. e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Sez. L, n. 3819 del 14.2.2020, Rv. 656925 – 02; Sez. 6 – 5, n. 13977 del 23.5.2019, Rv. 654145 – 01; Sez. 6 – 3, n. 22598 del 25.9.2018, Rv. 650880 – 01; Sez. 1, n. 16057 del 18.6.2018, Rv. 649281 – 01; Sez. 3, n. 4448 del 25.2.2014, Rv. 630338 – 01).

2.6. Nella specie, il provvedimento della Corte marchigiana ha riferito concisamente sia il contenuto e le motivazioni del decreto di primo grado, sia, altrettanto concisamente, le ragioni del gravame dispiegato dalla sig.ra S., e quindi in modo succinto, ma chiaro, ha dato conto delle ragioni per cui condivideva il decisum di primo grado e dissentiva dalle critiche della reclamante.

A tal fine la Corte di appello ha dato rilievo alla stabilità e serenità dell’attuale collocazione familiare esterna del minore R.; alle reazioni di disagio del minore in occasione dei contatti con la madre, alimentate dalla complessità delle vicenda umana ed affettiva determinata dalle condizioni di dipendenza della sig.ra S., con la quale il minore aveva dovuto fare i conti; alla scarsa collaborazione prestata dalla madre e alla sua insufficiente autonomia personale e inadeguatezza genitoriale, desunta dalle relazioni dei servizi; alla incompatibilità dei tempi di recupero della genitorialità adeguata della sig.ra S. con le esigenze del minore; al preminente interesse del minore al consolidamento di una situazione affettiva relazionale e al raggiungimento di uno status familiare.

Quindi, in sintesi, secondo la Corte di appello, la sig.ra S. non era attualmente in grado di espletare in modo adeguato la propria funzione genitoriale e le esigenze di sviluppo e di consolidamento della situazione affettiva e relazionale del minore. In tale ottica la Corte ha infatti affermato: “risulta che la reclamante, scarsamente collaborativa allo stato, come risulta dalle diverse relazioni del consultorio, e dal recente certificato DSM, (e’) priva di sufficiente autonomia personale e di soddisfacente adeguatezza genitoriale, laddove gli eventuali tempi previsti per il recupero di una genitorialità adeguata risultano eccessivamente lunghi e incompatibili con le esigenze di R.”.

3. Quanto esposto nella seconda parte dell’analisi del secondo motivo vale anche per la doglianza proposta con il terzo motivo, volta a censurare la motivazione in modo apparente e al di sotto del minimo costituzionale circa i presupposti di fatto che consentono la riconducibilità della fattispecie concreta nell’ambito di applicazione dell’art. 330 c.c.

Il provvedimento impugnato, in parte per relationem, indica, sia pur sinteticamente, le ragioni della decisione e permette di ricostruire, come sopra illustrato, il percorso logico seguito dal giudice.

4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, tenuto conto della natura della causa e dei rapporti tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato.

La Corte ritiene necessario disporre che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in essa menzionati.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso e compensa fra le parti le spese processuali.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in essa menzionati.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

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